Quattro coppie a un passo dall'altare, tra preparativi e mille peripezie.
Un poliziotto di origini pugliesi (L. Argentero) vuole in sposa la figlia (M. Atias) dell'ambasciatore dell'India ma deve fare i conti con un padre contadino tradizionalista (M. Placido);
L'aiuto cuoco (D. bandiera) e la cameriera (I. Ragonese) poveri in canna, alle prese con decine di invitati; Un giudice (F. Nigro) che si invaghisce della giovanissima fidanzata (C. Crescentini) del padre settantenne (R. Pozzetto); Un Giovane finanziere rampante (F. Montanari) e una soubrettina (G. Pession) alle prese con la preparazione del loro matrimonio tra paparazzi, presunti vip e servizi in esclusiva.
OGGI SPOSI è una commedia sul matrimonio che copre il periodo che va dalla dichiarazione ufficiale fino al giorno del fatidico "si".
Il film è divertente e riesce a far ridere tenendosi lontano dalle volgarità che ormai imperversano nella (presunta) commedia all'italiana.
Dei quattro segmenti che compongono il film quello riguardante i due precari (Bandiera-Ragonese) è senza dubbio il più debole e peggio interpretato.
Ottime prove per F. Montanari (il "libanese" della serie tv Romanzo Criminale) e G. Pession, oltre ad un convincente L. Argentero.
Ma il vero mattatore del film è uno stratosferico Michele Placido in versione comica come non si era mai visto.
Placido interpreta Sabino, il padre di Argentero, un contadino pugliese rozzo, che vive nella sua masseria con moglie e fratello e che si trova di fronte l'ambasciatore indiano in Italia, suo futuro suocero, con il quale organizzare le nozze.
Un film nel film, quello di Placido, che fornisce prova tangibile di come un grande attore riesca ad adattarsi a qualsiasi ruolo rimanendo credibilissimo.
Il film di Lucini è ben confezionato, il regista non si limita a posizionare la macchina da presa in faccia a chi parla e la scenggiatura condita da intercettazioni, silicone e furbetti del quartierino è più che mai attuale.
OGGI SPOSI con le sue quattro storie distinte che finiscono per incrociarsi e con i personaggi ovviamente estremizzati, è una commedia ben fatta che fornisce un quadro abbastanza (in)credibile della realtà italiana.
Prodotto commerciale che riesce a ridare dignità alla commedia all'italiana
venerdì, ottobre 30, 2009
Oggi sposi
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italia,
recensioni
giovedì, ottobre 29, 2009
Film in sala dal 30 ottobre
Michael Jackson's This Is It
( Michael Jackson's This Is It )
GENERE: Documentario, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Kenny Ortega
Amore 14
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Federico Moccia
Capitalism: a Love Story
( Capitalism: a Love Story )
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Michael Moore
Il nastro bianco
( Le Ruban blanc (Das Weisse Band) )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Austria, Germania, Francia
REGIA: Michael Haneke
Nel paese delle creature selvagge
( Where the Wild Things Are )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Spike Jonze
( Michael Jackson's This Is It )
GENERE: Documentario, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Kenny Ortega
Amore 14
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Federico Moccia
Capitalism: a Love Story
( Capitalism: a Love Story )
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Michael Moore
Il nastro bianco
( Le Ruban blanc (Das Weisse Band) )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Austria, Germania, Francia
REGIA: Michael Haneke
Nel paese delle creature selvagge
( Where the Wild Things Are )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Spike Jonze
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film in uscita 2009
lunedì, ottobre 26, 2009
LA DOPPIA ORA
La doppia Ora
di Fabrizio Luperto
Sonia (K. Rappoport) è slovena di Lubiana, ma di padre italiano; si guadagna da vivere lavorando come cameriera in un hotel di Torino.
Guido (F. Timi) è un ex poliziotto che ora fa il guardiano in una lussuosa villa.
Dopo un solo incontro avvenuto durante uno speed date, i due provano una profonda attrazione che potrebbe trasformarsi in storia d'amore.
I produttori de LA RAGAZZA DEL LAGO (2007), a mio avviso un film molto sopravvalutato, rigiocano la carta del film di genere e, come nella precedente occasione, stanno attenti a non discostarsi eccessivamente dai gusti dello spettatore televisivo.
Mi spiego meglio. Regista e produttori de LA DOPPIA ORA si preoccupano di aiutare lo spettatore e forniscono almeno due elementi affinché la lettura del film non risulti troppo complicata (parlo sempre di standard televisivi).
Il primo suggerimento lo troviamo già nel titolo, che preannuncia una doppia "verità" o comunque una doppia dimensione; il secondo consiste nel fatto che il protagonista maschile muore dopo mezz'ora di film, facendo drizzare le antenne allo spettatore che a questo punto sa benissimo che prima o poi riapparirà (in sogno? in un altra dimensione?).
Detto questo, bisogna sottolineare che LA DOPPIA ORA è film nettamente superiore a LA RAGAZZA DEL LAGO; è scritto in maniera sintetica e senza inutili divagazioni, la sceggiatura è ben calcolata con i suoi colpi di scena ogni mezz'ora e il regista bluffa (un classico in questo genere di pellicole) restando nei limiti della decenza.
Ottima Ksenia Rappoport, premiata come miglior attrice a venezia 2009, che ripete la bella prova offerta ne LA SCONOSCIUTA (2006).
L'attrice russa, a mio parere, dovrebbe valutare meglio le offerte che le giungono, per non rischiare di ritrovarsi protagonista di film che potrebbero offuscare la sua bravura, come successo con L'UOMO CHE AMA (2008) e ITALIANS (2009).
Bravo Filippo Timi nell'interpretare un personaggio che deve fare i conti con un oscuro passato e sempre in bilico tra estrema lucidità e crisi di nervi.
Il film di Capotondi è un film di genere abbastanza maturo, un noir che non delude e che merita la visione.
Fabrizio Luperto
di Fabrizio Luperto
Sonia (K. Rappoport) è slovena di Lubiana, ma di padre italiano; si guadagna da vivere lavorando come cameriera in un hotel di Torino.
Guido (F. Timi) è un ex poliziotto che ora fa il guardiano in una lussuosa villa.
Dopo un solo incontro avvenuto durante uno speed date, i due provano una profonda attrazione che potrebbe trasformarsi in storia d'amore.
I produttori de LA RAGAZZA DEL LAGO (2007), a mio avviso un film molto sopravvalutato, rigiocano la carta del film di genere e, come nella precedente occasione, stanno attenti a non discostarsi eccessivamente dai gusti dello spettatore televisivo.
Mi spiego meglio. Regista e produttori de LA DOPPIA ORA si preoccupano di aiutare lo spettatore e forniscono almeno due elementi affinché la lettura del film non risulti troppo complicata (parlo sempre di standard televisivi).
Il primo suggerimento lo troviamo già nel titolo, che preannuncia una doppia "verità" o comunque una doppia dimensione; il secondo consiste nel fatto che il protagonista maschile muore dopo mezz'ora di film, facendo drizzare le antenne allo spettatore che a questo punto sa benissimo che prima o poi riapparirà (in sogno? in un altra dimensione?).
Detto questo, bisogna sottolineare che LA DOPPIA ORA è film nettamente superiore a LA RAGAZZA DEL LAGO; è scritto in maniera sintetica e senza inutili divagazioni, la sceggiatura è ben calcolata con i suoi colpi di scena ogni mezz'ora e il regista bluffa (un classico in questo genere di pellicole) restando nei limiti della decenza.
Ottima Ksenia Rappoport, premiata come miglior attrice a venezia 2009, che ripete la bella prova offerta ne LA SCONOSCIUTA (2006).
L'attrice russa, a mio parere, dovrebbe valutare meglio le offerte che le giungono, per non rischiare di ritrovarsi protagonista di film che potrebbero offuscare la sua bravura, come successo con L'UOMO CHE AMA (2008) e ITALIANS (2009).
Bravo Filippo Timi nell'interpretare un personaggio che deve fare i conti con un oscuro passato e sempre in bilico tra estrema lucidità e crisi di nervi.
Il film di Capotondi è un film di genere abbastanza maturo, un noir che non delude e che merita la visione.
Fabrizio Luperto
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venerdì, ottobre 23, 2009
THE INFORMERS
Probabilmente assuefatto al successo letterario, Brett Easton Ellis sembra deciso ad impegnarsi anche nel cinema, e nel giro di poco tempo è riuscito a trasportare su pellicola una manciata di libri che a suo tempo lo avevano riportato all'attenzione degli appassionati, dopo un periodo di relativo anonimato: il primo di questi è appunto "The Informer", affresco generazionale ed anche epitaffio di una stagione come quella degli anni 80, di cui Ellis fu un dei massimi cantori, e che anche qui, seguendo il modello della pagina scritta, viene fotografata attraverso una serie di storie incrociate, in cui l’insoddisfazione personale e la superficialità dei rapporti umani diventa il motivo di unione delle differenti esperienze.
Ambientato nella Los Angeles del 1983, anno cruciale per la scoperta del virus dell'Aids determinante per le influenze sui costumi sessuali di quel periodo, The Informers ci catapulta immediatamente nel clima di quegli anni a colpi di decibel (New Cold Dream dei Simple Minds) e corpi danzanti, in un deliquio generale di ambiguità e rimandi sessuali.
Il disimpegno come laboratorio di dinamiche sociali, in cui l'agone della gioventù benestante sfoga il bisogno un affettività familiare sacrificata alla sicurezza degli oggetti.
Un crescendo emotivo interrotto bruscamente da un incidente mortale che cambia il volto del film.
Siamo solo agli inizi, ma da quel momento il film sembra quasi fermarsi, mentre cerca di raccontare le conseguenze del tragico evento su un nucleo di persone diversamente legate allo scomparso.
Una compagnia di amici legata dalle convenienze sociali, due belli e dannati in cerca di nuove esperienze, il produttore cinematografico passivamente indeciso tra la giovane amante ed una moglie depressa, il portiere d’albergo coinvolto da un losco lestofante nel rapimento di un bambino e la star musicale distrutta dalla droga sono il milieu scelto dal regista per declinare il decennio.
Peccato che la desolazione ed il deserto sentimentale derivi più che altro dalla presenza di interpreti che vissero in quegli anni il massimo fulgore e che qui sovrappongono il loro declino personale e quello dei personaggi interpretati: Mickey Rourke, alle prese con l'ennesimo ruolo di bad guy, Kim Basinger impegnata a rinverdire la sua fama di irresistibile mangiauomini, Wynona Ryder a cui sono rimasti solo gli occhi di cerbiatto ed anche Brad Renfro, segnato da una vita vissuta al limite e qui alla sua ultima interpretazione (il film è dedicato alla sua memoria), sono gli scalpi rubati ad un epoca che è già diventata passato remoto.
Il film rievoca queste facce e questi corpi, limitandosi ad illustrare tutto il resto nella perfezione di immagini che spengono qualsiasi introspezione e lasciano lo spettatore nell’indifferenza del già visto.
Gregor Giordan, scelto per motivi di logiche produttive, non rischia niente e si limita ad esporre la merce a sua disposizione (su tutti Amber Heard, generosa protagonista di nudi alla Helmut Newton), sorvolando quando invece si tratterebbe di approfondire (la presenza degli episodi che coinvolgono Mickey Rourke e Brad Renfro da una parte e Taylor Pucci e Chris Isaak sembrano più una svista del montatore che una reale necessità).
L'interesse dell’operazione si riduce ad un catalogo di cose e situazioni che, tolte dal contesto storico in cui sono inserite, potrebbero appartenere all'inutile di ogni epoca ed una volta tanto bisogna rendere merito alla mancata (fin qui) distribuzione dello stesso nelle sale italiane.
Ambientato nella Los Angeles del 1983, anno cruciale per la scoperta del virus dell'Aids determinante per le influenze sui costumi sessuali di quel periodo, The Informers ci catapulta immediatamente nel clima di quegli anni a colpi di decibel (New Cold Dream dei Simple Minds) e corpi danzanti, in un deliquio generale di ambiguità e rimandi sessuali.
Il disimpegno come laboratorio di dinamiche sociali, in cui l'agone della gioventù benestante sfoga il bisogno un affettività familiare sacrificata alla sicurezza degli oggetti.
Un crescendo emotivo interrotto bruscamente da un incidente mortale che cambia il volto del film.
Siamo solo agli inizi, ma da quel momento il film sembra quasi fermarsi, mentre cerca di raccontare le conseguenze del tragico evento su un nucleo di persone diversamente legate allo scomparso.
Una compagnia di amici legata dalle convenienze sociali, due belli e dannati in cerca di nuove esperienze, il produttore cinematografico passivamente indeciso tra la giovane amante ed una moglie depressa, il portiere d’albergo coinvolto da un losco lestofante nel rapimento di un bambino e la star musicale distrutta dalla droga sono il milieu scelto dal regista per declinare il decennio.
Peccato che la desolazione ed il deserto sentimentale derivi più che altro dalla presenza di interpreti che vissero in quegli anni il massimo fulgore e che qui sovrappongono il loro declino personale e quello dei personaggi interpretati: Mickey Rourke, alle prese con l'ennesimo ruolo di bad guy, Kim Basinger impegnata a rinverdire la sua fama di irresistibile mangiauomini, Wynona Ryder a cui sono rimasti solo gli occhi di cerbiatto ed anche Brad Renfro, segnato da una vita vissuta al limite e qui alla sua ultima interpretazione (il film è dedicato alla sua memoria), sono gli scalpi rubati ad un epoca che è già diventata passato remoto.
Il film rievoca queste facce e questi corpi, limitandosi ad illustrare tutto il resto nella perfezione di immagini che spengono qualsiasi introspezione e lasciano lo spettatore nell’indifferenza del già visto.
Gregor Giordan, scelto per motivi di logiche produttive, non rischia niente e si limita ad esporre la merce a sua disposizione (su tutti Amber Heard, generosa protagonista di nudi alla Helmut Newton), sorvolando quando invece si tratterebbe di approfondire (la presenza degli episodi che coinvolgono Mickey Rourke e Brad Renfro da una parte e Taylor Pucci e Chris Isaak sembrano più una svista del montatore che una reale necessità).
L'interesse dell’operazione si riduce ad un catalogo di cose e situazioni che, tolte dal contesto storico in cui sono inserite, potrebbero appartenere all'inutile di ogni epoca ed una volta tanto bisogna rendere merito alla mancata (fin qui) distribuzione dello stesso nelle sale italiane.
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La ragazza che giocava con il fuoco
di PARSEC
Scheletri nell’armadio e fantasmi del passato tornano a perseguitare la cazzutissima hacker Lisbeth Salander che con l’ostinazione della bestia ferita si barrica dentro il suo cuore-marmo-di-carrara senza mostrare il minimo segno di cedimento di fronte ai super cattivi i quali solo vagamente scalfiscono la sua scorza dura di vittima risentita e risoluta giustiziera.
Amorevolmente ma poco efficacemente sorvegliata a distanza dall’amico giornalista-custode, subisce senza battere ciglio la sua massiccia dose annuale di maltrattamenti tanto feroci da spezzare Rambo ma non la nostra eroina sempre più dark che, nonostante il destino avverso e un corpicino da teenager, mai presta il fianco alla scioglievolezza di lindor e dunque investiga, si nasconde, scappa, si traveste (ad un certo punto e senza una ragione mostra un trucco al viso che ricorda l’ultimo joker in batman) le prende e le dà, soffre e soprattutto fuma troppe sigarette, non ride mai e ha sempre gli stessi vestiti da fan dei Cure.
In questo secondo episodio della trilogia sono cambiati regista e sceneggiatori e si sente. Mancano quella bella atmosfera alla Chandler e la compattezza narrativa che avevano fatto del precedente un buon film di genere. Qui siamo alla fiction tv. Il film è zoppo: forse gli autori confidano che il pubblico si appoggi al ricordo del prequel non tanto ai fini della storia quanto per attingere ad emozioni che qui mancano. È brutto: non c’è coinvolgimento, non ci sono paura, suggestione, suspense, orrore, la storia che sulla carta dovrebbe essere intrigante diventa banale e meno emozionante dell’ ‘ora esatta’ che davano una volta sulle reti rai. Insomma, sembra che regista e sceneggiatori abbiano deciso che sarebbe stato il pubblico a fare tutto il lavoro al posto loro e il risultato è la noia: mentre Uomini che odiano le donne era autonomo, questa Ragazza che gioca col fuoco puzza di film di transizione (non c’è nemmeno il tempo fisiologico del finale dopo il momento topico del film), non aggiunge niente a quello che già sapevamo e non riesce nemmeno a creare un alone mitico, anche solo per accumulo e ridondanze, intorno al personaggio protagonista che al contrario cade più volte nel grottesco.
Voto 4
Scheletri nell’armadio e fantasmi del passato tornano a perseguitare la cazzutissima hacker Lisbeth Salander che con l’ostinazione della bestia ferita si barrica dentro il suo cuore-marmo-di-carrara senza mostrare il minimo segno di cedimento di fronte ai super cattivi i quali solo vagamente scalfiscono la sua scorza dura di vittima risentita e risoluta giustiziera.
Amorevolmente ma poco efficacemente sorvegliata a distanza dall’amico giornalista-custode, subisce senza battere ciglio la sua massiccia dose annuale di maltrattamenti tanto feroci da spezzare Rambo ma non la nostra eroina sempre più dark che, nonostante il destino avverso e un corpicino da teenager, mai presta il fianco alla scioglievolezza di lindor e dunque investiga, si nasconde, scappa, si traveste (ad un certo punto e senza una ragione mostra un trucco al viso che ricorda l’ultimo joker in batman) le prende e le dà, soffre e soprattutto fuma troppe sigarette, non ride mai e ha sempre gli stessi vestiti da fan dei Cure.
In questo secondo episodio della trilogia sono cambiati regista e sceneggiatori e si sente. Mancano quella bella atmosfera alla Chandler e la compattezza narrativa che avevano fatto del precedente un buon film di genere. Qui siamo alla fiction tv. Il film è zoppo: forse gli autori confidano che il pubblico si appoggi al ricordo del prequel non tanto ai fini della storia quanto per attingere ad emozioni che qui mancano. È brutto: non c’è coinvolgimento, non ci sono paura, suggestione, suspense, orrore, la storia che sulla carta dovrebbe essere intrigante diventa banale e meno emozionante dell’ ‘ora esatta’ che davano una volta sulle reti rai. Insomma, sembra che regista e sceneggiatori abbiano deciso che sarebbe stato il pubblico a fare tutto il lavoro al posto loro e il risultato è la noia: mentre Uomini che odiano le donne era autonomo, questa Ragazza che gioca col fuoco puzza di film di transizione (non c’è nemmeno il tempo fisiologico del finale dopo il momento topico del film), non aggiunge niente a quello che già sapevamo e non riesce nemmeno a creare un alone mitico, anche solo per accumulo e ridondanze, intorno al personaggio protagonista che al contrario cade più volte nel grottesco.
Voto 4
giovedì, ottobre 22, 2009
Film in sala dal 23 ottobre
Bruno
( Brüno )
GENERE: Commedia, Parodia, Farsesco
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Larry Charles
Io, Don Giovanni
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Germania, Italia
REGIA: Carlos Saura
Julie & Julia
( Julie & Julia )
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Nora Ephron
La battaglia dei Tre Regni
( Red Cliff )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Cina
REGIA: John Woo
Lebanon
( Levanon )
GENERE: Drammatico, Guerra
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Israele
REGIA: Samuel Maoz
Oggi sposi
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Luca Lucini
Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il Diavolo
( The Imaginarium of Doctor Parnassus )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Canada, Francia, Gran Bretagna, USA
REGIA: Terry Gilliam
( Brüno )
GENERE: Commedia, Parodia, Farsesco
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Larry Charles
Io, Don Giovanni
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Germania, Italia
REGIA: Carlos Saura
Julie & Julia
( Julie & Julia )
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Nora Ephron
La battaglia dei Tre Regni
( Red Cliff )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Cina
REGIA: John Woo
Lebanon
( Levanon )
GENERE: Drammatico, Guerra
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Israele
REGIA: Samuel Maoz
Oggi sposi
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Luca Lucini
Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il Diavolo
( The Imaginarium of Doctor Parnassus )
GENERE: Fantasy, Avventura
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Canada, Francia, Gran Bretagna, USA
REGIA: Terry Gilliam
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film in uscita 2009
giovedì, ottobre 15, 2009
Gamer
Recensione di Gamer pubblicata su ONDACINEMA.IT
La rappresentazione di una società asservita e manipolata da oscuri cospiratori è una delle tematiche più frequenti del cinema fantapolitico ed anche la presenza della componente ludica come elemento catalizzatore di questa dipendenza (dal capostipite "Rollerball" di cui esiste pure un inguardabile remake a "The running man" di PM Glaser con Schwarzenegger) è solo una variante, peraltro piuttosto sfruttata in questo tipo di operazioni.
In questo caso il grande fratello di turno risponde al nome di Ken Kastle, un genio del male che produce giochi, in cui l'elemento virtuale viene sostituito da esseri umani in carne ed ossa che lottano per la propria sopravvivenza, sullo sfondo di uno scenario apocalittico.
Il successo del prodotto e la legittimazione del controllo sociale vengono messi in discussione quando Kable, la star indiscussa del gioco si ribella al suo destino di schiavitù ed inizia un percorso in cui la vendetta personale diventa il viatico per il ritorno alla vita.
CONTINUA A LEGGERE LA RECENSIONE SU ONDACINEMA.IT !!!
La rappresentazione di una società asservita e manipolata da oscuri cospiratori è una delle tematiche più frequenti del cinema fantapolitico ed anche la presenza della componente ludica come elemento catalizzatore di questa dipendenza (dal capostipite "Rollerball" di cui esiste pure un inguardabile remake a "The running man" di PM Glaser con Schwarzenegger) è solo una variante, peraltro piuttosto sfruttata in questo tipo di operazioni.
In questo caso il grande fratello di turno risponde al nome di Ken Kastle, un genio del male che produce giochi, in cui l'elemento virtuale viene sostituito da esseri umani in carne ed ossa che lottano per la propria sopravvivenza, sullo sfondo di uno scenario apocalittico.
Il successo del prodotto e la legittimazione del controllo sociale vengono messi in discussione quando Kable, la star indiscussa del gioco si ribella al suo destino di schiavitù ed inizia un percorso in cui la vendetta personale diventa il viatico per il ritorno alla vita.
CONTINUA A LEGGERE LA RECENSIONE SU ONDACINEMA.IT !!!
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Film in sala dal 16 ottobre
Up
( Up )
GENERE: Animazione
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Peter Docter, Bob Peterson
Di me cosa ne sai
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Valerio Jalongo, Francesco Apolloni, Giulio Manfredonia
Funny People
( Funny People )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Judd Apatow
Genova
( Genova )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Gran Bretagna
REGIA: Michael Winterbottom
Halloween II
( H2: Halloween II )
GENERE: Horror
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Rob Zombie
Lo spazio bianco
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Francesca Comencini
Orphan
( Orphan )
GENERE: Horror, Thriller, Mystery
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Jaume Collet-Serra
Viola di mare
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Donatella Maiorca
( Up )
GENERE: Animazione
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Peter Docter, Bob Peterson
Di me cosa ne sai
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Valerio Jalongo, Francesco Apolloni, Giulio Manfredonia
Funny People
( Funny People )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Judd Apatow
Genova
( Genova )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Gran Bretagna
REGIA: Michael Winterbottom
Halloween II
( H2: Halloween II )
GENERE: Horror
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Rob Zombie
Lo spazio bianco
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Francesca Comencini
Orphan
( Orphan )
GENERE: Horror, Thriller, Mystery
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Jaume Collet-Serra
Viola di mare
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Donatella Maiorca
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film in uscita 2009
lunedì, ottobre 12, 2009
TENDERNESS
La cognizione del dolore attraverso i gesti di una quotidianità, sofferta ma indispensabile a reiterare la sensazione di esistenza, altrimenti percepità come vuoto asettico ed impalpabile. Il tentativo di afferare la vita riproducendola secondo lo schema preordinato di un misterioso demiurgo. Strade solitarie ed interminabili si presentano davanti ai tentativi di cambiare lo stato delle cose. Eric Poole è un diciottenne che ha ucciso i propri genitori per preservare un terribile segreto.
Uscito anzitempo di prigione trova ad aspettarlo il detective Cristofuoforo (Russel Crowe), convinto della sua natura psicopatica e deciso ad impedire nuovi misfatti, e Lori, una ragazza che in qualche modo sembra essere a conoscenza dell’oscuro passato del giovane. Un triangolo eterogeneo ma unito da una condizione di sofferenza che assume le forme di una dipendenza verso le vite degli altri, scandagliate con metodicità ed umana dedizione (il detective), distorte dalla fantasia di un adolescenza turbata dalle precoci attenzioni degli adulti (Lori), ed infine distrutte (Eric) nel tentativo di afferrare quella felicità negata dalla natura della propria condizione.
Roger Polson dopo una manciata di esperienze dedicate al cinema di genere esordisce in quello d’autore con un opera che deve molto al cinema di Clint Eastwood, a cominciare dall’aspetto visuale, calorosamente raggelato dalla telecamera di Tom Stern, operatore di fiducia nel magnifico settantenne, e anche qui capace di fondere la tensione morale dei personaggi, sempre sul punto di esplodere in un azione definitiva, con l’immota presenza di un paesaggio, geografico ed umano, che sembra confermare nella sua distaccata partecipazione, le insondabili ragione delle meccaniche celesti. Polson filma con discrezione, lasciando fuori campo sensazionalismi e facili pruderie, per concentrarsi sul privato di una vicenda che inizia come un road movie, con i due giovani che si avviano verso un fatidico appuntamento, attraverso un America da quadro Hopperiano, frantumata in una costellazione interminabile di spazi limitati e prospettive siderali, ed assume le caratteristiche di una detection, quando Cristuoforo, a sua volta prostrato da un privato altrettanto straziante (deve accudire la moglie in coma vegetativo), insegue la coppia con un attitudine che trova le proprie motivazioni nel tentativo di arginare, anche per interposta persona, la scia di afflizione che lo pervade. La macchina da presa si cala lentamente nell’inferno quotidiano rispettando gli spazi del pudore e così facendo sembra offrire i margini di un possibile cambiamento; movimenti che traducono in immagini i pensieri dei personaggi, senza alterare la registrazione del presente.
Abiti stazzonati e fisico appesantito Russel Crowe nella parte del malinconico poliziotto è perfetto nel tratteggiare l’impotenza di un uomo che non riesce a cambiare il corso delle cose, mentre i due giovani attori, John Foster, nei panni di un uomo dominato dai propri fantasmi e Sophie Traub, in quelli della innamorata non corrisposta hanno la giusta dose di freschezza, per rappresentare lo smarrimento di una gioventù precocemente interrotta. Il film, ancora non distribuito sul mercato americano, forse per l’eccessivo pessimismo o più probabilmente per l’understatement interpretativo della sua star, è tratto da un romanzo del defunto Robert Cormier, autore di un certo interesse per il modo crudo e diretto con cui affronta il disagio del mondo giovanile. Una bella sorpresa che gli esercenti non dovrebbero far mancare al pubblico nostrano.
Uscito anzitempo di prigione trova ad aspettarlo il detective Cristofuoforo (Russel Crowe), convinto della sua natura psicopatica e deciso ad impedire nuovi misfatti, e Lori, una ragazza che in qualche modo sembra essere a conoscenza dell’oscuro passato del giovane. Un triangolo eterogeneo ma unito da una condizione di sofferenza che assume le forme di una dipendenza verso le vite degli altri, scandagliate con metodicità ed umana dedizione (il detective), distorte dalla fantasia di un adolescenza turbata dalle precoci attenzioni degli adulti (Lori), ed infine distrutte (Eric) nel tentativo di afferrare quella felicità negata dalla natura della propria condizione.
Roger Polson dopo una manciata di esperienze dedicate al cinema di genere esordisce in quello d’autore con un opera che deve molto al cinema di Clint Eastwood, a cominciare dall’aspetto visuale, calorosamente raggelato dalla telecamera di Tom Stern, operatore di fiducia nel magnifico settantenne, e anche qui capace di fondere la tensione morale dei personaggi, sempre sul punto di esplodere in un azione definitiva, con l’immota presenza di un paesaggio, geografico ed umano, che sembra confermare nella sua distaccata partecipazione, le insondabili ragione delle meccaniche celesti. Polson filma con discrezione, lasciando fuori campo sensazionalismi e facili pruderie, per concentrarsi sul privato di una vicenda che inizia come un road movie, con i due giovani che si avviano verso un fatidico appuntamento, attraverso un America da quadro Hopperiano, frantumata in una costellazione interminabile di spazi limitati e prospettive siderali, ed assume le caratteristiche di una detection, quando Cristuoforo, a sua volta prostrato da un privato altrettanto straziante (deve accudire la moglie in coma vegetativo), insegue la coppia con un attitudine che trova le proprie motivazioni nel tentativo di arginare, anche per interposta persona, la scia di afflizione che lo pervade. La macchina da presa si cala lentamente nell’inferno quotidiano rispettando gli spazi del pudore e così facendo sembra offrire i margini di un possibile cambiamento; movimenti che traducono in immagini i pensieri dei personaggi, senza alterare la registrazione del presente.
Abiti stazzonati e fisico appesantito Russel Crowe nella parte del malinconico poliziotto è perfetto nel tratteggiare l’impotenza di un uomo che non riesce a cambiare il corso delle cose, mentre i due giovani attori, John Foster, nei panni di un uomo dominato dai propri fantasmi e Sophie Traub, in quelli della innamorata non corrisposta hanno la giusta dose di freschezza, per rappresentare lo smarrimento di una gioventù precocemente interrotta. Il film, ancora non distribuito sul mercato americano, forse per l’eccessivo pessimismo o più probabilmente per l’understatement interpretativo della sua star, è tratto da un romanzo del defunto Robert Cormier, autore di un certo interesse per il modo crudo e diretto con cui affronta il disagio del mondo giovanile. Una bella sorpresa che gli esercenti non dovrebbero far mancare al pubblico nostrano.
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anteprime,
recensioni
giovedì, ottobre 08, 2009
Film in sala dal 9 ottobre
Barbarossa
GENERE: Drammatico, Storico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Renzo Martinelli
Fame – Saranno Famosi
( Fame )
GENERE: Commedia, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Kevin Tancharoen
La doppia ora
GENERE: Drammatico, Giallo, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Giuseppe Capotondi
Le mie grosse grasse vacanze greche
( My Life in Ruins )
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Spagna, USA
REGIA: Donald Petrie
Motel Woodstock
( Taking Woodstock )
GENERE: Commedia, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Ang Lee
Ricky
( Ricky )
GENERE: Commedia, Drammatico, Fantasy
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Francia
REGIA: François Ozon
GENERE: Drammatico, Storico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Renzo Martinelli
Fame – Saranno Famosi
( Fame )
GENERE: Commedia, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Kevin Tancharoen
La doppia ora
GENERE: Drammatico, Giallo, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Giuseppe Capotondi
Le mie grosse grasse vacanze greche
( My Life in Ruins )
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Spagna, USA
REGIA: Donald Petrie
Motel Woodstock
( Taking Woodstock )
GENERE: Commedia, Musicale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Ang Lee
Ricky
( Ricky )
GENERE: Commedia, Drammatico, Fantasy
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Francia
REGIA: François Ozon
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film in uscita 2009
mercoledì, ottobre 07, 2009
TRIS DI DONNE E ABITI NUZIALI
Franco Campanella (Castellitto) è un cinquantenne pensionato delle poste schiavo del gioco d'azzardo.
Uomo dalle poche qualità, anche davanti al tavolo verde, rovina la propria esistenza e quella della propria famiglia a causa dei debiti contratti per soddisfare l'ossessione del gioco.
Il regista e sceneggiatore Terracciano traccia bene la personalità di un perdente, attorniandolo con figure femminili forti: una moglie grintosa (Gedeck) e una figlia colta e sensibile (Rea).
Terracciano ambisce a rinverdire la tradizione della gloriosa commedia all'italiana di spessore, e per tutta la prima parte del film ci riesce, grazie ad alcuni passaggi azzeccati.
Nella seconda parte del film, quando è palese che il regista ambisce alla risata e alla lacrima di stampo Eduardiano, il film si inceppa.
Terracciano è indeciso sulla strada da seguire e cerca di mantenere un equilibrio che non porta a nulla.
Ne consegue che le sequenze dove si sarebbe dovuto virare decisamente sul grottesco (tutta la famiglia che inizia a giocare d'azzardo) e quelle decisamente più drammatiche (le minacce di morte ricevute dal protagonista) risultino piatte e inspiegabilmente sobrie.
Da segnalare alcuni buoni passaggi come la scena di sesso orale (che non si vede) con in primo piano un vassoio di babà e la scena finale con Castellitto di fronte al mare che riproduce il quadro che aveva notato sul diario della figlia.
Sempre brava Iaia Forte nel concentrare in poche battute una certa femminilità tutta partonopea e immancabile grande prova di Sergio Castellitto.
Un film tutto sommato consigliabile che ha però l'aria di essere una occasione persa.
Uomo dalle poche qualità, anche davanti al tavolo verde, rovina la propria esistenza e quella della propria famiglia a causa dei debiti contratti per soddisfare l'ossessione del gioco.
Il regista e sceneggiatore Terracciano traccia bene la personalità di un perdente, attorniandolo con figure femminili forti: una moglie grintosa (Gedeck) e una figlia colta e sensibile (Rea).
Terracciano ambisce a rinverdire la tradizione della gloriosa commedia all'italiana di spessore, e per tutta la prima parte del film ci riesce, grazie ad alcuni passaggi azzeccati.
Nella seconda parte del film, quando è palese che il regista ambisce alla risata e alla lacrima di stampo Eduardiano, il film si inceppa.
Terracciano è indeciso sulla strada da seguire e cerca di mantenere un equilibrio che non porta a nulla.
Ne consegue che le sequenze dove si sarebbe dovuto virare decisamente sul grottesco (tutta la famiglia che inizia a giocare d'azzardo) e quelle decisamente più drammatiche (le minacce di morte ricevute dal protagonista) risultino piatte e inspiegabilmente sobrie.
Da segnalare alcuni buoni passaggi come la scena di sesso orale (che non si vede) con in primo piano un vassoio di babà e la scena finale con Castellitto di fronte al mare che riproduce il quadro che aveva notato sul diario della figlia.
Sempre brava Iaia Forte nel concentrare in poche battute una certa femminilità tutta partonopea e immancabile grande prova di Sergio Castellitto.
Un film tutto sommato consigliabile che ha però l'aria di essere una occasione persa.
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recensioni
lunedì, ottobre 05, 2009
BAARÌA
BAARÌA può essere considerato l'ultimo capitolo, di una ideale tetralogia composta da NUOVO CINEMA PARADISO, L'UOMO DELLE STELLE e MALENA.
Baarìa è uno dei film più ambiziosi della storia del cinema italiano, un film grande come una montagna che avrebbe potuto schiacciare qualsiasi regista, ma non Tornatore, da sempre sicuro di poter maneggiare la materia, grazie al suo grande senso del cinema.
Da sempre alla ricerca del kolossal, Tornatore utilizza immagini, suoni, facce, sangue, sofferenze e sogni della sua terra per dare vita ad una smisurata epopea della miseria.
Lo dico subito, Baarìa è film che merita di essere visto ma che rischia di essere l'autocelebrazione di un regista da sempre desideroso di sfoggiare la sua arte.
A fare di Baarìa un buon film sono quasi, beffardamente, i soliti difetti di Tornatore, che in questo contesto trovano facile e buona collocazione, ovvero l'eccessiva enfasi visiva (e musicale) e l'incessante susseguirsi di scene madri, insomma tutto è sopra le righe come del resto deve essere in un kolossal di tale portata.
25 milioni di euro, a cui vanno aggiunti quelli da spendere per il lancio pubblicitario dopo la scontata canditatura italiana all'Oscar, non si recuperano facilmente se non con la vendita del film sui mercati esteri.
Anche per questo motivo Baarìa è un prodotto studiato nei minimi particolari per non urtare la suscettibilità dello spettatore e sopratutto per consegnare al pubblico d'oltreoceano una Sicilia quanto più possibile vicina a quella che le attuali generazioni di italo-americani hanno ereditato dai racconti dei loro nonni.
A questo scopo Tornatore si preoccupa di sfumare i ricordi di mafia, fascismo e guerra.
Quasi tutte le scene che riportano eventi particolarmente gravi, come gli arresti di oppositori del regime, morti, connivenze tra politici e mafia si chiudono con una battuta comica o vengono interamente rappresentate in maniera farsesca.
Peppuccio Tornatore costruisce un film con una sceneggiatura ad orologeria dove ogni scena potrebbe avere vita propria, dove le figure di secondo piano, tutti volti notissimi al grande pubblico, si prendono la scena e si sovrappongono a quelle dei protagonisti allo scopo di evitare di inflazionare la figura dei personaggi principali rischiando di fare del film una saga familiare.
E' però indubbio che in Baarìa ci sono momenti di ottimo cinema, come ad esempio la descrizione della vita di partito all'interno della sezione del PCI, con uno straordinario Michele Placido che con la sua interpretazione ricorda in maniera impressionante (almeno per me) lo storico dirigente comunista Emanuele Macaluso.
Particolare attenzione va data anche all'uso che fa Tornatore delle sequenze riservate alle corse dei bambini, meccanismo che ha il compito di innescare nello spettatore sensazioni di stupore, fantasia e meraviglia e che simboleggiano contemporaneamente l'inseguimento di un (qualsiasi) sogno e la fuga da una situazione di miseria (economica, culturale) da parte delle giovani generazioni.
Discorso a parte merita il finale del film, che in realtà non c'è.
Tornatore non chiude il film, probabilmente perché non ha raccontato una storia, ma ha scavato nella propria memoria alla ricerca di ricordi, situazioni e stati d'animo da imprimere su pellicola.
Da sottolineare la bella prova di Lina Sastri, intensa Mater Lacrimorum.
Baarìa è uno dei film più ambiziosi della storia del cinema italiano, un film grande come una montagna che avrebbe potuto schiacciare qualsiasi regista, ma non Tornatore, da sempre sicuro di poter maneggiare la materia, grazie al suo grande senso del cinema.
Da sempre alla ricerca del kolossal, Tornatore utilizza immagini, suoni, facce, sangue, sofferenze e sogni della sua terra per dare vita ad una smisurata epopea della miseria.
Lo dico subito, Baarìa è film che merita di essere visto ma che rischia di essere l'autocelebrazione di un regista da sempre desideroso di sfoggiare la sua arte.
A fare di Baarìa un buon film sono quasi, beffardamente, i soliti difetti di Tornatore, che in questo contesto trovano facile e buona collocazione, ovvero l'eccessiva enfasi visiva (e musicale) e l'incessante susseguirsi di scene madri, insomma tutto è sopra le righe come del resto deve essere in un kolossal di tale portata.
25 milioni di euro, a cui vanno aggiunti quelli da spendere per il lancio pubblicitario dopo la scontata canditatura italiana all'Oscar, non si recuperano facilmente se non con la vendita del film sui mercati esteri.
Anche per questo motivo Baarìa è un prodotto studiato nei minimi particolari per non urtare la suscettibilità dello spettatore e sopratutto per consegnare al pubblico d'oltreoceano una Sicilia quanto più possibile vicina a quella che le attuali generazioni di italo-americani hanno ereditato dai racconti dei loro nonni.
A questo scopo Tornatore si preoccupa di sfumare i ricordi di mafia, fascismo e guerra.
Quasi tutte le scene che riportano eventi particolarmente gravi, come gli arresti di oppositori del regime, morti, connivenze tra politici e mafia si chiudono con una battuta comica o vengono interamente rappresentate in maniera farsesca.
Peppuccio Tornatore costruisce un film con una sceneggiatura ad orologeria dove ogni scena potrebbe avere vita propria, dove le figure di secondo piano, tutti volti notissimi al grande pubblico, si prendono la scena e si sovrappongono a quelle dei protagonisti allo scopo di evitare di inflazionare la figura dei personaggi principali rischiando di fare del film una saga familiare.
E' però indubbio che in Baarìa ci sono momenti di ottimo cinema, come ad esempio la descrizione della vita di partito all'interno della sezione del PCI, con uno straordinario Michele Placido che con la sua interpretazione ricorda in maniera impressionante (almeno per me) lo storico dirigente comunista Emanuele Macaluso.
Particolare attenzione va data anche all'uso che fa Tornatore delle sequenze riservate alle corse dei bambini, meccanismo che ha il compito di innescare nello spettatore sensazioni di stupore, fantasia e meraviglia e che simboleggiano contemporaneamente l'inseguimento di un (qualsiasi) sogno e la fuga da una situazione di miseria (economica, culturale) da parte delle giovani generazioni.
Discorso a parte merita il finale del film, che in realtà non c'è.
Tornatore non chiude il film, probabilmente perché non ha raccontato una storia, ma ha scavato nella propria memoria alla ricerca di ricordi, situazioni e stati d'animo da imprimere su pellicola.
Da sottolineare la bella prova di Lina Sastri, intensa Mater Lacrimorum.
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giovedì, ottobre 01, 2009
Film in sala dal 2 ottobre
Bastardi senza gloria
( Inglourious Basterds )
GENERE: Azione, Guerra, Avventura
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Quentin Tarantino
Biancaneve e gli 007 nani
( Happily N'Ever After 2 )
GENERE: Animazione, Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Steven E. Gordon, Boyd Kirkland
Incubo bianco
( Whiteout )
GENERE: Azione, Drammatico, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Canada, USA
REGIA: Dominic Sena
L'artista
( El Artista )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia, Argentina
REGIA: Mariano Cohn, Gaston Duprat
Trilli e il tesoro perduto
( Tinker Bell and the Lost Treasure )
GENERE: Animazione, Fantasy, Family
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Klay Hall
Un amore all'improvviso
( The Time Traveler's Wife )
GENERE: Drammatico, Fantascienza, Sentimentale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Robert Schwentke
( Inglourious Basterds )
GENERE: Azione, Guerra, Avventura
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Quentin Tarantino
Biancaneve e gli 007 nani
( Happily N'Ever After 2 )
GENERE: Animazione, Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Steven E. Gordon, Boyd Kirkland
Incubo bianco
( Whiteout )
GENERE: Azione, Drammatico, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Canada, USA
REGIA: Dominic Sena
L'artista
( El Artista )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia, Argentina
REGIA: Mariano Cohn, Gaston Duprat
Trilli e il tesoro perduto
( Tinker Bell and the Lost Treasure )
GENERE: Animazione, Fantasy, Family
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Klay Hall
Un amore all'improvviso
( The Time Traveler's Wife )
GENERE: Drammatico, Fantascienza, Sentimentale
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Robert Schwentke
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film in uscita 2009
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