lunedì, maggio 14, 2012

SISTER

Ai margini di una stazione sciistica svizzera, frequentata da gente benestante, abita Simon (Kacey Mottet Klein), dodicenne che afferma di avere 15 anni.
Vive di furti ai turisti, rivende sci, attrezzature, occhiali e tutto quello che riesce a rubare per mantenere se stesso e la sorella (Léa Seydoux) che non riesce e tenersi né un uomo né un lavoro.
Nessuna traccia dei genitori nello squallido alloggio popolare dove i fratelli tirano a campare.

Il secondo film della Meier, dopo il claustrofobico Home, conferma il talento della regista nel descrivere personaggi fuori dall'ordinario e paesaggi che poco hanno da spartire con i luoghi comuni.
Sister è una pellicola che ci descrive una Svizzera forse mai raccontata, fatta di case popolari, proletariato, emarginazione e fame vera.
Un mondo sconosciuto che vive ai piedi fangosi delle montagne fatte di candida neve e lussuosi chalet destinati alle vacanze dei ricchi.
Un film fatto di sguardi, allusioni, silenzi che tiene fortunatamente la giusta distanza dal melodrammatico e che pur puntando molto sull'unica, bella, svolta nella sceneggiatura tiene sulle corde lo spettatore fino all'ultima inquadratura.

Ursula Meier mette il naso in diverse realtà nascoste, ma punta decisamente su un argomento spesso occultato o comunque ricordato solo in occasione di eventi tragici.
La regista franco-svizzera ci parla della maternità controvoglia, ci dice chiaramente che una madre non sempre è buona e angelica, ma che esistono deviazioni a quello che è l'istinto materno.
Allo stesso tempo ci lascia la speranza che una volta toccato il fondo ci si possa redimere e lo fa in maniera asciutta con l'ultima, impeccabile sequenza.

Sister, comunque, non sarebbe un film così riuscito se non fosse supportato da due attori di assoluto livello.
Léa Seydoux (Mission Impossible 4 - Inglourius Basterds)  possiede un volto disperato che colpisce al cuore e il piccolo Cacey Mottet Klein (Home) è di una bravura strabiliante.
Un film, quello della Meier, che ricorda Loach, ma che dal punto di vista narrativo è indubbiamente influenzato dai fratelli Dardenne.

Da segnalare l'ennesimo scempio dei distributori italiani che trasformano il titolo del film “L’enfant d’en haut”, (Il bambino di sopra) in Sister, spostando addirittura il centro dell’attenzione verso il personaggio femminile che è sicuramente importante, ma non quanto quello del bambino a cui si riferisce il titolo originale.
Orso d'argento all'ultimo festival di Berlino.

2 commenti:

loz10cetkind ha detto...

Da quello che scrivi è un film da vedere! Se i Dardenne hanno 'influenzato' bene...tutto ok. Ma già il titolo originale (come giustamente rimarchi) è un po' dardenniano.

Fabrizio ha detto...

caro Loz, per me assolutamente da vedere.