La vita davanti a sé
di Edoardo Ponti
con Sophia Loren,
Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri
Italia, 2020
genere: drammatico
durata: 105’
Un ritorno sugli schermi
(seppur non cinematografici, considerando l’attuale situazione) per una Sophia
Loren che rappresenta, come sempre una certezza.
“La vita davanti a sé” di
Edoardo Ponti è l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Romain
Gary. Era già stato portato sullo schermo, ottenendo anche grandi
riconoscimenti come l’Oscar la miglior film straniero, da Moshé Mizrahi nel
1977.
Quello di Ponti è un
riadattamento che, nel complesso, dà vita ad un film godibile, ben fatto, con
interpretazioni convincenti (quella della Loren su tutte), ma che non riesce ad
andare oltre o a dare quel quid in più allo spettatore.
A Bari Madame Rosa è un’anziana
donna che, dopo essere sopravvissuta all’Olocausto, ha deciso di ospitare in
casa propria i figli di prostitute. Su suggerimento del suo fidato medico, Rosa
decide di ospitare anche Momo, un bambino di origini senegalesi con il quale,
fin da subito, si instaura un rapporto conflittuale. Tra i due ci sono troppe
differenze: l’età, la religione, l’etnia e il modo di vivere. Momo, infatti,
non intende seguire le regole e vivere come un bambino qualunque, ma si ritrova
ben presto a lavorare per uno spacciatore.
Col passare del tempo,
però, tra Momo e Madame Rosa tutto comincia a cambiare e i due iniziano ad
instaurare un rapporto di reciproco rispetto e affetto. Complice la malattia di
Rosa che alterna momenti di lucidità a momenti di smarrimento, il legame con
Momo si fa ancora più intenso, tanto da portarlo a prendere delle decisioni importanti
perché consapevole che quello che gli ha insegnato la donna, seppur in poco
tempo, non lo aveva imparato da nessuno.
A differenza del romanzo
e del film del 1977 quella che viene delineata da Ponti non è più una storia di
formazione che parte da Momo e si sviluppa intorno alla sua figura, guardando
il mondo dal suo punto di vista. Quello che vediamo in “La vita davanti a sé” è
la nascita di un rapporto indissolubile tra due persone che, seppur distanti
sotto tutti i punti di vista, riescono ad incontrarsi e a fare affidamento l’una
sull’altra. Un legame, però, che in parte risulta difficile per lo spettatore
date le troppe divergenze tra i due. Il fatto, per esempio, che Momo inizi ad
instaurare un legame affettivo così forte con Madame Rosa dopo un tempo
relativamente breve fa, per certi versi, storcere il naso perché sicuramente
avrebbe avuto bisogno di più tempo per essere più vicino al reale. E anche l’età
troppo avanzata della donna non aiuta nell’immedesimazione della nascita di un
rapporto del genere, che sarebbe stato sicuramente più comprensibile e più plausibile,
come nell’originale, se la donna avesse avuto l’età di un’ipotetica madre.
Niente da dire sulle interpretazioni,
sempre molto convincenti e vicine al reale. Il piccolo Momo cerca di mescolare
i vari aspetti del suo carattere in maniera efficace e quindi si alternano
momenti in cui appare come il duro e irremovibile ragazzino ribelle e momenti
in cui viene fuori la sua tenerezza e il suo buon cuore. Il tutto condito da
qualche battuta sarcastica e qualche parola di troppo. La figura di Madame
Rosa, dal canto suo, nonostante l’età più avanzata rispetto all’originale, è il
vero fulcro della vicenda, potendo contare su un’attrice del calibro di Sophia
Loren, in grado di reggere l’intero film sulle proprie spalle.
Per certi versi, forse,
un po’ troppo frettolosa come opera in generale. Sono tanti gli input che il
film lancia e diverse le tematiche, ma si ha la sensazione che nessuna venga
approfondita a dovere o comunque come meriterebbe. Ed è un peccato perché gli
argomenti sono tutti incastrati in maniera corretta.
Nel complesso comunque si
tratta di un film ben costruito e godibile, ma dal quale ci si sarebbe potuti
aspettare di più.
Veronica Ranocchi
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