Alla ricerca del tempo perduto, dopo la deludente trasferta americana, ed in cerca di riscatto per lo scarso interesse critico verso il pur buono Dear Wendy, Tomas Vinterberg torna sui terreni che gli sono più congeniali e riformula - in chiave tragicomica ed alla luce della rottura artistica ed umana con il proprio padre putativo (Lars Von Trier) - la rappresentazione di un nucleo familiare in crisi di identità e costretto a confrontarsi con le responsabilità di un passato da dimenticare.
Seguendo l'esempio del famoso epigono (Festen), Riunione di famiglia prende spunto da un rendez-vous organizzato per commemorare l'anniversario della fondazione di una idillica cittadina danese e culminante nel pranzo offerto in onore del suo cittadino più famoso, il cantante lirico Karl, ospite d'onore della celebrazione, per descrivere, con un crescendo di avvenimenti e rivelazioni, talora esilaranti (valga per tutti la peripezie del cuoco new age che deve fare i conti con l'inappetente protagonista e dietro il quale non è difficile riconoscere uno sberleffo agli atteggiamenti misticheggianti ed eccentrici dell'inventore del Dogma) e a volte drammatici, la riconciliazione di un padre ed un figlio completamente ignari della rispettive esistenze.
La fragilità delle relazioni umane, rappresentata dagli altalenati cambi di umore degli amanti, e la forza di nuovi modelli familiari, con buona pace dei detrattori delle coppie di fatto e della famiglia allargata, completano la rappresentazione di un mondo che ha rinunciato alle proprie ipocrisie e si avvia ad una nuova palingenesi.
Lontano dalla spietata crudeltà del film che lo aveva rivelato ed alla larga dalle regole del Dogma, Vinterberg sceglie uno stile fortemente antinaturalistico, soprattutto nella descrizione del paesaggio, che colora di una luce calda e nostalgica, quasi un omaggio a quello italico, più volte citato nel corso delle presentazione del film, e con un uso extradiegetico della musica a sottolineare i momenti clou della storia. Operazione legittima ma che finisce per scardinare l'equilibrio di una formula che bilanciava l'eccentricità delle storie con la sobrietà dello stile.
Qui invece il film si appesantisce per mancanza di asetticità, con un sovraccarico di stile che si sovrappone alla densità del tema. Un deterioramento che si registra anche sul piano della scrittura che pare aver perso la fluidità delle origini e risulta troppo costruita, soprattutto nella prima parte, quella di preparazione alla catarsi finale, che viene meno per l’artificialità di quanto lo ha preceduto.
Un passo in avanti rispetto alle insulsaggini di 'It's All about love' ma più di uno indietro rispetto a 'Dear Wendy'.
Ci penserà Antichrist a risollevare il nome del cinema Danese?
2 commenti:
mamma mia che roba triste questo film. al di là di tutti gli sperimentalismi, e le ardite innovazioni, questo rimane un film incompiuto e piuttosto inutile. racconta una storia in se' abbastanza banale, senza spunti originali se non quello di un gruppo di attori bravi e di talento che comunque rimangono un po' abbandonati a loro stessi. (il cuoco è il protagonista di The art of negatve thinking, mai approdato in Italia e che meriterebbe diffusione.. ricordi nick?).
fotografia e scenografia davvero belle, ma tutto è teatro di un dipanarsi meccanico e vuoto di scene e narrazione.
confesso la mia incapacità di reggere a lungo queste prove autoriali che definisco "logorroiche", tanto che a 20 min dalla fine sono uscita dalla sala.
concordo con i critici di film tv che tacciano questo autore di troppo tencicismo fine a se stesso (alla Trier).
l'unico talento che rilevo in questa prova è il non riuscire a fa appassionare lo spettatore alla causa privata del protagonista.
Ciao Veri,
a dir la verità Il film è degno di abbandono di sala: io non l'ho fatto per principio ma quella era la cosa più giusta da fare, una protesta non violenta ed anche inutile ma pur sempre liberatoria nei confronti di un inutile tortura.
Non avevo riconosciuto nel cuoco lo stesso protagonista del bellissimo THE ART OF NEGATIVE THINK, recensito su queste pagine quando venne presentato al festival di TORINO:
Allora qui il dubbio è lecito: perchè quello non è stato distribuito e questo si?magari potessi chiederlo a Vieri Razzini della Teodora film, magari lui potrebbe farmi capire qualcosa che non riesco a cogliere.
A proposito della critica di film tv bisogna dire qualcosa:
VON TRIER è stato prima osannato anche perchè non farlo voleva dire essere out (sto parlando della critica ufficiale), poi dopo DANCING IN THE DARK (il film meno riuscito eppure premiato con la Palma D'oro)è iniziata la caccia alle streghe e conseguentemente il nostro è diventato il bersaglio ideale degli esperti.
Rispetto a film tv io credo che la verità stia nel mezzo: il dogma ha avuto il merito di dare uno slancio al cinema danese che infatti ha sfornato a parte VON TRIER opere come FESTEN e MIFUNE (opera misconosciuta) registi ed attori che ancor oggi al di fuori del metodo cotinuano a mostrare la lor o bravura.
Diversamente bisogna dire che Vinterberg dopo FESTEN è andato peggiorando con nessuna attenuante.
Proprio oggi ho letto dei fischi e degli sberleffi dei critici cannen si alla proiezione per la stampa di ANTICHRISTdi Vin Trier uscirà il 22..nel parleremo presto.
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