Non ci resta che vincere
di Javier Fesser
con Javier Gutiérrez, Sergio Olmo, Julio Férnandez
Spagna, 2018
genere, commedia
durata, 124 minuti
“Non ci resta che vincere” è una divertente, ma riflessiva commedia spagnola diretta da Javier Fesser. Marco Montes è un allenatore di pallacanestro, ma, a causa del suo carattere scontroso e dei suoi comportamenti, fin troppo sopra le righe, viene licenziato dalla squadra che allena (come allenatore in seconda). Sconvolto dalla perdita del lavoro il nostro si mette alla guida in stato di ubriachezza e ha un incidente. La pena da scontare è quella di allenare per nove mesi una squadra di pallacanestro, i “Los Amigos”, composta da giocatori disabili. Inizialmente Marco crede di potersi limitare a scontare la pena con il minimo sforzo, ma dovrà presto ricredersi, quando alcuni fattori cambieranno notevolmente.
“Non ci resta che vincere” è una commedia ben riuscita perché riesce a mescolare saggiamente comicità e dramma. Scene divertenti ed esilaranti sono accompagnate a momenti più intensi e riflessivi. Il personaggio di Marco è tale da potersi rispecchiare con facilità nel momento in cui si trova di fronte ad una situazione quasi assurda e paradossale, soprattutto considerando il suo mestiere. Non riesce ad accettare ciò che è stato deciso per lui e nemmeno il fatto che le persone che ha davanti siano, prima di tutto, persone a tutti gli effetti.
Fortunatamente nessuno si perderà d’animo in quella che si trasformerà ben presto in una vera e propria avventura e, così facendo, non sarà solo Marco a cambiare profondamente grazie a questa esperienza, ma anche le persone che ne saranno coinvolte.
Il punto di forza del lungometraggio è la capacità di descrivere i componenti della squadra di pallacanestro come persone dotate di determinate caratteristiche. Queste, pur non essendo propriamente positive in relazione all'obiettivo che Marco si pone (il giocare a pallacanestro), vengono comunque sfruttate al meglio in certe situazioni e permettono di far capire che tutti hanno delle doti e delle qualità da poter mettere in pratica al momento opportuno. Il regista non utilizza attori che interpretano personaggi diversamente abili ma dei disabili “veri e propri”, con i quali si diverte a giocare, anche in fase di costruzione delle scene.
In questo modo lo spettatore riesce, a tutti gli effetti ad entrare in sintonia anche con loro riuscendo a guardarli come Marco sotto una luce differente con il susseguirsi delle vicende e della narrazione.
Emblematiche le scene nelle quali vengono “sfruttati i punti deboli” di alcuni personaggi per farli diventare i loro punti di forza; standogli costantemente accanto, Marco riesce a comprendere la loro volontà, decidendo di sfruttare tutto ciò per il proprio scopo (quello di farli giocare come si deve a pallacanestro). Il problema nascerà quando anche loro, una volta comprese le sue intenzioni e il suo inganno a fin di bene, vorranno fare la stessa cosa nei riguardi del loro all’allenatore.
Il grande successo del film al box office spagnolo è, come già detto, la conseguenza di alternare momenti seri a momenti più ludici e divertenti. Si ride, insomma, e si riflette.
Veronica Ranocchi
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