lunedì, novembre 09, 2020

CORPUS CHRISTI

Corpus Christi

di Jan Komasa

con Bartosz Bielenia, Aleksandra Konieczna, Eliza Rycembel

Polonia, Francia, 2019

genere: drammatico

durata: 116’

Candidato ai premi Oscar 2020 come miglior film internazionale, “Corpus Christi” è un film polacco del regista Jan Komasa.

Il protagonista è un ventenne, Daniel, che sta scontando la sua pena in un centro di detenzione. Vorrebbe farsi prete, ma questa possibilità gli è preclusa a causa della sua fedina penale. Ad un certo punto, però, grazie ad un permesso lavorativo, in qualità di falegname, viene inviato in un paese lontano dal riformatorio nel quale aveva vissuto. Qui, per una serie di equivoci e malintesi, invece di essere assunto come falegname, viene scambiato per un sacerdote. Lui non fa niente per smentire questa credenza e si ritrova a professare in questa piccola parrocchia, sostituendo temporaneamente l’anziano parroco del luogo.

Nonostante la trama, abbastanza semplice e lineare, non si può assolutamente affermare che si tratti di un film semplice, anzi. Fin dall’inizio e fin dalla costruzione del personaggio protagonista si comprende bene la dualità della storia e di ciò che essa vuole rappresentare.

Ispirato ad un fatto realmente accaduto in Polonia, dove una persona si è veramente spacciata per un sacerdote pur non essendolo, il film vuole andare oltre e non si limita a mostrare il fatto in sé. Attraverso il personaggio di Daniel, le sue scelte (non sempre ortodosse) e le sue “prediche”, per certi versi fuori dal comune, il giovane regista vuole far riflettere su più aspetti e sul dualismo tra giustizia ed ingiustizia.

Daniel sta cercando di dare una svolta alla propria vita, ma più di tanto non riesce e non può a causa della sua fedina penale. Quindi è giusto dargli una seconda possibilità, seppur con l’inganno oppure no? Fino al momento in cui decide di rimanere stabilmente in quella comunità, Daniel è sempre stato sfuggevole e ha sempre viaggiato molto, senza mai fermarsi in un luogo per più tempo e per riflettere. Quando, però, decide di stabilirsi nella nuova comunità che lo accetta, anche se in maniera scettica, inizia ad interessarsi a tutto quello che succede e cerca anche di rendersi utile in qualche modo, riportando a galla un evento che ha caratterizzato il luogo, turbato le persone portandole a propendere sempre verso un sentimento di odio e diffidenza. Si tratta di un incidente in cui hanno perso la vita sette ragazzi. E la domanda che tutta la comunità si pone è se sia giusto seppellire tutti i ragazzi nello stesso luogo, comprendendo sia le vittime che quello che viene etichettato come il responsabile. Daniel, attraverso questo fatto, cerca di prendere in mano la sua vita, compiendo delle decisioni che non sempre raggiungono il favore delle persone. Ricerca in qualche modo una giustizia a lui da sempre negata, nonostante l’ostilità di buona parte della popolazione.

A condire il tutto un’interpretazione più che autentica da parte di Bartosz Bielenia, interprete del protagonista, che, fin dai primi istanti, dà prova di saper gestire in maniera efficace il dualismo che percorre da sempre la vita di Daniel.

Un film forte, che non si nasconde dietro a un dito, ma che, in conclusione, sembra non arrivare a colpire direttamente lo spettatore (al di là della crudeltà di alcune scene e immagini).


Veronica Ranocchi

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