Comandante
di Edoardo De Angelis
con Pierfrancesco Favino,
Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh
Italia, 2023
genere: storico, drammatico
durata: 155’
Non sappiamo quali siano
le logiche che presiedono alla scelta del titolo destinato ad aprire la Mostra
d’arte cinematografica di Venezia. Giova però ricordare che
"Comandante" di Edoardo de Angelis ha ricevuto l’incarico solo in
seconda battuta, a causa del ritiro del nuovo film di Luca Guadagnino, tolto
dal programma a seguito dello sciopero indetto dagli attori e sceneggiatori
hollywoodiani. Certo è che passare da una storia di sport e seduzione
incentrata sul triangolo amoroso di tre tennisti americani ("Challengers")
alla Seconda guerra mondiale raccontata attraverso le vicende (realmente
accadute) del comandante di un sottomarino italiano disposto a rischiare la
vita per salvare i marinai di una nave nemica, è uno scarto molto evidente.
Pur consapevoli di
argomentare con una ragione caduca a causa della mancata visione del film di
Guadagnino, non c’è dubbio che quello di De Angelis pur collocato nel passato -
ovvero nell’Italia in guerra del 1940 - non fa niente per eludere la complessità
più spinosa del mondo contemporaneo, prendendola di petto con una vicenda che,
pur calata nel proprio tempo, sembra rileggere per filo e per segno alcuni dei
passaggi più discussi e controversi della nostra epoca con sguardo responsabile
delle proprie posizioni.
A cominciare da quella di
fare del comandante del sommergibile Cappellini, Salvatore Todaro, un uomo del
proprio tempo (e non una figurina), per nulla avulso dalle problematicità di
conciliare le convinzioni patriottiche del regime fascista con uno sguardo
pietoso sulle vicende umane, convinto com’è di condividerne il comune destino.
Un atteggiamento, questo, che De Angelis fa suo attraverso una regia che in
certi passaggi si carica volutamente di retorica (soprattutto nella prima
parte) per rendere al meglio lo spirito del personaggio ma anche quello del suo
periodo, entrambi presenti nell’enfasi e nelle estetiche di sequenze che in
certi tratti sembrano voler ricalcare i documentari dell’Istituto Luce.
Se l’attualità del tema
bellico è più che evidente nei richiami a quanto sta succedendo in territorio
ucraino, offrendo materia di dibattito anche politico che siamo sicuri almeno
in Italia non si mancherà di analizzare, non sfugge allo spettatore l’analogia
tra la decisione del protagonista di salvare i naufraghi della nave appena
affondata - anche a costo di compromettere la missione e la vita dell’intero
equipaggio - e le polemiche sull’applicazione dei protocolli relativi agli
sbarchi dei migranti sulle coste italiane. Senza far perdere ritmo a una
narrazione capace - come vuole il genere - di conferire alla storia tensione e
pathos, regalandoci scene d’azione necessarie ma soprattutto esenti dalle
esagerazioni del cinema americano, De Angelis affonda la macchina da presa nel
centro della questione, affidando agli occhi e al cuore del suo antieroe il
compito di fare luce sulla nebbia della guerra, indicandoci la strada per
uscirne.
Nella sua adesione alla
realtà "Comandante" non si dimentica della forma cinematografica,
organizzando il racconto per immagini in due differenti movimenti che,
sovrapponendosi al racconto dei fatti, li rileggono secondo una prospettiva
interna alla coscienza dei personaggi (un flusso segnalato dall’inserimento di
frammenti subliminali), considerati sia dal punto di vista del protagonista,
sia da quello di alcuni membri dell’equipaggio. Così è la prima parte
(disumana), notturna e fantasmatica come deve essere per raccontare di una
possessione collettiva, quella che converte la paura della guerra in istinto
omicida e gli uomini in diavoli (cosi sembrano volerci trasmettere la mise e le
espressioni di Favino), con gli abissi del mare equiparati a quelli dell’anima;
cosi è la seconda (umana), solare e tangibile, deputata a portare in superficie
l’umanità perduta. Valga per tutti la scena in cui il comandante e i suoi
commilitoni si preoccupano di preparare il pranzo per i loro ospiti in un clima
da commedia che segna lo scarto con i cupi presagi dei precedenti convivi.
In un quadro del genere,
la sfida di Pierfrancesco Favino non era solo quella di dare credibilità alla
complessità del suo personaggio ma di farlo senza alterare gli equilibri tra la
sua centralità e l’importanza della storia. Chiamato a mettere in scena un uomo
e la sua attitudine al comando Pierfrancesco Favino riesce ad essere nello
stesso tempo un padre padrone carnale e spirituale, conferendo al suo alter ego
il carisma necessario a farne il faro della storia. Insomma,
"Comandante" di Edoardo de Angelis è di buon auspicio per la qualità
della Mostra e dell’intera compagine italiana.
Carlo Cerofolini
(recensione pubblicata su ondacinema.it)
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