sabato, febbraio 22, 2020

MEMORIE DI UN ASSASSINO

Memorie di un assassino
di Bong Joon-ho
con Song Kang-ho, Kim Sang-kyung, Kim Roe-ha
Corea del Sud, 2003
genere: drammatico, thriller
durata: 132’



Grazie al grandissimo (e meritato) successo ottenuto con “Parasite”, è finalmente arrivato nelle sale italiane uno dei primi film del regista sud coreano Bong Joon-ho, “Memorie di un assassino”. A distanza di 17 anni anche il pubblico italiano può finalmente gustarsi una pellicola veramente ben fatta che, probabilmente vista a tempo debito, avrebbe fatto intuire la genialità di quella che è ormai, a tutti gli effetti, una star del cinema mondiale.
“Memorie di un assassino” è un thriller che a tratti si mescola con la commedia, con il tipico umorismo che contraddistingue Bong Joon-ho.
Nella Corea del sud nel 1986, in un paesino di campagna viene ritrovato, in un canale di scolo in mezzo a degli immensi campi, il corpo di una giovane donna, stuprata e uccisa. A questo fa seguito ben presto il ritrovamento di un altro corpo e così il mistero si infittisce. La polizia inizia a pensare a qualcosa di più grande di loro, qualcosa al quale non erano (mai stati) preparati. I due agenti che si occupano di indagare in merito all’accaduto sono Park Du-man e Cho Yong-gu che, seguendo il proprio istinto e con metodi tutt’altro che idonei, iniziano a fare ipotesi e catturare potenziali colpevoli che, ogni volta, si rivelano innocenti. Con l’arrivo dell’investigatore Seo Tae-yun le cose sembrano iniziare a cambiare perché quest’ultimo sembra interessarsi veramente al caso e cercando di capire i punti in comune tra i vari delitti che sono evidentemente collegati tra loro. Ma nonostante la dedizione e l’attenzione riservata al caso non tutto andrà come previsto.
“Memorie di un assassino” è il secondo film di Bong Joon-ho che, già nel 2003, riesce a realizzare un thriller quasi impeccabile nel quale si possono notare alcuni spunti che il regista riprenderà poi nel suo capolavoro “Parasite”, 13 anni dopo.
Questa particolare attenzione alla riflessione piuttosto che all’indagine in sé è tipica del lavoro del sudcoreano che pone nuovamente al centro il suo pupillo Song Kang-ho, umano al 100% con i suoi errori, le sue debolezze e la sua crescita. Come ci ha dimostrato in “Parasite” non c’è mai un giusto e uno sbagliato né tantomeno esiste una netta separazione tra le due parti. Niente è definito nel mondo, ma anzi tutto va a mescolarsi, nel bene e nel male.



Emblematico è il procedere della narrazione e il modo di sviluppare quella che dovrebbe essere la suspense che conduce lo spettatore verso la risoluzione del caso. Anche i vari omicidi vengono mostrati in maniera diversa, ponendo ogni volta l’attenzione su un particolare diverso, senza mostrare subito interamente il corpo, che viene scoperto lentamente.
Interessante, inoltre, individuare le varie analogie tra “Memorie di un assassino” e “Parasite” che, nonostante i tanti anni di distanza, hanno tanti aspetti in comune sotto molti punti di vista, da elementi ricorrenti a modi di mostrare la narrazione a dinamiche tra e con i personaggi.
Un finale emblematico che fa letteralmente rimanere di stucco il pubblico.
Un recupero indispensabile per comprendere al meglio il cinema di Bong Joon-ho, il nuovo regista entrato ormai di diritto tra i grandi nomi, ma anche per avvicinarsi all’Oriente e al cinema coreano che sta, fortunatamente, prendendo sempre più piede tra il grande pubblico.

Veronica Ranocchi

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