Paterson
di Jim Jarmusch
con Adam Driver, Golshifteh Farahani
Usa, 2016
Genere, drammatico
Durata, 113’’
Paterson è un autista di bus nella città di Paterson, New Jersey. Ha un cane di nome Marvin e convive con la bella e giovane moglie Laura. Paterson ha un piccolo quaderno e passa il suo tempo libero a scrivere poesie. La sua vita scorre tranquilla e ripetitiva, giorno per giorno, ascoltando i dialoghi dei passeggeri, cercando di rendere felice la moglie che vorrebbe diventare una produttrice di cupcake e una musicista, portando a spasso Marvin la sera e andando al solito pub a bere la solita birra e fare quattro chiacchiere con il proprietario.
Jim Jarmusch dirige il tredicesimo film con lo stile inconfondibile che lo contraddistingue: storie di individui ai margini, minimali, che vivono all’interno di scenari solo apparentemente anonimi, ma che in realtà nascondono improvvisi scarti narrativi, episodi epifanici, in un mondo velato dal mistero della (a)normalità che si nasconde in un incontro, un episodio imprevisto, un evento (e)straniante. I personaggi maschili che lavorano di sottrazione (e Adam Driver che interpreta Paterson non fa eccezione), con lo sguardo distaccato dal mondo che li circonda e da quelli femminili vulnerabili e civettuoli, più appariscenti; la macchina da presa si muove lungo il perimetro urbano, disegnando geometrie che racchiudono il mondo dove si muovono i protagonisti in linee orizzontali e verticali.
La scelta del regista è quella di una messa in scena lineare scandita dal tempo: in sovraimpressione abbiamo l’annuncio dei giorni di una settimana (il film inizia e finisce con un lunedì); Paterson si sveglia ogni mattina alle 6:15 (eccetto un giorno alle 6:30). Il tempo diegetico è scandito da gesti ripetitivi di ogni giorno (la colazione, la camminata verso il deposito dei bus, il dialogo con il controllore, le storie raccontate dai passeggeri). La ripetizione è poi riaffermata dall’idea della moglie che vorrebbe dei figli e gli dichiara il desiderio di avere una coppia di gemelli: da quel momento, nelle giornate che vive, vedrà gemelli ovunque. Il doppio che diventa metafisico di una realtà personale. Del resto anche lui è doppio: c’è il Paterson autista e il suo gemello poeta che legge e scrive. Così come c’è Paterson uomo e Paterson città. E lui diventa maschera metonimica della collettività. Anche i versi creati appaiono in sovraimpressione, come a dire che la parola si fa vita e la vita immagine in un rispecchiamento continuo durante tutto il film.
Ma l’apparente ordinarietà, come abbiamo detto, viene interrotta da eventi straordinari. Così veniamo a saper per esempio che a Paterson ha dato i natali al poeta Williams Carlos Williams (anche qui una replica del nome) e che ha vissuto a lungo in città Allen Ginsberg. E nella settimana di Paterson accadono due imprevisti: il primo, sventa un tentativo di suicidio di un innamorato abbandonato all’interno del pub per poi scoprire che la pistola era un giocattolo; il secondo, il bus ha un guasto all’impianto elettrico che lo costringe a fermarsi per chiedere l’intervento dell’officina e tranquillizzare i passeggeri. Un doppio evento che poi è l’annuncio della piccola tragedia personale che lo colpisce sabato: dimentica sul divano il proprio quaderno di poesie e dal ritorno dalla cena e dal film con la moglie lo troverà distrutto per colpa di Marvin. La moglie durante tutta la settimana lo pregherà di fare una copia del quaderno, ma Paterson tergiversa, rimanda, e alla fine non lo farà. L’unica cosa che non ha un doppione, una replica, è proprio la poesia che va perduta, parole nell’aria. L’incontro epifanico, quasi zen, con un turista giapponese (poeta anche lui), la domenica dopo, finisce proprio con un quaderno intonso ricevuto in regalo. Le pagine bianche come opportunità di un futuro. E il lunedì successivo ha inizio una nuova settimana e, forse, una nuova vita poetica.
Siamo in un mondo di piccole certezze e di grandi vuoti che Paterson attraversa con lentezza e metodo, dove la parola pensata e scritta diventa un momento di surrealtà, di fissazione nel tempo di un mondo minimalista, episodi illusori che possono essere perduti per sempre per colpa di un cane dispettoso.
Jarmusch costruisce un altro episodio del suo mondo, senza però aggiungere nulla di veramente nuovo e lontano dai suoi capolavori (Dead Man, Ghost Dog,Broken Flowers), ma mettendo in scena un ennesimo doppio, Paterson il film come copia della filmografia in un richiamo metacinematografico della sua poesia per immagini.
Antonio Pettierre
“Omaggio a Jim Jarmusch”, Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, Sala Alda Merini a Milano rassegna dal 11 al 21 febbraio 2017.
2 commenti:
non mi ispirava particolarmente, però dev'essere carino tutto sommato...
più da salotto che non da cinema però...
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