Miles Davis: birth of the cool
di, Stanley Nelson
genere: documentario
U.S.A. 2019
durata:, 113’
Il più grande limite delle autobiografie
è non poter raccontare la propria morte
Sarebbe dannatamente divertente
Se è vero che nella storia, specie recente, esiste l'insensata corsa ad affibbiare pressoché a chiunque l'appellativo di genio - neanche a dirlo, nella stragrande maggioranza dei casi il presunto tale, nei fatti, è più inetto di chi lo ha elevato alla posizione di mente superiore - nel caso si dovesse, con bavaglio alla bocca e pistola puntata alla tempia, cercare qualcuno da titolare con l'epiteto di cui prima, quel qualcuno - specie perché emerso con una naturalezza tanto straordinaria quanto insensata dalle macerie del secolo a oggi più buio della storia dell’umanità, il ‘900, e non foss'altro perché ogni cosa aveva da un pezzo cessato di esistere - potrebbe tranquillamente essere Miles Davis.
In "Birth of the cool", documentario senza eccessive pretese cinematografiche dal punto di vista del linguaggio - fatta eccezione per il momento in cui prendono piede le immagini di "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle, del quale il musicista ha composto, o meglio improvvisato, la colonna sonora - si alternano le voci narranti degli intervistati - tra parenti, amici e/o musicisti con cui Miles aveva in qualche modo avuto a che fare - e quella di repertorio dello stesso Davis che, proprio grazie a essa, nel giro era stato affettuosamente insignito del titolo di Signore delle Tenebre. Particolarmente apprezzabile, poi, è l'onestà con cui procede il racconto biografico del nostro, del quale vengono sì esaltate le doti ma parallelamente messi in evidenza - senza toni né assolutori né inquisitori - i lati più oscuri della vita, tra cui i problemi di droga e la violenza domestica di cui si è reso più volte tristemente protagonista.
La piacevolezza della visione è data anche dal sarcasmo con cui Davis, in maniera sia diretta - la sua oscura voce pronuncia frasi esilaranti come "Frances è stata la miglior moglie che abbia mai avuto" - che indiretta - dopo i sette anni di assenza dal palco e di separazione del suo corno (così viene denominata la tromba nel corso del film) acquista una Ferrari giusto per l'occasione - propone il racconto delle situazioni che si è trovato ad affrontare. Per dirne una: dopo la consacrazione definitiva avvenuta con "Kind of blue", dando una rapida occhiata al panorama musicale in cui il rock aveva spopolato e riempiva gli stadi, semplicemente ebbe a dire: "... molti musicisti rock hanno successo senza saper suonare, quindi ho pensato che se loro arrivano a così tanta gente senza aver idea di quel che fanno, potrei farlo anche io, però meglio". E l'ha fatto, dando vita a una sperimentazione di suoni che ancora oggi sembrano venire da un'epoca troppo futura per poter prendere forma.
Non è un caso, allora, se "Birth of the cool" si apre con Davis che, sulle note di "So what", esordisce dicendo "la musica è sempre stata la mia maledizione” e se, proprio per questo, trasformare la sua maledizione nella nostra benedizione è il più appagante dei miracoli.
Antonio Romagnoli
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