Falchi
di Tony D'angelo
con Fortunato Cerlino, Michele Riondino, Xiaoya Ma
Italia, 2017
genere, poliziesco
durata, 90'
Peppe e Francesco sono due Falchi, ovvero due poliziotti della sezione speciale della Squadra mobile di Napoli: girano per i vicoli della città in moto e in borghese, dando la caccia alla piccola e grande criminalità, che comprende non solo la tradizionale camorra, ma anche le nuove mafie di importazione, come quella cinese. I Falchi sono "nati per difendere e combattere", come i cani che Peppe fa addestrare proprio agli esponenti della malavita cinese, che gestisce gli incontri clandestini fra molossi. Dalla vicenda di Marino, il capo della squadra mobile, prende le mosse la storia di Peppe e Francesco, fratelli di strada, l'uno impegnato a distinguere il giusto dall'ingiusto in un mondo in cui quel confine diventa sempre più labile, l'altro in cerca di conforto per il proprio senso di colpa, tanto dall'assunzione di droghe quanto dalla frequentazione di un bordello cinese.
Toni D'Angelo, figlio del cantante Nino che firma lo strepitoso come to musicale, ha la sceneggiata napoletana nel Dna, ma crea un melodramma che guarda più a Hong Kong che al Golfo partenopeo. L'estetica di "Falchi" vuole essere un omaggio a Johnnie To e John Woo, ma anche ad Andrew Lau e Alan Mak, e ricorda quella della serie TV "Gomorra", tantopiù che nei panni di Peppe c'è Fortunato Cerlino, alias Don Pietro Savastano. Peppe e Fortunato sono morituri per via del tipo di lavoro che hanno scelto, in quel mondo a metà fra legge e fuorilegge. D'Angelo sceglie di raccontare la brutalità della loro esistenza quotidiana con una cura estetica che si avvale della bella fotografia di Rocco Marra, imbevuta del cinema classico di genere e della graphic novel.
I dialoghi sono minimalisti, i silenzi eloquenti, le atmosfere fumose e malinconiche, le ombre profonde, le coscienze sporche. Cerlino prosegue nella sua immedesimazione con il lato dark della napoletanità, al di qua e al di là della legge, e Michele Riondino, nei panni di Francesco, aggiunge alla sua lista nuovi personaggi tormentati e assuefatti, mettendo la propria fragilità al servizio di una caratterizzazione maschile profondamente contraddittoria. Non c'è molto di nuovo in "Falchi", ma è molto apprezzabile la capacità di far confluire la conoscenza del cinema e delle tecniche di ripresa in un racconto sospeso nel tempo e ambientato in un luogo che in qualche modo racconta l'Italia di oggi, indecisa fra desiderio di riscatto e autolesionismo letale.
Riccardo Supino
di Tony D'angelo
con Fortunato Cerlino, Michele Riondino, Xiaoya Ma
Italia, 2017
genere, poliziesco
durata, 90'
Peppe e Francesco sono due Falchi, ovvero due poliziotti della sezione speciale della Squadra mobile di Napoli: girano per i vicoli della città in moto e in borghese, dando la caccia alla piccola e grande criminalità, che comprende non solo la tradizionale camorra, ma anche le nuove mafie di importazione, come quella cinese. I Falchi sono "nati per difendere e combattere", come i cani che Peppe fa addestrare proprio agli esponenti della malavita cinese, che gestisce gli incontri clandestini fra molossi. Dalla vicenda di Marino, il capo della squadra mobile, prende le mosse la storia di Peppe e Francesco, fratelli di strada, l'uno impegnato a distinguere il giusto dall'ingiusto in un mondo in cui quel confine diventa sempre più labile, l'altro in cerca di conforto per il proprio senso di colpa, tanto dall'assunzione di droghe quanto dalla frequentazione di un bordello cinese.
Toni D'Angelo, figlio del cantante Nino che firma lo strepitoso come to musicale, ha la sceneggiata napoletana nel Dna, ma crea un melodramma che guarda più a Hong Kong che al Golfo partenopeo. L'estetica di "Falchi" vuole essere un omaggio a Johnnie To e John Woo, ma anche ad Andrew Lau e Alan Mak, e ricorda quella della serie TV "Gomorra", tantopiù che nei panni di Peppe c'è Fortunato Cerlino, alias Don Pietro Savastano. Peppe e Fortunato sono morituri per via del tipo di lavoro che hanno scelto, in quel mondo a metà fra legge e fuorilegge. D'Angelo sceglie di raccontare la brutalità della loro esistenza quotidiana con una cura estetica che si avvale della bella fotografia di Rocco Marra, imbevuta del cinema classico di genere e della graphic novel.
I dialoghi sono minimalisti, i silenzi eloquenti, le atmosfere fumose e malinconiche, le ombre profonde, le coscienze sporche. Cerlino prosegue nella sua immedesimazione con il lato dark della napoletanità, al di qua e al di là della legge, e Michele Riondino, nei panni di Francesco, aggiunge alla sua lista nuovi personaggi tormentati e assuefatti, mettendo la propria fragilità al servizio di una caratterizzazione maschile profondamente contraddittoria. Non c'è molto di nuovo in "Falchi", ma è molto apprezzabile la capacità di far confluire la conoscenza del cinema e delle tecniche di ripresa in un racconto sospeso nel tempo e ambientato in un luogo che in qualche modo racconta l'Italia di oggi, indecisa fra desiderio di riscatto e autolesionismo letale.
Riccardo Supino
Nessun commento:
Posta un commento