La verità è che non gli piaci abbastanza
Filo conduttore e malattia sotterranea delle più variegate espressioni artistiche novecentesche, la frammentazione dell’io caratterizza molta produzione cinematografica del nuovo millennio; e se il cinema in generale continua a lavorare dall’interno elaborando stili ed estetiche, di cui la discontinuità narrativa, le riprese frammentate, il cambiamento sistematico delle prospettive e dei punti di vista, lo spostamento del senso a favore di una logica che si fa gioco delle differenze spaziali e temporali, sono solo alcuni degli espedienti usati per riprodurre ed indagare lo spaesamento collettivo di fronte ad una realtà che ha moltiplicato in maniera esponenziale le caratteristiche di mutevolezza e di mistero, così non si può dire di quello mainstream che limitandosi ad applicare queste idee in maniera cinica ed acritica finisce per utilizzare in superficie i risultati di tanta applicazione.
E’ quello che avviene per esempio, in “La verità è che non gli piaci abbastanza”, ennesimo film per ragazze, in cui un manipolo di donne legate da motivi affettivi o di lavoro, si ritrova nella condizione di dover mettere in discussione la qualità dei rispettivi legami sentimentali.
Qui infatti la complessità di uno stato d’animo di per sé inafferrabile e la traduzione che in termini filmici ne dovrebbe derivare si mantiene lontano da qualsiasi elaborazione, trasformandosi in un moltiplicatore di personaggi standard (la bellona, la bruttina, la single e la sposata) che nella loro varietà dovrebbero corrispondere alla casistica messa in atto dalla struttura a tesi in cui il film è organizzato.
Invece che lavorare dall’interno, cercando di stabilire un punto di contatto tra l’idea di partenza e la sua formulazione, non solo a parole ma anche nei fatti, il film si perde in una serie di storie allo specchio, in cui il punto di partenza di una (la richiesta di matrimonio non accettata, un incontro con una bella sconosciuta, l’impossibilità di dare seguito al primo appuntamento) finirà per diventare il punto di arrivo dell’altra e viceversa.
Dopo un prologo iniziale, in cui il film si diverte a mischiare le carte con un inchiesta semiseria sulle origini dell’insoddisfazione amorosa, espediente molto usato dalla commedia americana degli anni 50/60, la vicenda si incammina senza guizzi verso un clima televisivo che, rivolgendosi quasi esclusivamente al pubblico femminile, punta tutto sul sentimento di condivisione per le pene d’amore sopportate dalle sfortunate ragazze e sull’inadeguatezza emotiva della compagine maschile.
Tra “Friends” e “Sex and the City”, una dichiarazione d’intenti testimoniata da un casting tutto sbilanciato a favore delle attrici, sia in termini di presenza scenica che in quello di carisma, la cui unica preoccupazione è quella di ripetere all’infinito il gioco delle parti (maschi contro femmine).
In mancanza di dialoghi accettabili e con una regia senza ritmo, la nevrosi rimane tutta nel viso emaciato di Jennifer Connelly, in quello perennemente imbronciato dell’altra Jennifer e nella solita Scarlett Johansson, che almeno se la gode e valorizza la sua fotogenia con l’immancabile accoppiamento.
mercoledì, giugno 30, 2010
La verità è che non gli piaci abbastanza
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recensioni,
ripescaggi
giovedì, giugno 24, 2010
Film in sala dal 25 giugno 2010
A proposito di Steve
(All about Steve)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Phil Traill
Alice
GENERE: Commedia, Sentimentale
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Oreste Crisostomi
City Island
(City Island)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Raymond De Felitta
Panique au village
(Panique au village)
GENERE: Animazione, Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Belgio, Francia, Lussemburgo
REGIA: Vincent Patar, Stéphane Aubier
Poliziotti Fuori
(Cop Out)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Kevin Smith
Ragazzi miei
(The Boys Are Back)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009 DATA: 25/06/2010
NAZIONALITÀ: Australia, Gran Bretagna
REGIA: Scott Hicks
The Maid
(La nana)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2009 DATA: 25/06/2010
NAZIONALITÀ: Messico, Cile
REGIA: Sebastián Silva
(All about Steve)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Phil Traill
Alice
GENERE: Commedia, Sentimentale
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Oreste Crisostomi
City Island
(City Island)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Raymond De Felitta
Panique au village
(Panique au village)
GENERE: Animazione, Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Belgio, Francia, Lussemburgo
REGIA: Vincent Patar, Stéphane Aubier
Poliziotti Fuori
(Cop Out)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Kevin Smith
Ragazzi miei
(The Boys Are Back)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009 DATA: 25/06/2010
NAZIONALITÀ: Australia, Gran Bretagna
REGIA: Scott Hicks
The Maid
(La nana)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2009 DATA: 25/06/2010
NAZIONALITÀ: Messico, Cile
REGIA: Sebastián Silva
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film in uscita 2010
domenica, giugno 20, 2010
COPIA CONFORME
COPIA CONFORME
di Abbas Kiarostami
Fraintendimenti: quello della giuria cannense, in cerca di una legittimazione che avvalori le scelte di un Palmares come al solito opinabile, e quello degli astanti, in cerca di un evento capace di giustificane l’eccezionalita’ della presenza. Patacche di una divisa sempre uguale, ma comunque capace di farsi spazio tra le righe affollate dei giornali ed i rimorsi di coscienza del lettore.
Solo il pianto di Juliette Binoche in favore del regista detenuto possono spiegare l’interesse verso un film altrimenti destinato al clamore dei salotti virtuali ed all’anonimato delle sale. In un epoca in cui il dolore e’ diventato un valore commerciale si potra’ discutere sul valore di quelle lacrime e sulla loro autenticita’ ma rimane il fatto che “Copia Conforme”, grazie al gesto della sua attrice e’ diventato il manifesto di una battaglia che non gli appartiene a cominciare dal suo regista, beniamino della critica progressista, ma in patria criticato dai colleghi per eccesso di rispetto nei confronti del regime. Un film in cui la cognizione di causa, previa mancata visione dello stesso (ne parla sopratutto chi non l’ha visto), viene sostituita da una serie di pro e contro senza sfumature, e con una visione del mondo a dir poco maniachea.Rimane il fatto che la disquisizione sulle infinite relazioni tra “Copia” ed “Originale”, oppure tra realta’ e finzione, da sempre uno degli argomenti che stanno alla base del cinema del regista iraniano, cosi’ come teorizzata attraverso le parole di presentazione del libro che da il titolo al film e che apre in maniera surreale, per il modo con cui il regista raggela sulle facce dei protagonisti i motivi di quel discorso, una specie di imprimatur che purtroppo non abbandonera’ mai il resto della storia, costringendo gli attori all’interno di una spazio piu’ terorico che reale, rimane un ipotesi non verificata perche’ incapace di tradursi in una storia. L’irrequieta gallerista e lo scanzonato uomo d’arte, con la loro incosistenza sembrano fatti apposta per soddisfare il compiacimento di chi non si deve preoccupare delle vita, ma da soli, e pur con tutta la buona volonta’ nei confronti di un non attore (una costante di Kiarostami), e di un attrice in overdose di nevrosi, non riescono a giustificare la progressione di una vicenda rimasta nella testa di chi l’ha immaginata. Tra i fondali di una Toscana da catalogo, i due personaggi danno vita ad un gioco di specchi e di tira e molla, con cambiamenti di personalita’ed inversioni di tendenza (sono una coppia oppure fanno finta di esserlo?) giustificabili solamente in un film di David Lynch, ed a cui solo la mente dello spettatore piu incline all’astrazione sapra’ dare una parvenza di logica, ma che in sostanza sono destinati a rimanere confusi ed irrisolti. La bellezza degli ambienti e quella degli attori ,cosi’ come l’idea di una forma d’arte che per essere tale deve essere necessariamente criptica, sono le uniche certezze di un opera altrimenti incomprensibile. Per questo film Juliette Binoche e' stata premiata quale migliore attrice del concorso all'ultimo edizione del Festival di Cannes.
di Abbas Kiarostami
Fraintendimenti: quello della giuria cannense, in cerca di una legittimazione che avvalori le scelte di un Palmares come al solito opinabile, e quello degli astanti, in cerca di un evento capace di giustificane l’eccezionalita’ della presenza. Patacche di una divisa sempre uguale, ma comunque capace di farsi spazio tra le righe affollate dei giornali ed i rimorsi di coscienza del lettore.
Solo il pianto di Juliette Binoche in favore del regista detenuto possono spiegare l’interesse verso un film altrimenti destinato al clamore dei salotti virtuali ed all’anonimato delle sale. In un epoca in cui il dolore e’ diventato un valore commerciale si potra’ discutere sul valore di quelle lacrime e sulla loro autenticita’ ma rimane il fatto che “Copia Conforme”, grazie al gesto della sua attrice e’ diventato il manifesto di una battaglia che non gli appartiene a cominciare dal suo regista, beniamino della critica progressista, ma in patria criticato dai colleghi per eccesso di rispetto nei confronti del regime. Un film in cui la cognizione di causa, previa mancata visione dello stesso (ne parla sopratutto chi non l’ha visto), viene sostituita da una serie di pro e contro senza sfumature, e con una visione del mondo a dir poco maniachea.Rimane il fatto che la disquisizione sulle infinite relazioni tra “Copia” ed “Originale”, oppure tra realta’ e finzione, da sempre uno degli argomenti che stanno alla base del cinema del regista iraniano, cosi’ come teorizzata attraverso le parole di presentazione del libro che da il titolo al film e che apre in maniera surreale, per il modo con cui il regista raggela sulle facce dei protagonisti i motivi di quel discorso, una specie di imprimatur che purtroppo non abbandonera’ mai il resto della storia, costringendo gli attori all’interno di una spazio piu’ terorico che reale, rimane un ipotesi non verificata perche’ incapace di tradursi in una storia. L’irrequieta gallerista e lo scanzonato uomo d’arte, con la loro incosistenza sembrano fatti apposta per soddisfare il compiacimento di chi non si deve preoccupare delle vita, ma da soli, e pur con tutta la buona volonta’ nei confronti di un non attore (una costante di Kiarostami), e di un attrice in overdose di nevrosi, non riescono a giustificare la progressione di una vicenda rimasta nella testa di chi l’ha immaginata. Tra i fondali di una Toscana da catalogo, i due personaggi danno vita ad un gioco di specchi e di tira e molla, con cambiamenti di personalita’ed inversioni di tendenza (sono una coppia oppure fanno finta di esserlo?) giustificabili solamente in un film di David Lynch, ed a cui solo la mente dello spettatore piu incline all’astrazione sapra’ dare una parvenza di logica, ma che in sostanza sono destinati a rimanere confusi ed irrisolti. La bellezza degli ambienti e quella degli attori ,cosi’ come l’idea di una forma d’arte che per essere tale deve essere necessariamente criptica, sono le uniche certezze di un opera altrimenti incomprensibile. Per questo film Juliette Binoche e' stata premiata quale migliore attrice del concorso all'ultimo edizione del Festival di Cannes.
sabato, giugno 19, 2010
FROM PARIS WITH LOVE
FROM PARIS WITH LOVE
di Pierre Morel
Gonfio: come l’espressione di John Travolta, costretto ad inventarsi una faccia senza capelli per rendere credibile il suo gergo da bullo ed i modi da cane sciolto: per interpretare Charlie Wax, una specie di arma letale al soldo del governo americano, non ha avuto bisogno di mettersi a dieta perché secondo i piani del suo produttore, Luc Besson, Mogul onnipresente del cinema francese, la sagoma debordante dell’attore doveva enfatizzare la simpatia di un personaggio che fa di tutto per accaparrarsi il favore del pubblico.
Accanto a lui, manco a farlo apposta Jonathan Rhys Meyer, viso affilato e corpo privo di spessore; nei panni di un assistente diplomatico costretto a lavorare con lo scorbutico omaccione doveva essere il protagonista principale, ed invece il copione e la prestanza, lo coriducono ad un Sancho Panza anoressico, inevitabilemente subissato dal Don Chisciotte americano, abituato più di lui a cimentarsi nel sottovuoto cinematografico del cinema d’azione.
Per questa gita fuori porta i due attori si avvalgono di un regista fatto su misura per il Tycoon francese che vuol far l’Americano, ed è disposto a clonare film per quel mercato, sfruttando un marchio di fabbrica ormai surclassato dal ciclone digitale, e per questo bisognoso di peculiarità che invece non sembrano più alla portata della premiata ditta: esaurita da tempo la vena iconografica, Besson si limita a riproporre lo stesso spettacolo, lesinando sulle psicologie e schiacciando il piede sull’accelleratore di una meraviglia che non incanta: seguendo le fila di un complotto terroristico in cui nostri la fanno da padrone, sopravvivendo ad un esercito di cattivi, Morel infarcisce la storia di situazioni inverosimili e scene da ultimo minuto, dove la battuta smargiassa dell’attore americano, e la reazione schizignosa di quello inglese, vorrrebbero essere il contraltare intelligente e spiritoso agli spot finto bellici, ed invece finiscono per aumentare la mancanza di identità di un prodotto tenuto insieme solamente dal ricordo di una professionalità guadagnata sul campo, ed ora divenuta il simulacro di un declino ben pagato.
All’esordio in una grande produzione Kasia Smutniak si rivela all’altezza della situazione: in un film del genere tale affermazione potrebbe rivelarsi controproducente per le aspirazioni internazionali dell’attrice.
di Pierre Morel
Gonfio: come l’espressione di John Travolta, costretto ad inventarsi una faccia senza capelli per rendere credibile il suo gergo da bullo ed i modi da cane sciolto: per interpretare Charlie Wax, una specie di arma letale al soldo del governo americano, non ha avuto bisogno di mettersi a dieta perché secondo i piani del suo produttore, Luc Besson, Mogul onnipresente del cinema francese, la sagoma debordante dell’attore doveva enfatizzare la simpatia di un personaggio che fa di tutto per accaparrarsi il favore del pubblico.
Accanto a lui, manco a farlo apposta Jonathan Rhys Meyer, viso affilato e corpo privo di spessore; nei panni di un assistente diplomatico costretto a lavorare con lo scorbutico omaccione doveva essere il protagonista principale, ed invece il copione e la prestanza, lo coriducono ad un Sancho Panza anoressico, inevitabilemente subissato dal Don Chisciotte americano, abituato più di lui a cimentarsi nel sottovuoto cinematografico del cinema d’azione.
Per questa gita fuori porta i due attori si avvalgono di un regista fatto su misura per il Tycoon francese che vuol far l’Americano, ed è disposto a clonare film per quel mercato, sfruttando un marchio di fabbrica ormai surclassato dal ciclone digitale, e per questo bisognoso di peculiarità che invece non sembrano più alla portata della premiata ditta: esaurita da tempo la vena iconografica, Besson si limita a riproporre lo stesso spettacolo, lesinando sulle psicologie e schiacciando il piede sull’accelleratore di una meraviglia che non incanta: seguendo le fila di un complotto terroristico in cui nostri la fanno da padrone, sopravvivendo ad un esercito di cattivi, Morel infarcisce la storia di situazioni inverosimili e scene da ultimo minuto, dove la battuta smargiassa dell’attore americano, e la reazione schizignosa di quello inglese, vorrrebbero essere il contraltare intelligente e spiritoso agli spot finto bellici, ed invece finiscono per aumentare la mancanza di identità di un prodotto tenuto insieme solamente dal ricordo di una professionalità guadagnata sul campo, ed ora divenuta il simulacro di un declino ben pagato.
All’esordio in una grande produzione Kasia Smutniak si rivela all’altezza della situazione: in un film del genere tale affermazione potrebbe rivelarsi controproducente per le aspirazioni internazionali dell’attrice.
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recensioni
giovedì, giugno 17, 2010
Film in sala dal 18 giugno 2010
5 appuntamenti per farla innamorare
(I Hate Valentine's Day)
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Nia Vardalos
About Elly
(Darbareye Elly)
GENERE: Commedia, Drammatico, Noir
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Iran
REGIA: Asghar Farhadi
A-Team
(The A-Team)
GENERE: Azione, Commedia, Avventura
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Joe Carnahan
In carne e ossa
(In carne e ossa)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Christian Angeli
Lei è troppo per me
(She's Out of My League)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010 DATA: 18/06/2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Jim Field Smith
L'imbroglio nel lenzuolo
GENERE: Commedia
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Spagna, Italia
REGIA: Alfonso Arau
Una notte blu cobalto
GENERE: Commedia
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Daniele Gangemi
(I Hate Valentine's Day)
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Nia Vardalos
About Elly
(Darbareye Elly)
GENERE: Commedia, Drammatico, Noir
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Iran
REGIA: Asghar Farhadi
A-Team
(The A-Team)
GENERE: Azione, Commedia, Avventura
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Joe Carnahan
In carne e ossa
(In carne e ossa)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Christian Angeli
Lei è troppo per me
(She's Out of My League)
GENERE: Commedia
ANNO: 2010 DATA: 18/06/2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Jim Field Smith
L'imbroglio nel lenzuolo
GENERE: Commedia
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Spagna, Italia
REGIA: Alfonso Arau
Una notte blu cobalto
GENERE: Commedia
ANNO: 2008
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Daniele Gangemi
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film in uscita 2010
domenica, giugno 13, 2010
ITALIA A MANO ARMATA - Italia '70 - il cinema a mano armata (16)
ITALIA A MANO ARMATA (1976)
Regia: Franco Martinelli (Marino Girolami)
Cast: Maurizio Merli - John Saxon - Raymond Pellegrin - Toni Ucci - Mirella D'angelo
Trama: Il commissario Betti sfida il perfido Albertelli.
IL FILM: Il commissario Betti (Merli) è sempre impegnato a ripulire la città con i suoi metodi sbrigativi. Questa volta è sulle tracce del criminale Albertelli (Saxon) e per questo si sposta in diverse città del nord (Torino, Milano, Genova).
Albertelli è un criminale senza scrupoli, prima ordina il sequestro di alcuni bambini e poi riesce ad incastrare Betti che viene sbattuto in prigione come un delinquente qualsiasi.
Ovviamente, la vita in prigione non è facile per il commissario che è costretto a subire le minacce dei delinquenti che lo odiano e rischia di morire quando viene aggredito da un killer ingaggiato da Albertelli.
Ma una volta fuori di galera il supercommissario si scatena, è una belva feroce, per Albertelli e i suoi complici non ci sarà scampo.
Il finale del film (molto coraggioso) ci riserva un incredibile colpo di scena, il commissario Betti viene ucciso da una sventagliata di mitra sparatagli alle spalle da un'auto in corsa.
COMMENTO: Parola d'ordine: 100% azione. In ITALIA A MANO ARMATA non vi è nessun accenno ad argomenti politici o riferimenti al sociale come spesso accade in questo tipo di pellicole.
Gli sforzi di regista e produttore sono concentrati sulle scene d'azione, infatti gli inseguimenti e gli scontri d'auto sono la parte meglio riuscita del film.
La sceneggiatura lascia a desiderare, presentando evidenti lacune ed incongruenze.
Esempio di cinema popolare al quale va riconosciutà una certa dignità.
CURIOSITA'- NOTIZIE: Il regista Franco Martinelli è in realtà Marino Girolami padre di Enzo G. Castellari.
Da sottolineare la presenza nel film (nel ruolo dello stupratore e sequestratore di bambini Mancuso) di Sergio Fiorentini, noto al grande pubblico per aver interpretato l'anziano e rassicurante brigadiere Cacciapuoti nella serie tv Il Maresciallo Rocca.
Nella scena in cui la bmw dei malviventi prende fuoco, si vede chiaramente che alla guida non ci sono gli attori ma due stuntman che indossano caschi protettivi e tute ignifughe di colore nero.
Il regista ha dichiarato che la morte del commissario Betti fu decisa da lui come ripicca nei confronti del produttore che aveva permesso ad Umberto Lenzi di utilizzare il personaggio da lui inventato per Napoli Violenta.
Regia: Franco Martinelli (Marino Girolami)
Cast: Maurizio Merli - John Saxon - Raymond Pellegrin - Toni Ucci - Mirella D'angelo
Trama: Il commissario Betti sfida il perfido Albertelli.
IL FILM: Il commissario Betti (Merli) è sempre impegnato a ripulire la città con i suoi metodi sbrigativi. Questa volta è sulle tracce del criminale Albertelli (Saxon) e per questo si sposta in diverse città del nord (Torino, Milano, Genova).
Albertelli è un criminale senza scrupoli, prima ordina il sequestro di alcuni bambini e poi riesce ad incastrare Betti che viene sbattuto in prigione come un delinquente qualsiasi.
Ovviamente, la vita in prigione non è facile per il commissario che è costretto a subire le minacce dei delinquenti che lo odiano e rischia di morire quando viene aggredito da un killer ingaggiato da Albertelli.
Ma una volta fuori di galera il supercommissario si scatena, è una belva feroce, per Albertelli e i suoi complici non ci sarà scampo.
Il finale del film (molto coraggioso) ci riserva un incredibile colpo di scena, il commissario Betti viene ucciso da una sventagliata di mitra sparatagli alle spalle da un'auto in corsa.
COMMENTO: Parola d'ordine: 100% azione. In ITALIA A MANO ARMATA non vi è nessun accenno ad argomenti politici o riferimenti al sociale come spesso accade in questo tipo di pellicole.
Gli sforzi di regista e produttore sono concentrati sulle scene d'azione, infatti gli inseguimenti e gli scontri d'auto sono la parte meglio riuscita del film.
La sceneggiatura lascia a desiderare, presentando evidenti lacune ed incongruenze.
Esempio di cinema popolare al quale va riconosciutà una certa dignità.
CURIOSITA'- NOTIZIE: Il regista Franco Martinelli è in realtà Marino Girolami padre di Enzo G. Castellari.
Da sottolineare la presenza nel film (nel ruolo dello stupratore e sequestratore di bambini Mancuso) di Sergio Fiorentini, noto al grande pubblico per aver interpretato l'anziano e rassicurante brigadiere Cacciapuoti nella serie tv Il Maresciallo Rocca.
Nella scena in cui la bmw dei malviventi prende fuoco, si vede chiaramente che alla guida non ci sono gli attori ma due stuntman che indossano caschi protettivi e tute ignifughe di colore nero.
Il regista ha dichiarato che la morte del commissario Betti fu decisa da lui come ripicca nei confronti del produttore che aveva permesso ad Umberto Lenzi di utilizzare il personaggio da lui inventato per Napoli Violenta.
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Italia '70 - Il cinema a mano armata,
recensioni
giovedì, giugno 10, 2010
IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI
IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI
di Juan José Campanella
Identificazione di un amore. Dalle ceneri di un passato che non è ancora tale all’inquietudine di un presente bisognoso di risposte. Gli sguardi degli amanti si rincorrono tra la burocrazia dei tribunali e il corpo deturpato di una giovane donna, sullo sfondo di un paese a corto di memoria e flagellato dalla pestilenza del regime.
Una corsa contro il tempo e nel tempo per fare giustizia di un delitto insoluto diventa la possibilità di riprendere le fila di un discorso amoroso interrotto da un treno in partenza, e finito nelle lacrime di una corsa a perdifiato. Ostacoli materiali e della mente che catapultano le persone all’interno di un calderone popolato da accoliti spietati e aguzzini senza scrupoli, e dove anche le leggi del cuore devono sottostare a quelle messe in piedi da un Sistema che non conosce verità.
di Juan José Campanella
Identificazione di un amore. Dalle ceneri di un passato che non è ancora tale all’inquietudine di un presente bisognoso di risposte. Gli sguardi degli amanti si rincorrono tra la burocrazia dei tribunali e il corpo deturpato di una giovane donna, sullo sfondo di un paese a corto di memoria e flagellato dalla pestilenza del regime.
Una corsa contro il tempo e nel tempo per fare giustizia di un delitto insoluto diventa la possibilità di riprendere le fila di un discorso amoroso interrotto da un treno in partenza, e finito nelle lacrime di una corsa a perdifiato. Ostacoli materiali e della mente che catapultano le persone all’interno di un calderone popolato da accoliti spietati e aguzzini senza scrupoli, e dove anche le leggi del cuore devono sottostare a quelle messe in piedi da un Sistema che non conosce verità.
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recensioni
Film in sala dal 11 giugno
Bright Star
(Bright Star)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Australia, Francia, Gran Bretagna
REGIA: Jane Campion
Il padre dei miei figli
(Le Père de mes enfants)
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Mia Hansen-Løve
L'acchiappadenti
(Tooth Fairy)
GENERE: Commedia, Fantasy
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Canada, USA
REGIA: Michael Lembeck
The Hole - 3D
(The Hole)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Joe Dante
(Bright Star)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Australia, Francia, Gran Bretagna
REGIA: Jane Campion
Il padre dei miei figli
(Le Père de mes enfants)
GENERE: Biografico, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Mia Hansen-Løve
L'acchiappadenti
(Tooth Fairy)
GENERE: Commedia, Fantasy
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Canada, USA
REGIA: Michael Lembeck
The Hole - 3D
(The Hole)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Joe Dante
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film in uscita 2010
venerdì, giugno 04, 2010
DEAR JOHN
DEAR JOHN
di Lasse Hallstrom
Ci ha provato in tanti modi ma ancora non si arrende: più che il nuovo tentativo, stupisce la caparbietà di un industria che non smette di scommettere sulle sua affabulazione e confeziona l’ennesimo prodotto derivato dall’attentato terroristico più famoso del pianeta: questa volta però, pur restando dalla parte di un cinema debitore del rimorso di coscienza, il meccanismo catartico si innesta sulla capacità di sublimare la storia attraverso la costruzione di una realtà, in cui il desiderio amoroso diventa il catalizzatore di un umanità che sostituisce la vita con il suo surrogato.
Sospendendo il giudizio e con gli Analisti impegnati a decriptare scenari da Battaglia Navale, l’11/9 e le sue conseguenze diventano il pretesto per rianimare una storia altrimenti bloccata dalla sua peculiarità, ovvero quella di vivere interamente sullo scambio epistolare tra due amanti impegnati a raccontarsi le rispettive lontananze con parole che vanno oltre il necessario, sostituendosi all’immagine nella sua funzione evocativa, e che debordano a causa di un vocabolario pesantemente monocorde.
L’evento epocale percepito come punto di non ritorno assume cosi’ la funzione di spartiacque tra cinema e letteratura, cesura di un prodotto altrimenti destinato a restare sulla carta ed invece, almeno formalmente ritornato ad essere se stesso, quando i protagonisti, costretti ad adattare la malattia amorosa allo scenario da Day After, lasciano il calamaio ed incominciano ad agire.
Separati dalle differenze sociali prima ancora che dalle circostanze, John ragazzo della working class arruolato nell’esercito, e Savannah, studentessa wasp dalla carriera assicurata, affronteranno un purgatorio di promesse reciproche e delusioni cocenti, di tramonti mozzafiato e lutti dolorosi ma riusciranno a sopravvivere grazie alla forza di un sentimento pianificato a tavolino.
E se il film si costruisce un emotività figlia del desiderio e del non detto, sul piano pratico la destabilizza con scelte fin troppo esplicite: dal paesaggio bucolico ai colori artificiali, per non parlare degli ambienti, realizzanti su orizzonti da catalogo pubblicitario, tutto sembra predisposto per saturare quelle mancanze.
I due attori poi ci mettono del loro, attingendo nel pozzo dei propri stereotipi, Channing Tatum controfigura di Marky Mark e con i muscoli facciali evidentemente risparmiati a qualsiasi tipo di ginnastica, Amanda Seyfried, occhi, capelli, e poco altro.
“Dear John” è tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Sparks e diretto da uno che ha naturalizzato l’ambizione artistica sugli orizzonti di un cinema/prodotto.
di Lasse Hallstrom
Ci ha provato in tanti modi ma ancora non si arrende: più che il nuovo tentativo, stupisce la caparbietà di un industria che non smette di scommettere sulle sua affabulazione e confeziona l’ennesimo prodotto derivato dall’attentato terroristico più famoso del pianeta: questa volta però, pur restando dalla parte di un cinema debitore del rimorso di coscienza, il meccanismo catartico si innesta sulla capacità di sublimare la storia attraverso la costruzione di una realtà, in cui il desiderio amoroso diventa il catalizzatore di un umanità che sostituisce la vita con il suo surrogato.
Sospendendo il giudizio e con gli Analisti impegnati a decriptare scenari da Battaglia Navale, l’11/9 e le sue conseguenze diventano il pretesto per rianimare una storia altrimenti bloccata dalla sua peculiarità, ovvero quella di vivere interamente sullo scambio epistolare tra due amanti impegnati a raccontarsi le rispettive lontananze con parole che vanno oltre il necessario, sostituendosi all’immagine nella sua funzione evocativa, e che debordano a causa di un vocabolario pesantemente monocorde.
L’evento epocale percepito come punto di non ritorno assume cosi’ la funzione di spartiacque tra cinema e letteratura, cesura di un prodotto altrimenti destinato a restare sulla carta ed invece, almeno formalmente ritornato ad essere se stesso, quando i protagonisti, costretti ad adattare la malattia amorosa allo scenario da Day After, lasciano il calamaio ed incominciano ad agire.
Separati dalle differenze sociali prima ancora che dalle circostanze, John ragazzo della working class arruolato nell’esercito, e Savannah, studentessa wasp dalla carriera assicurata, affronteranno un purgatorio di promesse reciproche e delusioni cocenti, di tramonti mozzafiato e lutti dolorosi ma riusciranno a sopravvivere grazie alla forza di un sentimento pianificato a tavolino.
E se il film si costruisce un emotività figlia del desiderio e del non detto, sul piano pratico la destabilizza con scelte fin troppo esplicite: dal paesaggio bucolico ai colori artificiali, per non parlare degli ambienti, realizzanti su orizzonti da catalogo pubblicitario, tutto sembra predisposto per saturare quelle mancanze.
I due attori poi ci mettono del loro, attingendo nel pozzo dei propri stereotipi, Channing Tatum controfigura di Marky Mark e con i muscoli facciali evidentemente risparmiati a qualsiasi tipo di ginnastica, Amanda Seyfried, occhi, capelli, e poco altro.
“Dear John” è tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Sparks e diretto da uno che ha naturalizzato l’ambizione artistica sugli orizzonti di un cinema/prodotto.
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giovedì, giugno 03, 2010
LA NOSTRA VITA
LA NOSTRA VITA
Regia: Daniele Luchetti
Claudio (E. Germano) è un micro imprenditore edile, trentenne, padre di due figli, sposato con Elena (I. Ragonese) che è in attesa del terzo.
La morte di Elena durante il parto sconvolge la vita di Claudio che dovrà affrontare mille difficoltà in ambito lavorativo e contemporaneamente accudire i tre figli.
LA NOSTRA VITA esplora il mondo delle nuove periferie e i suoi abitanti, indaga sul mondo dell'edilizia, entra nel sottobosco dei subappalti fatti di lavoro nero e manovalanza rumena, e infine riflette sul ruolo della famiglia.
Daniele Luchetti, con distacco e imparzialità ci racconta di pseudo imprenditori, palazzinari, spacciatori, puttane e zingari incorniciandoli nel desolante quadro dell'Italia odierna dove piccoli e grandi escursioni oltre il confine della legalità sono moralmente ammessi o addirittura necessari per continuare a campare in un Paese attanagliato dalla crisi economica.
Il regista di MIO FRATELLO E FIGLIO UNICO (2007) descrive con precisione il trentenne Claudio, un uomo che lavora duramente ogni santo giorno, che fatica a mandare avanti la numerosa famiglia, che vive in periferia in un anonimo palazzone.
Un uomo, Claudio, che qualche decennio fa si sarebbe autodefinito un proletario sfruttato e che oggi invece organizza le vacanze in costa Smeralda e a chi gli fa notare che "in Italia vi piace far pensare agli altri che avete soldi" risponde candidamente che " fa vede' è tutto" .
In poche parole, tramite il personaggio di Claudio, il regista ci racconta la metamorfosi di quella classe operaia che una volta sognava di "andare in paradiso" e che oggi invece si sente borghese e vuole partecipare da protagonista al grande rito del consumo, cerca il proprio paradiso privato identificandolo con centri commerciali, costose console per videogiochi, vacanze in costa Smeralda, e che, appunto, per "fà vedè" rischia di ridursi sul lastrico.
Una sequenza da sottolineare assolutamente: quella con la descrizione dei "cottimisti di Frosinone", operai qualificati dall'aria minacciosa, che rimasti senza lavoro, si sono organizzati in squadre che garantiscono continuità lavorativa 24 ore al giorno sette giorni su sette, dormono in cantiere, chiedendo in cambio il pagamento in nero. Anche in questo caso Luchetti è bravo nel disegnare con le immagini la psicologia di questa gente che, umiliata professionalmente, costretta a lavorare continuamente, ad abbandonare per settimane la famiglia e con un futuro incerto, investe il frutto del suo lavoro in lussuose automobili.
LA NOSTRA VITA, non è però esente da inciampi; il distacco e l'imparzialità palesati nel descrivere il mondo dell'edilizia, lasciano il posto ad un pietismo eccessivamente sfrontato nella descizione del lutto, volto ad assicurarsi le simpatie del pubblico, in qualche occasione si dilunga a scapito della solidità narrativa e sopratutto il finale consolatorio è forzato.
Buona prova di Elio Germano (palma d'oro a Cannes 2010 come miglior attore protagonista) contorniato da ottimi comprimari, tra i quali va sottolineata la prova di Raoul Bova che diretto da un regista dalla mano solida come Luchetti evidenzia capacità sino ad ora nascoste.
Regia: Daniele Luchetti
Claudio (E. Germano) è un micro imprenditore edile, trentenne, padre di due figli, sposato con Elena (I. Ragonese) che è in attesa del terzo.
La morte di Elena durante il parto sconvolge la vita di Claudio che dovrà affrontare mille difficoltà in ambito lavorativo e contemporaneamente accudire i tre figli.
LA NOSTRA VITA esplora il mondo delle nuove periferie e i suoi abitanti, indaga sul mondo dell'edilizia, entra nel sottobosco dei subappalti fatti di lavoro nero e manovalanza rumena, e infine riflette sul ruolo della famiglia.
Daniele Luchetti, con distacco e imparzialità ci racconta di pseudo imprenditori, palazzinari, spacciatori, puttane e zingari incorniciandoli nel desolante quadro dell'Italia odierna dove piccoli e grandi escursioni oltre il confine della legalità sono moralmente ammessi o addirittura necessari per continuare a campare in un Paese attanagliato dalla crisi economica.
Il regista di MIO FRATELLO E FIGLIO UNICO (2007) descrive con precisione il trentenne Claudio, un uomo che lavora duramente ogni santo giorno, che fatica a mandare avanti la numerosa famiglia, che vive in periferia in un anonimo palazzone.
Un uomo, Claudio, che qualche decennio fa si sarebbe autodefinito un proletario sfruttato e che oggi invece organizza le vacanze in costa Smeralda e a chi gli fa notare che "in Italia vi piace far pensare agli altri che avete soldi" risponde candidamente che " fa vede' è tutto" .
In poche parole, tramite il personaggio di Claudio, il regista ci racconta la metamorfosi di quella classe operaia che una volta sognava di "andare in paradiso" e che oggi invece si sente borghese e vuole partecipare da protagonista al grande rito del consumo, cerca il proprio paradiso privato identificandolo con centri commerciali, costose console per videogiochi, vacanze in costa Smeralda, e che, appunto, per "fà vedè" rischia di ridursi sul lastrico.
Una sequenza da sottolineare assolutamente: quella con la descrizione dei "cottimisti di Frosinone", operai qualificati dall'aria minacciosa, che rimasti senza lavoro, si sono organizzati in squadre che garantiscono continuità lavorativa 24 ore al giorno sette giorni su sette, dormono in cantiere, chiedendo in cambio il pagamento in nero. Anche in questo caso Luchetti è bravo nel disegnare con le immagini la psicologia di questa gente che, umiliata professionalmente, costretta a lavorare continuamente, ad abbandonare per settimane la famiglia e con un futuro incerto, investe il frutto del suo lavoro in lussuose automobili.
LA NOSTRA VITA, non è però esente da inciampi; il distacco e l'imparzialità palesati nel descrivere il mondo dell'edilizia, lasciano il posto ad un pietismo eccessivamente sfrontato nella descizione del lutto, volto ad assicurarsi le simpatie del pubblico, in qualche occasione si dilunga a scapito della solidità narrativa e sopratutto il finale consolatorio è forzato.
Buona prova di Elio Germano (palma d'oro a Cannes 2010 come miglior attore protagonista) contorniato da ottimi comprimari, tra i quali va sottolineata la prova di Raoul Bova che diretto da un regista dalla mano solida come Luchetti evidenzia capacità sino ad ora nascoste.
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Film in sala dal 4 giugno
Saw VI
(Saw VI)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2009 DATA: 01/06/2010
NAZIONALITÀ: Australia, Canada, USA
REGIA: Kevin Greutert
18 anni dopo
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Edoardo Leo
About Elly
(Darbareye Elly)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Iran
REGIA: Asghar Farhadi
Backward
GENERE: Drammatico, Sportivo
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Max Leonida Bastoni
Gentlemen Broncos
(Gentlemen Broncos)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Jared Hess
Il Compleanno
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Marco Filiberti
Il segreto dei suoi occhi
(El secreto de sus ojos)
GENERE: Drammatico, Thriller, Romantico, Mystery
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Spagna, Argentina
REGIA: Juan José Campanella
Tata Matilda e il Grande Botto
(Nanny McPhee and the Big Bang)
GENERE: Commedia, Fantasy, Family
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia, Gran Bretagna, USA
REGIA: Susanna White
(Saw VI)
GENERE: Horror, Thriller
ANNO: 2009 DATA: 01/06/2010
NAZIONALITÀ: Australia, Canada, USA
REGIA: Kevin Greutert
18 anni dopo
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Edoardo Leo
About Elly
(Darbareye Elly)
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Iran
REGIA: Asghar Farhadi
Backward
GENERE: Drammatico, Sportivo
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Max Leonida Bastoni
Gentlemen Broncos
(Gentlemen Broncos)
GENERE: Commedia
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Jared Hess
Il Compleanno
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Marco Filiberti
Il segreto dei suoi occhi
(El secreto de sus ojos)
GENERE: Drammatico, Thriller, Romantico, Mystery
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Spagna, Argentina
REGIA: Juan José Campanella
Tata Matilda e il Grande Botto
(Nanny McPhee and the Big Bang)
GENERE: Commedia, Fantasy, Family
ANNO: 2010
NAZIONALITÀ: Francia, Gran Bretagna, USA
REGIA: Susanna White
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film in uscita 2010
mercoledì, giugno 02, 2010
Il cinico, l'infame, il violento (Lenzi, 1977)
Titoli di testa de "Il cinico, l'infame, il violento" di Umberto Lenzi, anno 1977.
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Italia '70 - Il cinema a mano armata,
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