venerdì, novembre 11, 2011

Quando la notte































Due personaggi speculari:lei è una madre che non riesce a sentirsi tale, lui è stato il figlio di una donna in fuga. L'incontro è casuale, di quelli che nascono per ragioni contingenti. All'inizio è una questione formale, il tempo di mettersi d'accordo sull'affitto da pagare e sulle regole di buona convivenza. Lui è una guida alpina che affitta stanze ai villeggianti, lei un inquilina con un bambino da curare con una vacanza salutare. Poi quando lui è costretto ad intervenire per salvare il piccolo le cose cambiano. I silenzi diventano coltellate, le parole un plotone d'esecuzione. Un inquisizione reciproca che li metterà a nudo e li renderà simili. Fino a farli innamorare.

La Comencini realizza un film da camera, con le pareti della montagna al posto di quelle della stanza. Ed all'interno la struttura con i colori di un melodramma anomalo, simile ad una seduta psicanalitica. Elementi freudiani introdotti dalla soggettiva iniziale all'interno del tunnel, doppiata da quella finale, dello stesso tenore, e poi dall'utilizzo dell'elemento naturale come specchio degli stati dell'animo. La rabbia ed il rancore la riempiono di scene madri, l'amore, di una carnalità sublimata nell'amplesso rimandato. Tormento senza estasi che si inceppa quando c'è bisogno delle parole. I non detti sarebbero stati preferibili, come in un film muto. Con gli stessi attori, bravi, soprattutto la Pandolfi, avrebbe ottenuto un risultato migliore, e forse, evitato gli schiamazzi. La maternità non è necessariamente la cosa più bella che possa capitare. Con questa affermazione la Comencini credeva di assicurarsi un maledettismo di ritorno, le conseguenze invece è stata, a tratti, un ovvietà da sceneggiato televisivo. Potrebbe far comodo alla Rai, che il film l'ha prodotto.

4 commenti:

veri paccheri ha detto...

ciao nick, commento cameo il tuo che condivido. brava la pandolfi, più trattenuto timi che ormai sembra mettere in scena sempre lo stesso tipo di uomo, qui più un cucciolo arrufato e stanco.
ho apprezzato lo sforzo della comencini ma poteva fare di più, perchè le doti le ha. a venezia l'hanno fischiata e derisa..povera.. :-)
un caro saluto
veri

Anonimo ha detto...

Ciao Direttora, la ripetitività di Timi mi sembra consistere non tanto a livello di personaggi interpretati ma di modo di renderli, con un espressione, corrucciata, che è sempre la stessa. La Comencini è un autrice,ed è anche brava, ma qui non è stata al suo meglio...in ogni caso, come già avevo detto per il pen'ultimo Ozpetek, anche Quando la notte non è così scadente come vorrebbero far credere...un saluto

PS questa voleva essere una recensione..ahaha!!

nickoftime

veri paccheri ha detto...

ecco, non osavo scriverlo, sta proprio nel modo di renderli, i personaggi.. speriamo cresca un altro po' oltre il proprio narcisismo ;-P
anche secondo me non è un prodotto così scadente come ne hanno scritto, certo ha tante falle ma almeno sta in piedi ed emoziona, diciamo che svolge la sua funzione.

Anonimo ha detto...

Venezia è anche un occasione utilizzata per fare il tiro al piccione: in tempi recenti mi ricordo Michele Placido, sbeffeggiato per il suo "Ovunque sei" e successivamente deciso ad evitare quel palcoscenico per la presentazione del sui film. Oppure di Ozpetek con "Un giorno perfetto" altrettanto osteggiato al punto che Mastandrea e Ferrari non rilasciarono le rituali interviste...anche in quei casi non si trattava di film malvagi..a me in parte piacquero...non è un dramma, ma quasi una liturgia festivaliera...

nickoftime