Copia originale
di Marielle Heller
con Melissa McCarthy, Richard E. Grant, Dolly Wells
Stati Uniti, 2019
genere, biografico, drammatico, commedia
durata, 106’
1991. Lee Israel, una biografa molto brava, ma con un pessimo carattere, si ritrova a dover far fronte a problemi economici non indifferenti. A seguito di un licenziamento dovuto a un bicchiere di troppo che l’ha portata a inveire contro i colleghi, Lee Israel deve trovare una nuova occupazione per poter pagare l’affitto di casa, fornire le cure necessarie al proprio gatto e condurre una vita più o meno dignitosa. Le sue biografie sembrano non interessare più a nessuno, nemmeno alla sua editrice, ma la donna riuscirà a sfruttare le sue qualità e la sua abilità di scrittrice in altro modo. Grazie a due lettere di Fanny Brice, trovate per caso nel libro di una biblioteca e dalle quali riesce ad ottenere 75 dollari, ha l’illuminazione. Inizia, cioè, a scrivere lettere false di autori famosi, impreziosendole come lei ben sa fare, in modo tale che il loro valore cresca sempre più. In questa losca operazione criminale trova l’appoggio di un vecchio amico, Jack Hock, e tutto sembra andare per il meglio fino a che qualcuno non si accorge dei falsi e inizia ad insospettirsi.
Tratto da una storia vera, “Copia originale” altri non è che il riadattamento del romanzo (autobiografico) di Lee Israel, che, alla sua morte, era più famosa per la sua condotta criminale che per quella di scrittrice e giornalista. La regista Marielle Heller, con quest’opera, riesce a mostrare al pubblico, non tanto la storia, in parte assurda, di una scrittrice che diventa criminale, ma a mostrare la vita quotidiana di una donna che, inizialmente, non sa come reagire ai problemi che la vita le pone di fronte. Sembra quasi che Lee si nasconda dietro a delle maschere, non solo quelle degli autori che decide di impersonare, ma anche quelle di burbera e solitaria. Solo con Jack riesce quasi del tutto ad essere se stessa (e lui con lei) come davanti ad uno specchio.
E, a questo, non rende giustizia solo il film e la storia, ma anche l’interprete e, di conseguenza, l’interpretazione. Melissa McCarthy, relegata quasi esclusivamente a ruoli comici, convince pienamente nel ruolo, tutt’altro che semplice, di Lee Israel, poiché conferisce al personaggio una chiave di lettura semplice rendendola, innanzitutto umana. Lo spettatore, durante il film, riesce, non tanto ad immedesimarsi in lei, ma a comprenderla e a capire il perché del suo agire. Allo stesso modo anche Richard E. Grant mostra di che pasta è fatto con il suo, più che riuscito, Jack.
Candidatura come miglior sceneggiatura non originale, miglior attore non protagonista e miglior attrice protagonista a questi Oscar 2019. Purtroppo nessuna delle tre nomination si è concretizzata con l’effettivo riconoscimento, ma sono sicuramente un incentivo per vedere un film che, pur non essendo una commedia, permette di sorridere e che, pur non essendo un film drammatico, aiuta a riflettere.
Veronica Ranocchi
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