venerdì, agosto 23, 2019

IL RE LEONE


Il Re Leone
di Jon Favreau
USA, 2019
genere, animazione, drammatico, avventura
durata, 118'



Altro live action per la Disney. Stavolta si tratta del grande classico uscito nel 1995 che vede protagonista il piccolo cucciolo di leone, Simba, destinato a diventare presto un re (come recita anche una delle canzoni cantate proprio da lui all’interno del film).
La storia, che segue, appunto, la vita di Simba, dalla nascita fino all’età adulta, rimane molto fedele all’originale. Una su tutte la sequenza di apertura, durante la quale tutti gli animali accorrono a vedere per la prima volta il figlio del re Mufasa, che viene mostrato e presentato ufficialmente da Rafiki. Accompagnata dalle note di una delle più celebri canzoni del film, “Il cerchio della vita”, la sequenza è costruita in maniera identica a quella del film d’animazione. A seguire qualche piccolo cambiamento e una maggiore attenzione a dettagli accantonati dal cartone, aiutano a rendere l’opera nel complesso più che riuscita.
Le iene che fin da subito vengono mostrate in branco, quasi ad anticipare la fine della storia, ma anche la decisione di raccontare anche l’altra faccia della medaglia e non concentrarsi solamente sulla vita e sulla crescita di Simba. Il pubblico può finalmente comprendere cosa ha spinto Nala, la migliore amica (e futura moglie) di Simba, a fuggire dal branco per andare a cercare aiuto.
L’inserimento, poi, dell’elemento comico sembra essere un tratto caratteristico dei live action. Se i personaggi di Timon e Pumba, già nel film d’animazione, fanno ridere e sorridere non soltanto il piccolo Simba, ma anche il pubblico, è in questa più recente trasposizione che danno il meglio di loro, con continue battute più o meno pungenti e battibecchi esilaranti per i quali non c’è modo di rimanere impassibili. Tocco di classe è, poi, il riferimento a un altro classico Disney.
Un elemento, invece, da non sottovalutare è la totale costruzione dei personaggi attraverso la Computer Grafica. Ciò permette chiaramente di rendere il tutto più realistico e pensare di essere veramente al cospetto di animali reali, ma al contempo non si riescono a percepire totalmente le varie emozioni dei protagonisti. La gioia, la tristezza, la paura si riescono a captare solo e soltanto dalla voce ed è compito, quindi dei doppiatori, riuscire a rendere il tutto perfettamente (cosa che il doppiaggio italiano è riuscito a fare nel migliore dei modi). Nonostante ciò alcune leggere sfumature negli atteggiamenti dei personaggi, che nel cartone sono evidenti grazie anche solo al movimento di un sopracciglio, qui sono assenti e, ad esempio, la crudeltà di Scar diventa pura cattiveria, a differenza del film d’animazione dove si dimostra più falso che crudele.
Menzione speciale a due scene: il ciuffo della criniera di Simba che, dopo un viaggio interminabile, mostrato allo spettatore nei minimi particolari, arriva al babbuino Rafiki per fargli capire che il leone è ancora vivo e la ricostruzione di una delle scene più tristi dell’intera storia, la morte di Mufasa che, così come nell’originale, farà sempre scendere una lacrima ad ogni spettatore.
Veronica Ranocchi

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