Il padre d'Italia
di Fabio Mollo
con Luca Marinelli, Isabella Ragonese
Italia, 2017
genere, drammatico
durata: 93'
Paolo voleva diventare un falegname o un architetto, invece fa il commesso in un megastore di
arredamento preconfezionato. Da poco è stato lasciato dal suo compagno Mario, che sta provando
a realizzare i suoi sogni insieme a un altro uomo. Una sera, mentre Paolo va in cerca di Mario in
un locale gay, incontra Mia, giovane donna incinta che sembra non sapere cosa fare di se stessa,
men che meno della bambina che aspetta. Suo malgrado, Paolo si farà carico di Mia e cercherà di
riportarla a casa, intraprendendo un viaggio che porterà entrambi in giro attraverso l'Italia del
presente.
Fabio Mollo, al suo secondo lungometraggio di finzione dopo Il "Sud è niente", sceglie il road
movie e si inserisce nel solco di un genere a sé: l'incontro fra un uomo che ha paura della vita e
una donna che non teme nulla.
I precedenti sono molti e lontani nel tempo, ma Mollo si rifà esplicitamente a titoli come "Qualcosa
di travolgente", che risalgono proprio al decennio in cui Paolo e Mia sono nati, perché lì è stato
inscritto il loro destino.
Anche la colonna sonora contiene due brani anni Ottanta di Loredana Berté, ribelle fuggita al suo
destino di diventare una signora a Bagnara Calabra, riesumati su un'audiocassetta analogica dai
due nativi digitali. Mia, poi, porta un giaccone luccicante con raffigurata una Madonna che ricorda
"Cercasi Susan disperatamente".
L'errore nel valutare "Il padre d'Italia" sarebbe quello di considerarlo un pamphlet ideologico in
difesa della genitorialità omosessuale, perché, se anche quello fosse stato l'intento di Mollo, il
risultato è infinitamente più complesso.
Le numerose implausibilità della trama, sceneggiata da Mollo insieme a Josella Porto, sono
secondarie rispetto alla forza evocativa di una narrazione che racconta il presente di una
generazione privata di futuro, e lo fa attraverso lo sguardo di un suo componente. "Il padre d'Italia"
mostra il bisogno e la paura di appartenere a qualcuno, qualcosa o anche solo un luogo reale,
parla del desiderio e dell'incapacità di piacersi, per poi accettare il destino e incastona queste
dinamiche eminentemente umane nel Paese in cui è difficile essere giovani e ipotizzare un futuro.
Mia, però, al contrario di Paolo, non permette alla paura di decidere quale degli accadimenti della
sua esistenza caotica sia un bene o un male, un miracolo o una disgrazia, secondo una filosofia di
vita che deve molto a Tolstoj. Intorno a loro c'è l'Italia che lascia orfani i suoi figli, che spinge Gretel
a prendersi cura di Hansel, e Pollicino a cercare da solo la strada.
Mollo racconta la sua fiaba attraverso immagini seducenti, la bellissima fotografia è di Daria
D'Antonio, e dialoghi pieni di dolcezza e ironia. L'ottimo cast, soprattutto Isabella Ragonese e Anna
Ferruzzo, si pone al servizio della sua visione del mondo. Ma è Luca Marinelli che "Il padre d'Italia"
consacra come star italiana capace di combinare carisma, duttilità espressiva e pathos interiore, e
poi di nasconderli tutti sotto la patina incolore del trentenne qualunque, che prima di diventare
padre deve imparare a diventare uomo.
Riccardo Supino
Riccardo Supino
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