Knock Knock
di Eli Roth
con Keanu Reeves, Lorenza Izzo, Ana de Armas
Usa, Cile, 2015
genere thriller, horror
durata 99’
Evan Webber (Keanu Reeves) è un architetto, sposato con una giovane e bella moglie, artista e
scultrice di pop art, e con due deliziosi figli. Il fine settimana, proprio durante la festa del papà,
rimane solo per portare avanti un lavoro urgente, mentre la famiglia si trasferisce alla casa al mare
per trascorrere una breve vacanza. Ma durante la prima notte, sotto una pioggia scrosciante, si
presentano davanti alla porta due ragazze che apparentemente si sono perse e cercano aiuto.
Eli Roth lasciata la foresta amazzonica di “The Green Inferno” si cimenta in un thriller con venature
horror mettendo in scena l’errore di un uomo preso in un momento di debolezza e che paga molto
caro. Ben presto le due ragazze si rivelano delle psicopatiche che, dopo averlo provocato in tutti i
modi, lo coinvolgono in una notte di sesso sfrenato a tre per poi ricattarlo e perseguitarlo in ogni
modo, rendendolo oggetto di un gioco al massacro che lo porterà alla distruzione della sua bella
vita ordinata e borghese. Siamo lontani dal torture porn dei due “Hostel” e anche dalla sequenze
cruenti dei cannibali del film precedente ed Eli Roth cerca di giocare sulla tensione e la suspense,
dove la casa diventa il campo di battaglia. Certo, il regista americano sembra dirci che non c’è
molta differenza tra i sobborghi ricchi di Hollywood e la foresta amazzonica: infatti “Knock Knock”
inizia con la stessa sequenza aerea e al posto del verde della foresta fino ad arrivare al campo di
lavoro, qui attraversiamo le verdi colline californiane, le ordinate strade con i villini tutti uguali fino
ad arrivare nella casa, nei suoi corridoi, nelle stanze, come a delineare in modo inequivocabile, da
una parte, lo spazio geografico dell’azione e, dall’altro, ribadire che l’orrore e il pericolo (sia se
siamo in un luogo sperduto e selvaggio oppure in un quartiere ricco ed elegante del mondo
occidentale) si nasconde ovunque e può essere rappresentato anche da due ragazze solo in
apparenza indifese.
Il secondo elemento che fanno di “Knock Knock” l’altra faccia di “The Green Inferno” è la presenza
di Lorenza Izzo nella parte qui di Genesis, una delle due psicopatiche, ribaltando completamente il
personaggio che interpretava nel film precedente di giovane ragazza idealista sopravvissuta al
massacro da parte della tribù cannibale del gruppo di studenti protestatari (e molto sprovveduti).
Se lì la Izzo lottava contro le multinazionali e il selvaggio disboscamento della foresta per
sfruttarne le materie prime, qui si trasforma in una erinni giustizialista contro lo strapotere del
maschio. E la giovane attrice (moglie del regista) riesce a rendere credibile il personaggio e tiene
testa al ben più esperto Keanu Reeves. È la prima volta che Roth utilizza una star nei suoi film e per
la verità Reeves ci è sembrato troppo ripetitivo nelle espressioni facciali e un po’ bloccato per un
ruolo che forse non era nelle sue corde (ma del resto è anche tra i produttori del film).
Anche il tema dell’impossibilità della resistenza alla tentazione da parte di qualsiasi uomo, persino
per uno fin troppo probo e onesto come Evan Webber (che a volte sembra inverosimile per
quanto è perfetto) ai richiami delle sirene del sesso, è un po’ debole e alla fine anche leggermente
misogino. La sceneggiatura, cui ha contribuito anche Roth, si sviluppa con una certa prevedibilità (salvata dal finale che ovviamente non sveleremo) e con alcune incongruenze (nessun amico o conoscente lo chiama mai, a parte il direttore della galleria d’arte della moglie e la sua fisioterapista; oppure le due ragazze con estrema facilità hanno ragione fisicamente dell’uomo; o ancora come sono
venute in possesso di tutta una serie di informazioni su Webber e la famiglia? Tutti punti che
restano in sospeso) che non brilla per originalità e imprevedibilità. Eli Roth non è certamente un autore, ma un buon regista di genere che conosce il mestiere e forse dovrebbe concentrarsi sulla regia come organizzazione del lavoro della messa in scena e non strafare nel voler ricoprire più ruoli all’interno della produzione filmica.Ma se “Knock Knock” non è all’altezza di “The Green Inferno”, resta comunque un prodotto curato e godibile per assaporare qualche brivido.
Antonio Pettierre