Un re allo sbando
di Peter Brosens, Jessica Woodworth
Belgio, Olanda, Bulgaria 2017
genere, commedia, drammatico
durata, 94'
Che in termini di visibilità il Belgio debba parte della sua recente notorietà a cose (la presenza di organizzazioni europee e mondiali) e fenomeni (quello dei cosiddetti foreign fighters) non propriamente autoctone è un fatto assodato. Così come è altrettanto vero che ad alimentare la percezione di un paese sfuggevolmente astratto contribuiscono tanto il corto circuito tra la sua immagine reale e quella mediatica quanto la presenza di un’istituzione monarchica che oggi più di allora appare inadeguata a risolvere i problemi delle comunità statuali. A questo tipo di sensazioni sembrano attingere i registi (Peter Brosens e Jessica Woodworth) di “Un re allo sbando” nel dare vita alla vicenda del loro piccolo film, basato sulla vicissitudini del re del Belgio e della sua striminzita corte, impegnati nel viaggio che dalla Turchia li deve riportare in patria dove un inizio di secessione rende indispensabile la presenza di sua eminenza reale.
Considerato che i nostri per sfuggire al divieto di movimento imposto dagli effetti di una tempesta solare sono costretti ad agire in incognito ricorrendo a un' espediente di fortuna per lasciare il paese e che, nell’attraversamento della penisola balcanica, il protagonista e i suoi accoliti si ritrovano ad affrontare inconvenienti di vario genere e natura, “Un re allo sbando” si trasforma in men che non si dica in un' anabasi contemporanea nella quale anche le situazioni più ordinarie risultano naturalmente deformate: un pò per lo straordinario lignaggio della parte in causa, un pò per il contrasto tra le implicazioni politiche e filosofiche derivate dall’essere la guida morale della nazione e le pratiche di vita minuta che re Nicola III si trova ad affrontare in veste di semplice cittadino.
Riflessione surreale e tragicomica sulla responsabilità del potere e sulla solitudine che il suo esercizio comporta, “Un re allo sbando” nella messa a “nudo” della regalità del protagonista trasfigura il desiderio comune di avere istituzioni e classi governative più umane e vicine ai bisogni dei singoli. La presa di coscienza del protagonista rispetto ai problemi della vita reale più che lo specchio di una trasformazione già in atto (come apprendiamo ogni giorno dalle notizie quotidiane) è però la messinscena di un'utopia ancora lungi dal realizzarsi. In questo senso può essere letto il significato dell’immagine finale, con il re prima smarrito e ora avviato a nuove e più forti sicurezze, fatta apposta per sottolineare le caratteristiche d’eccezionalità (e quindi di difficile applicazione) di ciò a cui abbiamo appena assistito. Basato sul presupposto narrativo in base al quale ciò che vediamo sullo schermo è il “montato di un regista fittizio incaricato di girare un documentario sul re e allo stesso tempo di prestare la voce al commento fuori campo “Un re allo sbando” ha quel modo di intrattenere intelligente e ironico che lo rende divertente senza essere troppo indulgente nei confronti dello spettatore.
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