The Palace
di Roman Polanski
con Oliver Masucci, Luca
Barbareschi, Mickey Rourke
Svizzera, Italia,
Polonia, Francia, 2023
genere: commedia
durata: 100’
Un hotel di lusso per
celebrare nel migliore dei modi l’arrivo del nuovo millennio con personaggi che
definire stravaganti è dire poco. Questa la premessa del nuovo film di Roman
Polanski “The Palace”, già presentato a Venezia, fuori concorso.
Tante personalità di
rilievo del cinema, dell’aristocrazia, del mondo dello spettacolo e della
politica si incontrano (e scontrano) all’interno di questo enorme edificio
posto apparentemente nel nulla e circondato solo e soltanto da neve.
Tutto ha inizio con il
manager dell’hotel Hansueli, punto di riferimento per tutti coloro che lavorano
e alloggiano nella struttura, che impartisce le ultime dritte e gli ultimi
comandi ai suoi sottoposti poco prima che inizi la giornata (e la notte) più
importante, e lunga, dell’anno. Tutto deve essere perfetto, tutto deve essere
al meglio e tutto deve soddisfare i clienti. Ma ovviamente, come nella migliore
delle tradizioni, non tutto andrà come previsto. E lo si capisce subito, non
importa aspettare la direzione che prenderà il film. Si possono prendere, come
esempio, gli “sberleffi” che i cuochi fanno non appena il manager e il cuoco
sono lontani dalla cucina.
Tutto è portato al limite
dell’assurdo e del paradossale: dai personaggi, esageratamente macchiettistici
e stereotipati, alle assurde gag già viste.
Un film che, se si pensa
al grande nome dietro la macchina da presa, fa quasi storcere il naso, ma che ha,
indubbiamente e a prescindere da tutto, qualcosa da dire.
I personaggi, forse
troppi, affollano l’hotel e il film, creando un effetto quasi dispersivo. Volutamente
non troppo definiti, incompleti e a tratti sovrapposti tra loro, contribuiscono
a rendere vero e autentico il caos tipico del Capodanno, quel Capodanno vissuto
dallo stesso Polanski proprio in un hotel del genere e che, da più di 20 anni
si è instillato nella sua mente pronto a venire fuori sotto forma di film.
Se gli unici personaggi
che quantomeno provano a mantenere un po’ di dignità sono camerieri,
inservienti e personale di servizio in generale, gli ospiti sono a metà strada
tra bambini all’asilo e animali allo zoo. Basti pensare a tutta la serie di
accadimenti che si susseguono per non fermare mai il ritmo costante e crescente
della commedia.
Che l’intento di Polanski
fosse (anche) quello di omaggiare i cinepanettoni vanziniani? Possibile, vista
la struttura del film, ma è difficile pensare che lo scopo finale fosse
soltanto questo. Anche perché di omaggi e riferimenti il film è pieno. Tra
quelli più evidenti a quelli più nascosti Polanski non si tira indietro all’idea
prima di tutto di divertirsi e far divertire e, poi, di presentare sullo
schermo un mix di tanti titoli, più o meno noti. Dalle gemelline che arrivano
in un hotel e che richiamano, nonostante la commedia, lo spaventoso capolavoro
di Kubrick, alla dipartita improvvisa di uno degli ospiti che si trasforma
nella perfetta occasione per mettere in scena alcuni dei più riusciti momenti
dell’esilarante “Weekend col morto”. Insomma i richiami non mancano, nemmeno
nei personaggi stessi, da un Barbareschi a metà strada tra il Christian De Sica
dei cinepanettoni e Rocco Siffredi, a un Mickey Rourke che, estremizzato in
tutto e per tutto, lotta contro chiunque, sfidando il millenium bug.
Ma la genialità del
regista sta anche nel riuscire a inserire e bilanciare con la commedia fatti
realmente accaduti. Ed ecco comparire sullo schermo di una tv la figura di Vladimir
Putin, realmente salito al governo a cavallo del nuovo millennio, che, se
inizialmente crea un minimo interesse da parte dei magnati russi in vacanza,
viene, poi, immediatamente dimenticato, passando in secondo piano. E a far
sorridere è il “legame” tra il suo discorso, che fa intendere privazioni di
libertà e diritti, e la dissolutezza portata avanti dai giovani che lo stanno
vedendo in tv che decidono di divertirsi, tra alcool e belle donne.
Il “The Palace” di Roman
Polanski, dunque, regala leggerezza e divertimento in modo forse troppo “semplicistico”
riuscendo quasi a far dimenticare per un’ora e mezzo che il regista dietro la
macchina da presa è un premio Oscar.
L’omaggio, però, ai cinepanettoni italiani, e a uno scanzonato e sano divertimento, non solo per chi guarda, ma anche per chi crea l’opera, se questo era l’intento, è riuscito.
Veronica Ranocchi
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