martedì, settembre 26, 2023

ASSASSINIO A VENEZIA

Assassinio a Venezia

di Kenneth Branagh

con Kenneth Branagh, Kelly Reilly, Michelle Yeoh

USA, 2023

genere: giallo, thriller

durata: 103’

Le atmosfere più cupe, scure, a tratti orrorifiche del nuovo capitolo dell’Hercule Poirot di Kenneth Branagh non spengono l’entusiasmo per l’ennesimo riuscito giallo alla Agatha Christie.

Il regista inglese torna a dirigere e impersonare il celebre detective, ma stavolta lo fa in terra italiana, più precisamente a Venezia.

Poirot, “sorvegliato” continuamente da una guardia del corpo da lui stesso assoldata (un Riccardo Scamarcio che cerca di mimetizzarsi accanto agli attori internazionali), si vede costretto a interrompere la sua quotidiana routine per seguire un caso suggeritogli da una sua vecchia amica e scrittrice di gialli, alla ricerca di nuovi spunti per i suoi romanzi. Il detective partecipa, quindi, a una festa di Halloween al palazzo dell’ex cantante lirica Rowena Drake. La festa viene, però, scombussolata da un’infermiera medium che cerca di mettere in contatto Rowena con la figlia defunta precedentemente. A Poirot lo spettacolo non va a genio e lo smaschera subito salvo poi scoprire l’assassinio della medium stessa e trovarsi costretto a indagare su questo, sul delitto che ruota attorno alla figlia di Rowena, apparentemente morta suicida, e a molto altro ancora.

Come anche nei precedenti capitoli, la storia, più che efficace, creata dalla penna di Agatha Christie, si va a fondere perfettamente con la struttura del film. Branagh, anche in questo caso, riesce a conferire la giusta dose di mistero ed enigma. Continua a non essere tutto chiaro e semplice fin dall’inizio, anzi anche noi procediamo per deduzioni insieme al detective. Quasi preso alla sprovvista dalle strane reazioni che il suo corpo ha, Poirot sembra perso e appare, inizialmente, quasi come sconfitto e sopraffatto dal susseguirsi degli eventi. Vorrebbe agire in un certo modo, ma il suo corpo sembra opporsi e andare sempre nella direzione opposta.

Geniali, e in pieno stile con il personaggio, alcune trovate, come quella di dare un background autentico a tutti i personaggi, ma soprattutto quella di contrapporre all’oggettività delle indagini e delle soluzioni (corredate da prove concrete) la religione e tutto il “mistero” che essa porta con sé da secoli. Una “differenza” resa in maniera evidente dalla seduta della medium che cerca di far credere di poter davvero contattare le persone defunte, ma che viene frenata dall’astuzia e dall’intelligenza del detective. Quello che il personaggio di Joyce Reynolds, la medium, sembra affermare è che il soprannaturale esiste e, “strizzando l’occhio” a Poirot che non sempre per risolvere un caso ci si deve affidare a delle indagini, delle supposizioni e delle prove concrete.

Il rapporto tra concreto e astratto fa, quindi, comunque un po’ da fil rouge per l’intera vicenda, tornando prepotentemente alla ribalta nel momento in cui Poirot cerca la soluzione, “combattendo” con ciò che vede, sente e prova.

Una soluzione quella a cui ci conduce il detective che, rispetto ai precedenti capitoli, sembra fare più fatica a emergere anche a causa dei variegati personaggi coinvolti. Come nei più classici gialli, tutti hanno sempre qualcosa da nascondere e qui, ancora più che negli altri due capitoli, non siamo in grado di fidarci di nessuno. Come il protagonista, anche noi, fin dall’inizio, oltre a tentare di risolvere il caso, cerchiamo di individuare quella persona sulla quale poter contare e della quale fidarci. Persona assente in questo terzo capitolo nel quale il riferimento unico sembra essere Poirot.

Infine ad alimentare un giallo che altrimenti avrebbe avuto troppi richiami e similitudini con tanti altri ci pensano alcuni momenti più “spaventosi” che, mescolati a un sapiente uso di luci e ombre, creano la giusta atmosfera per un’indagine.

Perché Halloween e delitto vanno spesso a braccetto sul grande schermo. E Branagh prova a sfruttare proprio questa perfetta equazione.


Veronica Ranocchi

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