giovedì, novembre 24, 2022

THE MENU

The Menu

di Mark Mylod

con Ralph Fiennes, Anya Taylor-Joy, Nicholas Hoult

USA, 2022

genere: horror, commedia, drammatico

durata: 107’

Disturbante e destabilizzante al punto giusto il “The Menu” servito da Mark Mylod nasconde una simbologia e dei richiami davvero ben fatti.

Un film che si snoda, come un menù, su più portate e che, con il procedere della narrazione, si trasforma davvero in una cena. Come al ristorante, dopo l’inizio, spesso cauto, degli antipasti, si rompe il ghiaccio, si sblocca la conversazione e si anima la tavola, anche in questo caso, dopo un inizio fin troppo lento si entra nel vivo di una vicenda tanto assurda quanto complessa.

Tutto inizia con la decisione da parte del giovane e altezzoso Tyler di portare la nuova fidanzata Margot in un ristorante di altissimo livello situato su un’isola senza copertura di rete. Qui, ad accoglierli, oltre a personale e camerieri in grado di conoscere tutti i segreti, anche quelli più nascosti, di ognuno dei presenti (fatta eccezione per Margot, “sostituita” nella prenotazione da Tyler dopo essere stato lasciato dalla precedente fidanzata), c’è lo chef Julian Slowik, specializzato in gastronomia molecolare, e intenzionato a cercare la perfezione nei suoi piatti. Una perfezione che prova a mettere in pratica arrivando davvero al limite dell’umano e che porterà la cena a trasformarsi in qualcosa di molto più terrificante…

Classificato come un horror commedia, “The Menu” è, in realtà, una satira sociale che prende e si prende in giro continuamente, anche nei momenti più drammatici, macabri e violenti.

L’intento dello chef (un più che convincente e “terrificante” Ralph Fiennes) si trasforma in una sorta di purificazione nei confronti dei presenti. I commensali, infatti, non sono scelti a caso. Alla cena partecipano, oltre a Tyler e Margot (un’Anya Taylor-Joy assoluta protagonista al fianco di Fiennes), molti altri: una coppia con un marito infedele, un’altra formata da un attore in declino e ancora giovani informatici e critici gastronomici che non hanno idea di ciò che affermano e scrivono.

Ognuno di loro, nella logica dello chef, deve in qualche modo essere punito, sia fisicamente che psicologicamente, anche attraverso le portate servite a tavola. Tutti hanno una colpa che pensano di poter tenere nascosta agli altri o al resto del mondo, ma che verrà inevitabilmente a galla con il passare del tempo. L’unica a non rientrare nella tela tessuta dal temibile chef Slowik è proprio Margot che prova con tutta sé stessa a uscire da una realtà che non le appartiene. Già con il rifiuto di assecondare le portate proposte, inizia a tenere in pugno la situazione, anche inconsapevolmente e, in una spasmodica ricerca, trova il famigerato “pelo nell’uovo” per smontare tutta la complessa costruzione del locale stesso.

Un film che si presta a una chiave di lettura non così semplice come può sembrare. Anche perché il sottotesto è vasto, dalla denuncia sociale alla punizione nei confronti di quella nobiltà, solo in senso lato, spocchiosa e arrivista. Ma si arriva anche a una riflessione sulla vita stessa e sugli obiettivi da porsi per condurre un’esistenza serena e tranquilla.

A qualche momento destabilizzante e, per certi versi, più traumatico, si contrappongono i pochi, ma intensi momenti di dialogo tra i personaggi di Fiennes e Taylor-Joy.

Tanti anche i richiami e i riferimenti a molti titoli che hanno posto al centro cibo e cucina.

Un finale che può apparentemente spiazzare, ma che racconta molto più di tanti giri di parole la realtà del film e quella che ci circonda. A chiusura l’ennesima didascalia, insieme a tutte quelle che accompagnano le portate e la divisione in capitoli del film, che si prende gioco anche dello spettatore stesso.


Veronica Ranocchi

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