martedì, gennaio 17, 2012

Shame

SHAME
regia di Steve McQueen

(il commento della direttora)


Il secondo lungometraggio del 42enne inglese Steve Mcqueen, SHAME, è una delle più interessanti pellicole dell'anno appena iniziato.
McQueen, regista di talento, innovativo e provocatorio, che si è imposto sulla scena artistica britannica con video installazioni di "rottura", con questa seconda prova cinematografica sembra convincere ed accordare gli appassionati di Arte Contemporanea ed i cinefili.

In SHAME, McQueen mette in scena la storia di Brandon (Fassbender), un uomo bianco di trent'anni che vive a New York e che è afflitto da dipendenza sessuale (sex addicted).

(Attenzione: La recensione contiene spoiler)

Brandon vive solo, in un appartamento raffinato e arredato in stile minmale; lavora come dirigente in una prestigiosa azienda e le sue giornate sono scandite da continui incontri con prostitute, adescamenti in bar, visione di video hard su internet, chat erotiche, riviste pornografiche, incontri promiscui e molto autoerotismo, nella spasmodica necessità di ottenere un appagamento interiore che sembra essere irraggiungibile.
La dipendenza sessuale e le sue afflizioni interiori dominano la sua vita procurandogli continuamente sensi di colpa e profonda vergogna per se stesso.

Brandon è un uomo schivo, di bell'aspetto, raffinato, che saltuariamente esce con i colleghi di lavoro, ad es. il proprio capo, in uscite serali alla ricerca di incontri facili da consumare ma che per la maggior parte del tempo è solo, barricato nel suo silenzio in cui nascondere e zittire i mostri interiori che lo tormentano e dilaniano.
La scena iniziale è eloquente introduzione alla sua realtà. Disteso nudo sul proprio letto, avvolto pigramente tra raffinate lenzuola blu, fissa il soffitto con sguardo vacuo e perso, solo con i propri fantasmi interiori, mentre fuori dalle finestre il mondo procede senza accorgersi di lui.

L'arrivo di sua sorella minore Sissy (Carey Mulligan), ribelle e fragile, cantante di night club, un po' sexy e un po' "sgualdrina", depressa, incapace di badare a se stessa e a controllarsi, lo mette in crisi. Ella si impone nella sua vita, mettendo in pericolo il suo già precario equilibrio.
La loro vicinanza, il loro ritrovarsi, fa riemergere in Brandon rabbia, ricordi e angosce dal passato. Non ci è dato sapere che famiglia abbiano avuto, quali traumi abbiano dovuto attraversare e seppellire dentro di loro, ma lo possiamo intuire leggendo i loro corpi, le ferite reali che si sono inflitti (Sissy da adolescente si tagliuzzava le braccia) e quelle, diciamo, metaforiche (Brandon vive in uno stato di distacco emotivo, impedendosi di percepire sentimenti profondi).
La rabbia crescente in Brandon farà tutt'uno con la propria disperazione portandolo alla deriva di se stesso e facendogli toccare il fondo del barile dal quale solo arrendendosi alla propria disperazione è possibile trovare una vita di salvezza.

"Non siamo brutte persone - gli dirà sua sorella - è solo che proveniamo dal posto sbagliato", quel "luogo famgilia" che è madre di tutti i dolori profondi.

La scenggiatura è ottimamente scritta, senza punti ridondanti nè esacerbazioni. Delinea con precisione e profondità i profili dei due fratelli. La regia compie il resto del lavoro, dando "voce" alle immagini, accompagnate da una efficace e appropriata colonna sonora firmata da Harry Escott.
Molti i piani sequenza lunghissimi, per consentire allo spettatore di vivere il presente del personaggio. Il film non rappresenta più "un tempo altro" ma il tempo reale condiviso dallo spettatore coi protagonisti.
Ad esempio il lungo primo piano sulla commovente Carey Mulligan che canta interamente "New York New York" piangendo, oppure la lunga e rabbiosa corsa notturna di Brandon, che attraversa diversi quartieri della città per scaricare la propria furia interiore e calmare quel grido incessante che lo abita.

Brandon non riesce a unire il bisogno di amare sessualmente una donna con il proprio istinto sessuale.
Il vuoto interiore che continuamente percepisce in sè e che diventa sempre più grande ed insopportabile, non può essere riempito con niente.
Nessuna esperienza sessuale riesce a colmare quel vuoto, quella mancanza di amore che si trascina dall'infanzia. Nessuna donna riesce a donargli quel calore perchè è lui stesso a non aprirsi ad esso. Nella sua vita perciò non c'è amore, egli guarda da lontano quel sentimento, di nascosto, lo brama più di quanto brami un corpo di donna, lo spia senza farsi toccare da esso.
Il terrore di soccombere ad esso è più grande. Il terrore paralizzante di essere disintegrati e schiacciati dalla potenza del sentimento è più forte di tutto. E così la brama profonda di amore diviene fame sessuale insaziabile in cui illudersi di trovare appagamento, in cui stordirsi e abbuffarsi senza purtroppo percepire alcun sapore, con un senso crescente di smarrimento, rabbia e vergogna.

Sissy è come lui alla ricerca di un antidoto al proprio vuoto interiore e al proprio dolore autodristuttivo. Nella sua incapacità di prendersi cura di se stessa e di camminare sulle proprie gambe cerca uomini che la accudiscano; li prega, li implora di prenderla con loro, è disposta a qualunque umiliazione pur di ricevere un briciolo di amore, anche se di amore non si tratta. Elemosina amore per calmare il proprio pianto interiore.

Avulso dalla realtà, Brandon vive in un corpo che non gli dà accesso alle vie del cuore. Ogni tentativo fatto per unire sentimenti ed istinto sessuale finisce inesorabilmente per fallire. La mancanza di contatto coi propri sentimenti non gli permette di percepire l'emozione sessuale. E' una castrazione emotiva profonda e paralizzante.
E così quando tenta di fare l'amore con una collega che davvero gli piace e dalla quale forse spera di farsi "salvare" dal proprio inferno, non ci riesce, e con estrema vergogna e delusione si scopre impotente di vivere a pieno la propria vita.

Il diritto di amare sessualmente potrebbe essere l'argomento di questo racconto, in cui le deviazioni sessuali ci arrivano come ciò che realmente sono, ovvero un disperato tentativo di riunire l'emozione profonda alla sessualità del corpo.
Il popolo dei sex addicted è fatto di anime ferite e sole che cercano una via di fuga dalle proprie terribili angosce, dalle proprie ferite emozionali.

McQueen realizza una pellicola piena di partecipazione per il dramma personale dei protagonisti, senza giudizio e senza morale. Offre allo spettatore la possibilità di elaborare una personale opinione e di scegliere se condividere coi protagonisti il loro viaggio catartico.

Da ogni inferno è possibile uscire solo rompendo il proprio guscio.
Brandon raggiunge l'apice della propria esperienza quando tocca con tutto se stesso la propria disperazione e si concede ad essa. Non serve più a niente ignorare l'assenza di amore patito, combattere contro di essa. Il pianto, come resa e rilassamento del corpo, è la porta principale per aprire il proprio cuore al sentimento, alla prioria vita affettiva.

Ed è questa lettura a dare una speranza di cambiamento.
Il Nostro non è abbandonato ad un presente immutabile ma pronto per affrontare la propria rinascita.

Nonstante l'ambientazione americanam, il film è totalmente inglese ed inizialmente doveva essere ambientato a Londra, non estranea al problema della dipendenza sessuale.
La sceneggiatura è nata quasi per caso. McQueen e la co-sceneggiatrice Abi Morgan si incontrarono un pomeriggio in un bar per condividere alcune idee. Nel parlare a ruota libera finirono per affrontare il tema della pornografia. Dai loro discorsi e confronti nacque l'idea di Shame.
Nella necessità di incontrate esperti del settore delle dipendenze sessuali e per parlare con più persone possibile afflitte da quel problema, sono finiti a New York; una volta lì non solo hanno potuto parlare con moltissime persone ma hanno pensato di girare l'intero film nella città che non dorme mai, che diventa essa stessa un personaggio vero e proprio del film, con le sue notti estranianti, misteriose, e con i suoi quartieri in cui anche in mezzo a migliaia di persone è facile sentirsi soli e separati da tutto, e dove il tempo ha un ritmo proprio, frenetico di giorno e dilatato di notte. New York come luogo di tutti i luoghi e come paradossale non luogo.

Assolutamente da non perdere.
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Michael Fassbender al festival del cinema di Venezia 2011.


Gallery







4 commenti:

persogiàdisuo ha detto...

Davvero curioso il fatto che io pensi esattamente il contrario di quanto ha scritto nella sua recensione!
Secondo me la scenggiatura è la sagra del già visto, piena di simbolismi ridondanti, incapace di delineare i due personaggi che nonostante tutto ci appaiono estranei e stranianti!
Inoltre trovo che la pellicola sia priva di partecipazione per il dramma personale dei protagonisti e allo stesso tempo non offre nemmeno di possibilità di elaborare una riflessione né empatica, né moralistica, né puramente sociologica!
Da uno dei film più attesi della stagione, un'autentica delusione, capace di rendermi antipatici due attori che finora amavo molto.

veri paccheri ha detto...

ciao persogiàdisuo, mi spiace per la delusione che hai provato, il compito di un buonn film è suscitare una emozione, positiva o negativa che sia. i personaggi a mio avviso sono tutt'altro che mal delinati. comunque ogni visione è una esperienza sempre piuttosto personale :-).
grazie mille, un saluto!

ladywriter65 ha detto...

Ciao, anche io ho postato questo film nel mio blog con una recensione volutamente molto più scarna della tua per non spiegare troppo a chi avesse voglia di vederlo. Infatti ho anche apprezzato il fatto che il regista non abbia spiegato troppo sulla vita dei 2 protagonisti. Anche a me è piaciuto al contrario di persogiadisuo,ma naturalmente ognuno la vede a modo proprio e qui sta il bello!
Ciao.

veri paccheri ha detto...

ciao ladywriter65, grazie del tuo commento! anche io preferisco vedere i film senza sapere niente, per questo motivo all'inizio del mio intervento ho aggiunto l'avvviso :-)
buon cinema!