Il Nido
di Mattia Temponi
con Blu Yoshimi, Luciano
Càceres
Italia, Argentina, 2021
genere: horror,
drammatico
durata: 90’
Un titolo che dovrebbe
accogliere e far pensare a qualcosa di caldo, familiare e piacevole.
Invece “Il Nido”, a
discapito delle apparenze, è tutt’altro che un film accogliente. Anche se si
svolge interamente all’interno di uno stesso luogo con gli stessi personaggi.
Di un’attualità disarmante,
dal momento che il film è ambientato durante una pandemia, ne “Il Nido”, a
differenza di quella da covid19, siamo di fronte a una pandemia che trasforma le
persone privando chiunque della razionalità e parallelamente aumentando l’aggressività.
I due protagonisti sono Sara,
una ragazza di buona famiglia, ma con alcuni problemi personali, e Ivan, un
uomo solo apparentemente anonimo, ma che in realtà nasconde un passato oscuro.
La ragazza, a causa dell’infezione
che la sta trasformando in un mostro, viene “rinchiusa” nel Nido, in quella che
dovrebbe essere una sorta di isolamento forzato, per capire come si svilupperà
la malattia. Qui, invece di essere uccisa, viene “aiutata” proprio da Ivan che,
provando compassione per lei e conoscendola meglio, decide di risparmiarla e
provare a curarla. Tra i due, quindi, si instaura un importante legame che va a
scavare anche nel passato di entrambi.
In tutto questo non
bisogna dimenticare che, mentre loro sembrano, almeno fino a un certo punto, “carcerata
e carceriere” di questo assurdo nido, fuori incombe il delirio più totale. Non
ci è dato sapere niente e non vengono mostrate immagini da fuori, ma sappiamo
per certo che il nido rappresenta, nel bene o nel male, un luogo isolato in
grado di proteggere dal mondo esterno.
Ed ecco, infatti, il
primo punto a favore di questo thriller/horror che segna il debutto al
lungometraggio per Mattia Temponi. Non è la paura del virus e le eventuali
trasformazioni che esso può portare nella singola persona. A fare veramente paura
è il rapporto tra le persone. Al centro del film di Mattia Temponi c’è,
infatti, la tossicità dei rapporti, quei rapporti che si deteriorano con l’andare
avanti del tempo proprio a causa del virus.
Altro elemento importante
ne “Il Nido” è il dualismo. A Temponi sembra non interessare, a ragione, la
dinamicità dell’azione e, proprio a questa, predilige un rapporto uno a uno. Un
dualismo ricco anche di metafore che il regista lascia alla libera
interpretazione dello spettatore. Dal “classico” dualismo uomo-donna a quello
di infetto-non infetto, passando anche per vittima e carnefice o oppresso e
oppressore. Giocando sul fatto di essere ancorato a un solo luogo buio, tetro,
chiuso, a tratti claustrofobico, il regista conferisce comunque, in qualche
modo, azione alla vicenda e preoccupazione, paura e terrore allo spettatore che
non sa cosa aspettarsi e pensa che da un momento all’altro possa succedere
qualcosa di irrimediabile.
Un’impeccabile fotografia
immortala qualcosa che solo all’apparenza è fantascientifico e utopistico. In
realtà dietro questo thriller a tinte horror si nasconde molta più verità di
quanto possiamo immaginare. Una spaventosa realtà che fa riflettere su chi sia
davvero la vittima e chi il carnefice anche nel mondo di oggi. È davvero il
virus il nemico numero 1 da sconfiggere? O forse siamo noi esseri umani i
nemici di noi stessi?
Ad aiutare a rispondere
ci pensano i due protagonisti. Da una parte Sara e dall’altra Ivan. La prima è
interpretata da Blu Yoshimi, la giovane e promettente protagonista del “Piuma”
di Roan Johnson che recita qui interamente in spagnolo, facendolo suo, quasi
come madrelingua. L’altro personaggio, invece, ha il volto di Luciano Càceres che
conferisce quell’alone di mistero a un Ivan che nasconde molto più di quanto si
possa immaginare e che, non a caso, fa Romero di cognome, richiamando immediatamente
l’attenzione su uno dei grandi maestri del genere al quale, con molta
probabilità, lo stesso Temponi si è ispirato.
Veronica Ranocchi
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