Perfect days
di Wim Wenders
con Kōji Yakusho, Tokio
Emoto
Giappone, Germania, 2023
genere: drammatico
durata: 123’
Tutti abbiamo un giorno
preferito. Un momento della giornata, della settimana, del mese che
prediligiamo e che riteniamo, almeno ai nostri occhi, “perfetto”. Ecco, per
Hirayama questo accade ogni giorno.
Infatti i “Perfect Days”,
presentati da Wim Wenders, prima a Cannes e poi nelle sale italiane non altro
che lo scovare la novità e l’entusiasmo anche nella più classica e monotona
routine.
“Perfect days” avrebbe
potuto essere un documentario, ma la scelta di renderlo un film di finzione
incredibilmente vero e vicino alla realtà di chiunque conferisce al titolo un
grande merito: quello di aver reso straordinario anche il più semplice, quotidiano
e umile gesto.
“Quanto vorrei che tutto
restasse com’è” è quello che dice la ristoratrice di uno dei luoghi
abitualmente frequentati da Hirayama al termine del suo lavoro. Ed è anche
quello che il protagonista sembra voler perseguire ogni giorno ripetendo
incessantemente le stesse cose. Ma si tratta di una routine che non è fine a sé
stessa, anzi. Hirayama è consapevole di ripetere continuamente le stesse
azioni, ma sa anche che questa apparente monotonia non potrà durare per sempre
perché tutto è destinato a cambiare.
E ne sono una chiara
dimostrazione gli “imprevisti” che gli accadono nonostante il ripetersi di
gesti e azioni. Dal collega strampalato alla nipote, passando addirittura per
una strana e originale comunicazione con qualche sconosciuto, probabilmente
silenzioso come lui. Perché se c’è un elemento che caratterizza il protagonista
(e il film) è proprio il silenzio. Sono poche le parole che pronuncia e mai
superflue. È come se fosse stato estrapolato da un’altra epoca e si fosse
ritrovato a vivere nella Tokyo del 2023 con le abitudini che, però, hanno
caratterizzato probabilmente la sua giovinezza e la sua infanzia.
Ogni mattina si alza
presto, ripiega minuziosamente il proprio letto, si prende cura delle proprie
piante, esce di casa, prende un caffè e sale sul suo furgoncino pronto per una
nuova giornata di lavoro, non prima di aver scelto accuratamente la giusta
musicassetta da ascoltare durante il tragitto. E poi passa in rassegna tutti i
bagni pubblici di Tokyo per pulirli, come la scritta sulla sua tuta “The Tokyo Toilet”
aveva anticipato all’inizio del film.
Una routine che, seppur
in silenzio da solo, non è sinonimo di solitudine, ma anzi dimostra proprio il
contrario. “Perfect days” invita a guardare il mondo da un’altra prospettiva,
accogliendo la novità, qualunque essa sia, sempre nel migliore dei modi,
considerandola come qualcosa che può solo migliorare la situazione attuale. E
infatti Hirayama accoglie le piccole novità che la sua routine gli presenta
involontariamente in maniera positiva. Dall’arrivo della nipote che, rompendo
gli schemi e gli equilibri, gli impone non soltanto un dialogo, ma anche una
riflessione sulla vita e dei consigli al banale tris che trova scritto in un
foglio solo apparentemente dimenticato in uno dei tanti bagni.
Un elemento su tutti, però, in grado di distogliere l’attenzione dello spettatore e dello stesso Hirayama da quella che può sembrare una continua monotonia è la fotografia. Perché nella vita di quel lavoratore silenzioso non ci sono solo le piante di cui si prende cura e la lettura ogni sera di un volume diverso. C’è anche l’osservare la realtà che lo circonda, anche quella più silenziosa, come le fronde degli alberi e le foglie che si muovono al vento e che nascondo a tratti la luce del sole. Quelle foglie che lui ama osservare e immortalare perché emblema perfetto della sua vita terrena. E non è un caso che l’immagine si blocchi proprio nell’istante dello scatto, come un monito, come a ricordare il valore di un momento, di un giorno davvero perfetto.
Veronica Ranocchi