Song'è Napule
di Manetti Bros
con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Paolo Sassanelli
Italia, 2013
genere, commedia
durata, 114'
"L'arrivo di Wang", "Paura 3D"
e ora "Song'e Napule". Dopo horror e fantascienza, è la volta del
poliziottesco. I Manetti Bros non perdono un colpo e in men che non si
dica realizzano un nuovo viaggio nel cinema di genere componendo una
storia di musica e malavita che prende spunto dal più classico dei plot.
Succede infatti che nella Napoli dei nostri giorni la polizia sia
impegnata a catturare un crudele killer della camorra. Come Keyser Söze,
"O fantasma" agisce nell'ombra senza che nessuno l'abbia mai visto in
faccia, ma la partecipazione al matrimonio della figlia di un boss della
zona fornisce l'occasione per spezzare l'incantesimo. Per realizzare il
suo piano il commissario Cammarota decide di infiltrare Paco nella band
di Lollo Love, il cantante cui toccherà il compito di ravvivare il
lieto evento. Impacciato e ingenuo, Paco è un pianista mancato entrato
in polizia non per vocazione ma per denaro. Un motivo sufficiente per
impedirgli di venire meno al suo dovere, è costringerlo a fare i conti
con la paura di non farcela.
Una trama esile, quasi scontata, se
non fosse che per i Manetti la struttura narrativa non è la prerogativa
più importante ma certamente il mezzo più efficace per mettere ordine a
un caleidoscopio di idee talmente incontenibile da risultare sempre
sull'orlo del collasso. Come una formazione di calcio prima di entrare
in campo, la stratificazione di citazioni, personaggi e modi di fare che
inerisce al mondo dei Manetti, i quali si caricano di un'ansia da
prestazione riversata sullo schermo con una gioia e un divertimento che
va sempre di pari passo con la compattezza del risultato finale. In
questo caso non si trattava solo di recuperare il tempo perduto,
riscoprendo un genere abituato ad esasperazioni fisiche e verbali, ma
c'era in gioco anche la rappresentazione di una città entrata
nell'inconscio degli italiani come utente finale di una disperazione che
porta troppo spesso a generalizzare. Come fa Paco in una delle sequenze
iniziali, quando in una sorta di retropensiero comune inchioda la
napoletanità ai suoi difetti e alle sue responsabilità. Da quel momento,
possiamo dire che il racconto dei Manetti, addentrandosi nel territorio
urbano e nel tessuto di una comunità attaccata alle sue liturgie,
funziona come un'operazione a cuore aperto, in cui la vista dell'organo
vitale, nel caso del protagonista di quell'"anima e core" che Lollo gli
rimprovera a proposito del suo modo di suonare, finisce per conquistare
il più scettico degli astanti, ivi compreso il riluttante protagonista.
Autori di un cinema mutante e contaminato, i Manetti creano un exploitation di
canzoni e personaggi in cui la musica melodica napoletana, messa in
campo attraverso il personaggio del cantante melodico Lollo Love, si
mischia con una colonna sonora che riprende i motivi di quella di
Stelvio Cipriani e di un film come "Shaft", uno dei campioni del genere
in questione.
Ed è proprio il sound con la sua miscela
eterogenea che riesce ad amalgamare la componente più drammatica che fa
capo alle indagini del commissario Cammarota e dei suoi uomini, a quella
più sentimentale e giocosa legata alle vicissitudini di Paco, alle
prese con la sua nuova vita e che a un certo punto si innamora, come
nella migliore tradizione della canzone napoletana, della bella sorella
del cantante.
Nelle maschere e nei tic di due personaggi agli
antipodi, per scelta e per natura, parliamo del commissario Cammarota e,
appunto, di Lollo Love, che il film stabilisce i confini di una
fantasia che intrattiene e fa ridere cento volte di più della media
delle commedie italiane che stanno in testa ai botteghini. Solo per
questo "Song'e Napule" sarebbe un biglietto da staccare. Ma c'è molto di
più, da vedere e da sentire.
(pubblicata su ondacinema)
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