Purl
di
Kristen Lester
USA,
2018
genere:
animazione
durata:
9’
Nonostante
i pochi minuti a disposizione i cortometraggi riescono molto spesso nel
difficile compito di trattare tematiche importanti, profonde e, talvolta,
ostiche, in maniera superiore rispetto a quella dei lungometraggi.
Grazie
alla breve durata l’argomento centrale e il suo svilupparsi avvengono, seppur
in maniera rapida, comunque in modo efficace e permettono, attraverso pochi e
semplici gesti o dialoghi di immedesimarsi e immagazzinare informazioni ancora
più di quanto non possa effettivamente fare un classico lungometraggio.
E’
il caso di “Pur”, cortometraggio d’animazione Pixar che si incentra sulla vita
di un gomitolo di lana, assunto in un’azienda.
Purl
è, infatti, il nome di un gomitolo di lana rosa umanoide che viene assunta come
impiegata all’interno di un’azienda composta interamente da uomini che,
inizialmente, sembrano non notarla, proprio perché diversa da loro. A seguito,
però, di un pranzo, al quale la protagonista non viene invitata, capisce,
osservando la foto dei dipendenti, che si tratta di un’azienda tutta al
maschile e, quindi, si adopera per omologarsi agli altri ed essere accettata.
Così facendo viene, finalmente, notata dai colleghi che iniziano a
considerarla, finché non arriva un nuovo gomitolo che rischia di subire la
stessa sorte di Purl. Fortunatamente quest’ultima capisce e decide di fare da
tramite tra gli umani e la nuova arrivata, dandole così un’opportunità e
facendo strada a nuovi futuri gomitoli.
Tra
le righe si possono leggere e scovare varie tematiche, ma ciò che emerge è,
oltre all’accettazione, un chiaro riferimento al femminismo, o meglio alla
disparità tra uomo e donna che, in alcuni ambienti, è ancora ampiamente
presente.
In
questo caso, però, trattandosi di animazione, sembra quasi passare in secondo
piano il fatto che Purl sia una femmina e che non venga accettata per questo,
perché ci si concentra sulla forma, sull’aspetto e, quindi, sul fatto che sia
un gomitolo e non un essere umano. Il fatto di essere una donna è secondario,
tanto che non vengono citati elementi o aspetti che facciano riferimento a
questo (se si vuole l’unica caratteristica è il colore rosa, ma, ad esempio,
nella nuova arrivata Lacy, seppur gialla, è molto più evidente questo tratto).
Nonostante
tutto, però, e nonostante un primo momento in cui si abbatte e demoralizza
pensando che non ci sia spazio per lei in questa azienda, Purl riflette e pensa
di sconfiggere l’ostilità nei suoi confronti superando i suoi colleghi con
l’astuzia e, quindi, mascherandosi come loro. Nel momento in cui Purl assume un
aspetto più vicino a loro e più “maschile” tutto sembra lecito e tutti i
colleghi sembrano disposti ad ascoltarla ed invitarla. In questo modo, però,
paradossalmente, non risulta una vincitrice perché non riesce ad evadere da
questo mondo e, anzi, deve omologarsi per sentirsi accettata. Fortunatamente
l’arrivo di Lacy le permetterà di aprire gli occhi e di vedere le cose nel
giusto modo: nessuno deve trasformarsi o modificarsi in alcun senso per essere
accettato dagli altri. Ogni persona è unica e speciale a suo modo, senza
doversi conformare a niente e nessuno, ma rimanendo se stessa. E’ questo il
vero insegnamento di “Purl” che, in una decina di minuti riesce a far vedere il
mondo letteralmente da un’altra prospettiva.
Veronica Ranocchi
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