Corpus Christi
di Jan Komasa
con Bartosz Bielenia,
Aleksandra Konieczna, Eliza Rycembel
Polonia, Francia, 2019
genere: drammatico
durata: 116’
Candidato ai premi Oscar
2020 come miglior film internazionale, “Corpus Christi” è un film polacco del
regista Jan Komasa.
Il protagonista è un
ventenne, Daniel, che sta scontando la sua pena in un centro di detenzione.
Vorrebbe farsi prete, ma questa possibilità gli è preclusa a causa della sua fedina
penale. Ad un certo punto, però, grazie ad un permesso lavorativo, in qualità
di falegname, viene inviato in un paese lontano dal riformatorio nel quale aveva
vissuto. Qui, per una serie di equivoci e malintesi, invece di essere assunto
come falegname, viene scambiato per un sacerdote. Lui non fa niente per
smentire questa credenza e si ritrova a professare in questa piccola parrocchia,
sostituendo temporaneamente l’anziano parroco del luogo.
Nonostante la trama,
abbastanza semplice e lineare, non si può assolutamente affermare che si tratti
di un film semplice, anzi. Fin dall’inizio e fin dalla costruzione del personaggio
protagonista si comprende bene la dualità della storia e di ciò che essa vuole rappresentare.
Ispirato ad un fatto
realmente accaduto in Polonia, dove una persona si è veramente spacciata per un
sacerdote pur non essendolo, il film vuole andare oltre e non si limita a
mostrare il fatto in sé. Attraverso il personaggio di Daniel, le sue scelte (non
sempre ortodosse) e le sue “prediche”, per certi versi fuori dal comune, il giovane
regista vuole far riflettere su più aspetti e sul dualismo tra giustizia ed
ingiustizia.
Daniel sta cercando di
dare una svolta alla propria vita, ma più di tanto non riesce e non può a causa
della sua fedina penale. Quindi è giusto dargli una seconda possibilità, seppur
con l’inganno oppure no? Fino al momento in cui decide di rimanere stabilmente
in quella comunità, Daniel è sempre stato sfuggevole e ha sempre viaggiato
molto, senza mai fermarsi in un luogo per più tempo e per riflettere. Quando,
però, decide di stabilirsi nella nuova comunità che lo accetta, anche se in
maniera scettica, inizia ad interessarsi a tutto quello che succede e cerca anche
di rendersi utile in qualche modo, riportando a galla un evento che ha
caratterizzato il luogo, turbato le persone portandole a propendere sempre
verso un sentimento di odio e diffidenza. Si tratta di un incidente in cui
hanno perso la vita sette ragazzi. E la domanda che tutta la comunità si pone è
se sia giusto seppellire tutti i ragazzi nello stesso luogo, comprendendo sia
le vittime che quello che viene etichettato come il responsabile. Daniel,
attraverso questo fatto, cerca di prendere in mano la sua vita, compiendo delle
decisioni che non sempre raggiungono il favore delle persone. Ricerca in
qualche modo una giustizia a lui da sempre negata, nonostante l’ostilità di
buona parte della popolazione.
A condire il tutto un’interpretazione
più che autentica da parte di Bartosz Bielenia, interprete del protagonista,
che, fin dai primi istanti, dà prova di saper gestire in maniera efficace il
dualismo che percorre da sempre la vita di Daniel.
Un film forte, che non si
nasconde dietro a un dito, ma che, in conclusione, sembra non arrivare a
colpire direttamente lo spettatore (al di là della crudeltà di alcune scene e
immagini).
Veronica Ranocchi
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