venerdì, maggio 17, 2013

Vic Mackey: schizofrenia di uno sbirro




"You can crush it but it's always here,
you can crush it but it's always near,
chasing you home, saying...
E/thing is broken, e/one is broken".

Radiohead


Per orientarsi nella ricerca del giusto varco che incroci il cuore di un personaggio complicato e scabroso come quello del detective Mackey, sarà utile fermarsi a riflettere dopo aver ruotato di centottanta gradi la frase che Goethe nel suo "Faust" fa recitare a Mefistofele: "Io sono lo spirito che vuole eternamente il male e opera eternamente il bene". Sottrarre del tempo per imporre il margine di un ripensamento gioverà in primis ai fini d'inquadrare con equilibrio le tante suggestioni - rigetto, malia ambigua, ripulsa, fascinazione - che una figura del genere, per quanto o forse proprio in ragione della sua origine "letteraria" o di "finzione" che dir si voglia, ha saputo suscitare.

Il poliziotto metropolitano e' da sempre uno dei tasselli più creativamente "difettosi" del nostro immaginario, quello che di sicuro ritrovi un po' fuori sesto non appena ritieni di avergli dato una collocazione stabile. Dalle sofisticazioni tardo positiviste, giocate sul filo dell'ironia e di una compassata amarezza (figlie dell'esercizio certosino quanto discreto della misantropia, non meno che della consapevolezza della fine di un'epoca, quella Vittoriana) di un paladino molto sui-generis del primato della razionalità come l'Holmes di Doyle (ma discorso analogo potrebbe chiamare in causa anche l'Auguste Dupin di Poe), passando sulle orme lasciate dagli innumerevoli uomini più o meno consacrati alla Causa ma una volta per tutte circonfusi di disincanto, di malinconia, di solitudine, quanto di cocciuta fedeltà ad un'idea sempre più negletta d'integrità - uno su tutti, il Marlowe di Chandler, cugino di primo grado del Sam Spade di Hammett - fino alla genia variegata di "cani sciolti" (il cui campione, tra tanti, potrebbe benissimo essere il "bad lieutenant" di Ferrara, 1992) al servizio di una oramai pressoché insondabile istanza di giustizia che li vede contrapporsi di pura disperazione alla morta gora di un'apocalisse già-nelle-cose e soprattutto immeritevole di remissione, osserviamo infatti come letteratura (e cinema) già dal secondo dopoguerra (pensiamo, per stare al cinema e solo per fare mente locale, a "Sui marciapiedi", 1950, di Preminger; a "Pietà per i giusti", 1951, di Wyler; al "Grande caldo", 1953 di Lang; a "Senza scampo", 1954' di Rowland; e, ovviamente, a "L'infernale Quinlan", 1958, di e con Welles), ratificano questa sorta di "travaso dei tempi" e s'incamminano verso un'analisi più sfaccettata, cioè per nulla conciliante, dell'archetipico ruolo dello "sbirro", allargando la ricognizione dall'approfondimento delle trasformazioni sociali - sempre più repentine e latrici di spaesamenti - alle vere e proprie mutazioni interiori - psicologiche, emotive, comportamentali - che proprio il crogiolo informe del mondo in eterno divenire secondo le direttrici dell'incombente "modernità" va imprimendo nelle menti e negli animi di questi uomini votati al "dovere" di far rispettare e al tempo preservare categorie contrassegnate da sempre da lettere maiuscole, come Giustizia, Legge e Ordine.

"(It's) just another day" - di per se' quasi sovrapponibile al monito biblico "Ad ogni giorno la sua pena" - batte all'inizio e alla fine della narrazione deformandosi nel tema musicale della serie televisiva "The Shield" (a significare il distintivo degli uomini in divisa e il Baluardo/Bene da loro rappresentato nei confronti del Crimine/Male) di cui il detective Victor "Vic" Mackey (impersonato dal roccioso Michael Chiklis, non a caso ingaggiato da Hollywood per "indossare" i panni de "La Cosa" nella saga dedicata ai Fantastici 4) e' il protagonista principale e nucleo carnale/simbolico. La serie, trasmessa negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2008 (in Italia tra il 2004 e il 2010), suddivisa in sette stagioni per un totale di una novantina di episodi della durata media di cinquanta minuti, già da quel picchiare impietoso sembra infrangersi su chi guarda e insinuargli la sensazione che quel tintinnare di frantumi altro non sia che la pasta di cui e' fatta la vita di tutti gl'individui che ruotano direttamente o per qualche capriccio del caso attorno al quotidiano immutabile e feroce della malavita e ai suoi inesorabili addentellati: denaro, potere, crudeltà. Emerge da quel grido scomposto, al tempo, la coscienza e la disperazione per una redenzione impossibile e lo stupore ominoso per un'esistenza divisa tra fortuiti attimi di tregua e lunghi imbrunire nei territori dell'abiezione, il riscatto per sempre confinato al sogno, per non dire all'allucinazione solitaria. Questo giorno che e' "solo un altro giorno", sempre uguale a se stesso - avvitamento maligno ed efferato del delirio ipnotico/tragicomico sul viso keatoniano di Bill Murray in "Ricomincio da capo" di Ramis (1993) - e' furti, spaccio, truffe, rapine, omicidi, stupri, rapimenti, perversioni ed abusi sui minori, traffico di stupefacenti e tratta di esseri umani. Malversazioni, appalti truccati, corruzione e opacità amministrativa. Collusioni, contiguità, accidie, omissioni (spesso e volentieri ben dentro l'organismo delle Istituzioni, forze dell'ordine comprese). E' una rete capillare di uomini e di donne isolati o riuniti in bande, affiliati in piccoli gruppi o federati in gang, stretta al collo d'interi settori del tessuto metropolitano losangelino, al vertice della quale troneggia - proverbiale quanto temuto, invisibile e onnipresente, metodico e spietato - il Grande-Cartello-del-Narcotraffico, proprio la', nemmeno tanto oltre il confine meridionale della dolce e assolata California... Argine - o presunto tale, ormai, chissà, del resto, Freud docet, "l'uomo civile ha barattato una parte della sua felicita' per un po' di sicurezza", con tutto quello che ne consegue - comunque strumento d'interposizione a fronte della capitolazione definitiva, il Corpo di Polizia, nel caso il L.A.P.D. Nello specifico, il distretto di Farmington (ricalcato sulla zona di Rampart: territorio di caccia o regno da difendere, a seconda delle barricate). Nel dettaglio, la "squadra d'assalto", il cui corpo e cuore pulsante e' il detective Mackey: bianco, sulla cinquantina, occhi ceruli ma sempre all'erta (reiterati e significativi i primi piani di Chiklis a scrutare/decifrare le crepe possibili in un atteggiamento o di una situazione), pelata, fisico tarchiato quanto indurito dalla palestra, jeans, scarponi da lavoro e magliette aderentissime, pistola o fucile (il classico "sixteen gauge") e corpetto in kevlar rinforzato rispettivamente per l'"ordinaria amministrazione" e le operazioni in grande stile. Nello stillicidio giornaliero della giungla iper-moderna, in questa consuetudine compressa sempre sul punto di esplodere, Mackey si divincola spalleggiato dal suo branco, la "squadra d'assalto" - alias Ronald "Ronnie" Gardocki (David Rees Snell), lupo laconico e fedele, esperto d'informatica, gran procacciatore di informazioni utili al gruppo e non insensibile alle lusinghe del denaro facile; alias Curtis "Lem" Lemanski (Kenny Johnson), anello morbido della famiglia allargata, cucciolo di due metri, tanto triste nello sguardo quanto artificiosamente audace nel modo di fare; alias Shane Vendrell (Walton Goggins), co-fondatore della "squadra", maschio alpha amico e rivale di Vic, unico suo confidente ed eterno Giuda in nuce, sprezzante, razzista e donnaiolo quanto col tiranno in gonnella dentro casa - ed e' tenuto in carreggiata dalla ex famiglia che, oltre alla moglie Corinne (Cathy C. Ryan), annovera una adolescente difficile, Cassidy (Autumn Chiklis, autentica figlia del protagonista) e due piccoli autistici.

Sin dalle prime vicende in cui e' coinvolta "la squadra" di Mackey - che come da cliché di tanto "crime cinema" e' l'unica o quasi ad ottenere risultati, palesemente in virtù dei metodi poco ortodossi, paralegali che pratica ed e' sostanziata/influenzata da un impercettibile collante (omo)erotico che nell'esercizio sistematico della "camaraderie", a dire nell'eccitazione adolescenziale per improvvisi guadagni illeciti, nell'esaltazione del gesto "eroico", nella prossimità sempre elusa e sempre rinnovata con la morte, nell'inerzia, nei vuoti privi di "azione", si rinsalda, si legittima, si perverte e alla fine si autodistrugge - risulta evidente l'ambivalenza, la continua allusione ad una strategia mentale distorta dai comuni canoni etici, quanto efficace nella pratica materiale; una aberrazione radicale del legame causa-effetto/mezzi-fini ed un perseverare tenace, incrollabile, verso un nebuloso eppure ineludibile punto di equilibrio, catarsi muta e forse letale. Merito di questo leggero ma continuo scarto che mantiene sempre, anche nello svolgersi di vicende, diciamo così, più "ordinarie", la tensione un solo grado al di qua della temperatura di ebollizione, va ascritto, da un lato, al taglio di sceneggiatura predisposto dal creatore della serie, Shawn Ryan (tra l'altro produttore di altri intrecci a puntate, tipo quello ad alto tasso muscolare "The unit", in concomitanza con David Mamet, a sua volta regista di uno degli episodi più spinosi e "filosofici" di "The Shield") contraddistinto dalla connessione diretta, fulminea, tra dialoghi tarati sul più contemporaneo gergo di strada (che al di la' degli straordinari imposti ai traduttori, ha segnalato l'opera ai "tutori del buon gusto") e ritmo forsennato della messa in scena - inseguimenti in auto, in moto, a piedi; irruzioni precipitose; scazzottate e pestaggi; esecuzioni: ma pure un meccanismo interno agile, permeato di una sua sottile frenesia nelle ambientazioni più tipicamente "statiche" (botta e risposta tra le scrivanie, riunioni, interrogatori) - e dall'altro, dall'uso insistito (alla fine vera e propria testimonianza cinematografica di aderenza alla realtà, tale, a volte, da superarla, fin quasi ad annullare il diaframma che separa, dovrebbe separare, "finzione" e "vero", concettualmente non dissimile dagli azzardi linguistici proposti da Mann una decina e passa di anni fa) delle riprese a mano, non di rado traballanti, sgranate, spesso "addosso" alle schiene o alle gambe di poliziotti e malviventi.


Nel cupio dissolvi generale la cui insidiosa reptazione letteralmente sbriciola la terra sotto i piedi - nulla e' definitivo o programmabile con ragionevole certezza; le alleanze, le rivalità, gli opportunismi, cambiano "in corso d'opera"; ciò che e' "vero" e "utile" adesso, in un paio d'ore e' "falso" e "dannoso" e viceversa (celebri, in tal senso, i continui "vertici" estemporanei del gruppo nel vestibolo tra le porte a vetri sulla soglia del distretto, per rimodulare e adattare le tattiche d'azione agli improvvisi sviluppi) - Mackey passa quasi senza soluzione di continuità dall'omicidio di un collega messo alle sue calcagna dai superiori da sempre diffidenti della sua prassi, ai crucci privati di un genitore separato ma a suo modo premuroso, soprattutto nei confronti di due inermi portatori di handicap; dall'appropriazione indebita di bauli di dollari della mafia armena (il leggendario "money train"/"il treno dei soldi", uno dei tormentoni della serie), all'utilizzo di parte di quegli stessi proventi per le costose cure dei piccoli disabili. E ancora: dalla circonvenzione con rapporto sessuale annesso, ai limiti della violenza carnale, della ex compagna di un suo ennesimo inquisitore, il tenente Kavanaugh degli Affari Interni (l'ottimo Forest Whitaker, sguardo "spento" quanto insinuante, modi melliflui e condotta spregiudicata nell'illusione di controllare il gorgo di attrazione/repulsione rappresentato da Mackey), alla mediazione pseudo pacificatrice tra capataz del malaffare al di qua e al di la' dei confini col Messico, con ingannevole quanto sanguinoso incastro a base di doppi e tripli giochi ai danni di questo o di quello o di entrambi. Tutto all'insegna di una dedizione cieca alla conservazione dell'immagine idealizzata dell'"armonia domestica allargata" (famiglia più branco). Tutto in favore di una disponibilità totale al lavoro, allo stesso tempo guardinga e interessata (Mackey si accolla sovente indagini altrui, non necessariamente collegate al caso di cui si sta occupando. Ad ogni perplessità, ad ogni accenno di rimostranza, ad ogni esitazione, sempre la stessa frase: "E' tutto a posto. Ci penso io. Non ti preoccupare").

Vita e morte, amore e odio, intransigenza e pietà, scivolano così sulla pelle dello "sporco" detective come i fili d'erba appena tagliati dai praticelli stolidamente verdi delle mono familiari suburbane o da quelli anemici delle più sordide topaie, queste e quelle tutte ugualmente in fila, tutte ugualmente con un loro indicibile orrore dentro, a cui Mackey oppone a testa alta la lama della sua hybris contorta e incomprimibile, senza scampo, senza domani. Sopravvivere ad ogni costo, esserci, qui e ora, questa la cifra ultima e la vera "legge" di un uomo profondamente e totalmente solo a cui la (ex) famiglia, "la squadra", l'azione, surroga e anestetizza la corrosione interiore del vuoto. Quando tutto finisce - l'affetto esaurito per consunzione, l'amicizia distrutta dalla morte o dall'abbandono, la spavalderia della strada castrata dal contrappasso di una burocratizzazione forzata - avanza la notte, nera e sorda, accogliente e laida, e chiama a se', ancora, questo "spirito che vuole eternamente il bene e opera eternamente il male".

"The Shield" (serie TV) - in USA, dal 2002 al 2008; in Italia dal 2004 al 2010

creato da: S. Ryan.
con: M. Chiklis, W. Goggins, D. Rees Snell, K. Johnson, C. C. Ryan.
(Hanno partecipato durante le diverse stagioni: G. Close, F. Whitaker, L. Harring, J. Diehl e tanti altri).

TFK

3 commenti:

myers82 ha detto...

bellissima analisi su uno dei personaggi più straordinari che abbiano mai inventato, protagonista di un altrettanto straordinaria serie televisiva.
The Shield mi ha inchiodato dalla prima all'ultima puntata, al finale di serie avevo le lacrime agli occhi.
LODE a tutti gli attori che son stati bravissimi, Chicklis ovviamente è il migliore e Vic rimarrà uno dei personaggi che sempre porterò nel cuore.

tfk ha detto...

In primis, grazie Mike per aver dedicato un po' del tuo tempo al detective Mackie. "Straordinario" e' davvero l'aggettivo giusto per indicare letteralmente "qualcosa fuori dall'ordinario". Qualcosa/qualcuno in grado di trascinare un intero mondo verso... cosa ? Forse e' proprio quell'estrema inquadratura di cui parlavi a suggerirlo: Vic sbircia la notte in lontananza dal suo ufficio/galera. Stanchezza, attesa, minaccia, il rinnovarsi dolciastro di un'ennesima (falsa) promessa. C'e' una discreta fetta del beffardo orrore contemporaneo, la' dentro, come negarlo ? Ma Vic rilancia. E' già li'.

tfk ha detto...

Mackey, ovviamente. Sorry.