Midsommar - il villaggio dei dannati
regia di Ari Aster
con Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper, Will Poulter,
USA, 2019,
genere drammatico, horror, thriller
durata 140 minuti
Non è da oggi che il cinema indie – e non solo, si pensi a certo cinema del nord Europa o a un come – si è preso la briga di restituire al genere horror la sua vocazione e cioè di mettere a disagio lo spettatore, portando sullo schermo le sue paure più recondite. Alla pari dei vari David Robert Mitchell e Robert Eggers, quello di Ari Aster è un cinema che mette in scena inquietudini ancestrali radicate nella natura stessa della nazione americana e nella fede indefessa nell’istituzione famigliare, spesso al centro, e non a caso, di attacchi e di critiche da parte di quel cinema non allineato che, diversamente dal modello hollywoodiano, propongono gli autori in questione. Nello specifico Midsommar – il villaggio dei dannati comincia laddove era finito Hereditary e cioè dalla disintegrazione del nucleo famigliare e dall’inversione di segno dello spazio casalingo, destinato di lì a poco a perdere le prerogative abituali per diventare – nel corso della vicenda – ricettacolo delle peggiori insidie. Un preludio importante, questo, non solo per stabilire il clima del film, immerso in un’atmosfera di dissoluzione e di perdita, ma anche per indirizzare il sottotesto della narrazione, sviluppato come estensione del desiderio di Dani (Florence Pugh), unica superstite dell’eccidio, di recuperare il tempo perduto e, dunque, di trovare il surrogato umano capace di colmare la recente perdita. In questo senso, l’idea della protagonista di seguire gioco forza il fidanzato in un viaggio studio in Svezia, soggiornando nel villaggio di cui è originario uno degli amici del ragazzo, diventa con il passare dei minuti il presupposto per riprendere il discorso interrotto, facendo dei membri della comunità il corrispettivo fraterno e amicale in grado di sostituire l’esemplare mancante.

Carlo Cerofolini
(pubblicata su taxidrivers.it)
3 commenti:
cinema non allineato che, diversamente dal modello hollywoodiano
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