Float
di
Bobby Rubio
USA,
2019
genere:
animazione
durata:
7’
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Un
esempio sono i cortometraggi Disney Pixar, da poco disponibili sulla
piattaforma Disney Plus.
Passandoli
in rassegna ci si accorgerà della profondità che raccontano attraverso piccoli
gesti e pochi minuti.
“Float”,
ad esempio, è la storia di un bambino diverso e che, a causa di questa sua
diversità, non viene accettato né dalla società né tantomeno dal padre che
cerca, in ogni modo possibile, di nasconderlo perché sa che potrebbe provocare
delle reazioni negli altri che andrebbero a turbare il figlio. La diversità del
piccolo è quella di riuscire a volare, a fluttuare nell’aria. Il padre,
visivamente provato da questa situazione, cerca con tutti i mezzi a disposizione,
di mascherare ciò, utilizzando dei sassi che mette nello zaino del piccolo e
tenendolo il più possibile fermo ed ancorato a terra. Quando, però, il bambino
esausto di tutto questo decide di liberarsi, il padre pronuncia l’unica frase
di tutto il corto, sufficiente a spiegare a tante cose: “perché non puoi essere
normale?”.
Accettare
questa diversità significa immedesimarsi con il piccolo protagonista, mettersi
nei suoi panni e provare le stesse cose.
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A
livello di animazione, seppur ormai quasi impeccabile, la mano Pixar è fin
troppo evidente con personaggi fisicamente caratterizzati come quelli di altre
storie, facilmente accomunabili. E se da una parte questo può aiutare a
empatizzare con personaggi buoni, già visti, dei quali ci si fida a
prescindere, dall’altra si rischia forse di mescolare le cose.
Ma
in un cortometraggio del genere si può chiudere un occhio e concedere anche
questo.
Veronica Ranocchi
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