Presentato in anteprima mondiale al 76° Festival di Cannes, scelto per la sezione Crazies del Torino Film Festival 2023 e vincitore di 5 premi César, tra cui Miglior Colonna Sonora per Andrea Laszlo De Simone e Migliori effetti speciali, THE ANIMAL KINGDOM di Thomas Cailley arriverà nei cinema italiani dal 13 giugno distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection. Del film abbiamo conversato con Thomas Cailley.
Le tue storie si svolgono
sempre all’interno di un’esistenza minacciata da sconvolgimenti apocalittici.
Così succedeva in The Fighter – Addestramento di vita, così accade – anche se
più in termini esistenziali che materiali – in The Animal Kingdom.
Diciamo che ho sempre
voluto rimanere ancorato alla nostra realtà sociale e territoriale in maniera
realistica e contemporanea ma in questo caso è andata in maniera un poco
diversa. È vero che in The Figthers c’era stata questa svolta apocalittica in
cui si parlava della fine del mondo. Qui invece la storia si focalizza sulla
mutazione di esseri umani che si ibridano con gli animali. Una svolta che è la
conseguenza del mio interesse peri i legami che ci uniscono come famiglia,
società e ambiente.
Considerando l’insieme
dei tuoi film come un’unica narrazione mi sembra che The Animal Kingdoom
rappresenti un passo in avanti nel tuo percorso poetico e narrativo. In The
Fighters c’era l’origine della catastrofe mentre qui si racconta come gli
esseri umani sono capaci di adattarsi alle conseguenze di questo
sconvolgimento.
Mi piace molto questa
interpretazione perché da subito mentre scrivevo The Animal Kingdom ho avuto
l’impressione di aver iniziato laddove era finito The Fighters.
Il tuo cinema lavora sui
codici mainstream in maniera molto personale. La prima scena ne è un esempio.
Il contesto è classico, con la minaccia che si manifesta nel bel mezzo di un
ingorgo metropolitano. A fare la differenza rispetto ai film americani è il
ribaltamento di prospettiva, con il pericolo che si rivela non essere tale per
i protagonisti.
In realtà avevo proprio
voglia di fare questo film con l’inizio che hai appena descritto creando però
fin da subito una deviazione. Volevo entrare in una storia classica navigando
in altre acque, più profonde, più misteriose, evitando di iniziare nel solito
modo. Miravo a entrare direttamente in argomento per poi, poi mano a mano,
arrivare a una storia più complessa, anche più intimista. La scrittura e anche
lo stile del film cambiano man mano che la storia va avanti. Come accade agli
esseri umani della mia storia anche il film è destinato a trasformarsi.
Anche il rapporto tra i
personaggi di Romain Duris e Adele Exarchopulos è in controtendenza. Nei film
americani il loro rapporto avrebbe avuto degli sviluppi sentimentali, in The
Animal Kingdom no. Anche qui il tuo film va alla ricerca di qualcosa di più
profondo per quanto riguarda i rapporti umani.
Sarebbe stato davvero un
gran peccato se il film avesse permesso questo tipo di relazione sentimentale
perché avremo perso quello che per me era importante e cioè la ricerca
ossessiva della moglie da parte del personaggio di Romain nonostante
quest’ultima abbia già subito la mutazione. E poi c’è Adele che entra nella
storia con questa sua grande voglia di aiutare. Il romance poteva esserci, ma
non c’è stato altrimenti perché non mi interessavano gli schemi classici.
Volevo privilegiare la ricerca esistenziale e non una storia d’amore.
A differenza del tuo primo film, caratterizzato anche da toni surreali e da una fotografia iperreale, The Animal Kingdom ha una matrice molto più realistica anche nella natura delle immagini.
Diciamo che la ricerca è
quello di un equilibrio. In The Fighters c’era più commedia e un assurdo che
arriva quasi a toni burleschi, mentre in The Animal Kingdom l’ipotesi è quella
di una fiction in cui io chiedo agli spettatori di credere a qualcosa di
assolutamente improbabile e quindi a una sorta di deep realismo dove il
fantastico convive con un approccio molto concreto.
Il realismo è rigoroso.
Se il regno animale è quello della notte, soprattutto nella seconda parte, il
film è immerso in un’oscurità in cui è difficile percepire le figure dei
protagonisti.
Diciamo che nel film
vediamo la visione che ha Emile, il figlio adolescente del personaggio
interpretato da Romain. Le immagini testimoniano il suo sprofondare in un mondo
ignoto e misterioso dove avanza un po’ alla cieca. Nel film lo si avverte con
l’avanzare della storia quando le brume e la nebbia diventano sempre più
presenti. Più le creature sono presenti e più è difficile percepirle e vederle.
È come se gli occhi dovessero abituarsi a cercarle in mezzo a buio e oscurità.
Dal punto di vista visivo
mantieni intatto il mistero nascondendo allo spettatore il più possibile della
mutazione. Ne vediamo gli effetti, non il suo farsi.
Effettivamente le
creature non sono mai in primo piano nel senso della mutazione. Se questo
esiste è qualcosa di più intimo e sensoriale e più si va avanti nel film e più
la presenza delle creature genera meraviglia. Quindi lo sforzo non era quello
di far vedere le creature ma di cambiare lo sguardo dello spettatore su di
esse, arrivando fino all’empatia.
Carlo Cerofolini
(già pubblicata su Taxidrivers.it)
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