di Ethan
Il film di Benoit Delépine e Gustave Kervern, Louise Michel, non poteva uscire con un tempismo migliore, quando l'onda della recessione globale si fa sempre più minacciosa sulla società in cui viviamo. Ma il titolo non deve trarre in inganno. Il film non è una biografia di Louise Michel, l'anarchica eroina della Comune di Parigi. Quella è solo una strizzatina d'occhio, visto che i due personaggi principali si chiamano proprio Louise (una meravigliosa Yolande Moreau) e Michel (un perfetto Bouli Lanners).
Louise è operaia in uno stabilimento tessile in Piccardia. Un giorno, insieme alle sue colleghe, arriva al lavoro e trova l'officina completamente vuota: il proprietario e tutti i macchinari sono scomparsi. Le operaie, furiose per essere state prese in giro, decidono di investire l'indennità di disoccupazione per ingaggiare un killer che uccida il loro ex datore di lavoro. Louise è scelta come quella che dovrà trovare il killer e accompagnarlo nella sua missione.
Il tema della tensione tra la base, che perde sempre tutto, e i vertici, che si arricchiscono alle sue spalle, è arcinoto. Ma di fronte all'impietosa cinepresa dei due registi, il popolo degli eterni sfruttati appare come un'accozzaglia di casinisti, incapaci e pazzi furiosi.
Louise Michel non risparmia niente e nessuno. Vuole sottolineare una verità spesso taciuta: la corruzione è ovunque, non solo nei paradisi fiscali o nelle società gestite dalla mafia.
Forse è meglio riderci sopra, perché presto non avremo neanche più la forza di piangere.
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