L’inganno
di Sofia Coppola
con Elle Fanning, Kirsten Dunst, Nicole Kidman
USA, 2017
genere, thriller
durata, 94’
In piena Guerra di Secessione, nel profondo Sud, le donne di diverse età che sono rimaste in un internato per ragazze di buona famiglia danno ricovero ad un soldato ferito. Dopo averlo curato e rifocillato, costui resta confinato nella sua camera, attraendo però, in vario modo e misura, l'attenzione di tutte. La tensione aumenterà mutando profondamente i rapporti tra loro e l’ospite. Se il segreto di un buon remake sta nel riuscire a rimanere fedele al testo originale attraverso la capacità di tradirlo, Sofia Coppola l'ha capito. In “L'inganno” c'è praticamente tutto quello che c'era ne “La notte brava” del soldato Jonathan e tutto il lavoro della regista americana è stato fatto sui toni e sulle atmosfere, capaci di trasformare il testo in un film del tutto diverso: anche nei temi. Splendido esempio di southern gothic figlio del suo tempo, il film di Siegel, a sua volta basato sul romanzo di Thomas Cullinan da cui anche “L'inganno” è partito, flirtava in maniera abbastanza esplicita con la libertà sessuale, lasciava emergere il tumulto ideologico di quegli anni, trasudava una vitalità gioiosa nonostante i dettagli più crudi e la macabra risoluzione della storia.
Nella pellicola della Coppola, invece, a dominare sono atmosfere cupe e vagamente opprimenti, l'intrico di pulsioni sessuali è molto più morboso che spensierato, e tutto il film è ammantato da una sensazione funebre, quasi mortuaria, che fa risaltare maggiormente l'ironia di situazioni e dialoghi. Non cede a nessuna tentazione pop, la Coppola, nemmeno nella colonna sonora, lasciando che del Sud degli Stati Uniti nel quale è ambientato “L'inganno” prenda lo spirito più decadente. Fin dalle primissime inquadrature, è la natura a dominare, gli alberi del bosco dove il soldato ferito di Colin Farrell viene trovato da Oona Lawrence, alberi, rampicanti e erbacce che si stanno mangiando il giardino della villa teatro dell'azione e la casa stessa. Una vegetazione che, non a caso, lo stesso Farrell tenterà, invano, di controllare quando si propone come giardiniere al gruppo di donne che lo ha salvato e lo sta ospitando. Una chiara metafora, perché con il procedere degli eventi sarà la natura più istintuale e perfino primordiale degli esseri umani, delle donne e degli uomini, del maschile e del femminile, a prendere il sopravvento. Sempre però mediata dalle buone maniere d’un tempo che la Miss Farmsworth di Nicole Kidman, la direttrice della collegio femminile in cui finisce Farrell: da una razionalità esasperata e cinica che darà vita a un sottile e perverso gioco di ruoli e potere che finirà in un educatissimo massacro.
Riccardo Supino
La vera forza de “L'inganno” e della regia della Coppola, che guarda dritta al “Giardino delle vergini suicide” anche nella forma, sta in questa capacità di gestire i toni e gli equilibri, in un film al lume di candela, minimalista e di notevole intelligenza. Il risultato allora è quello di un thriller psicologico che ammicca alla black comedy, fatto di attenzione a dettagli, parole e piccoli gesti, con battute fulminanti e un'ironia crudele affilata come un rasoio.Magari anche un esercizio di stile: ma di quelli che hanno senso, divertono e si fanno vedere con gran piacere, e che parlano di rapporti di genere, solidarietà e rivalità femminile, esuberanze maschili, senza inutili lungaggini o pedanterie
Riccardo Supino
2 commenti:
Un po' esercizio di stile, un po' no...
Un po' giardino delle vergini suicide, un po' giardino delle vergini omicide... :)
Io l'ho trovato molto deludente e vuoto...mi chiedo con che giustificazioni i giurati del festival di Cannes abbiano assegnato alla Coppola il premio per la migliore regia
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