Il silenzio della palude
di Marc Vigil
con Pedro Alonso, Alex Monner, Carmina Barrios
Spagna, 2019
genere: thriller
durata: 92 minuti
L’ormai
celebre attore spagnolo Pedro Alonso, noto al grande pubblico per la sua
interpretazione del personaggio di Berlino nella serie tv di successo “La casa
di carta”, è il protagonista del thriller spagnolo disponibile su Netflix dal
titolo “Il silenzio della palude”.
Una
trama intricata (probabilmente anche troppo) per l’esordio alla regia dello
spagnolo Marc Vigil che tenta di adattare allo schermo la trama dell’omonimo
romanzo di Juanjo Braulio.
Pedro
Alonso interpreta Q, uno scrittore di polizieschi dall’identità decisamente
ambigua. Se in pubblico si mostra come una persona qualunque, più o meno
disponibile ad incontrare i tanti fan dei suoi romanzi che lo accolgono a
braccia aperte chiedendogli delucidazioni e autografi, nel privato appare come
un uomo completamente diverso e molto più cupo.
Il
film si apre immediatamente con l’uccisione, da parte di Q, del tassista che lo
stava portando verso la sua meta. Se fino ad un istante prima il pubblico
poteva credere in un’eventuale innocenza o bontà da parte del protagonista,
dopo questo fatto deve assolutamente ricredersi e provare ad entrare dentro il
complesso enigma che lo accompagnerà per tutta la durata della storia, mentre
la sua voce narrante cercherà di spiegare quello che sta avvenendo o che avverrà,
quasi fosse il narratore del libro stesso che l’uomo sta scrivendo.
Ma
è la domanda posta da una fan a colpire l’attenzione di Q, e non solo, e la
domanda è “perché uccide?”. Quesito più che lecito che tutti coloro che si
approcciano alla visione si chiedono fin dal primo istante, ma al quale, almeno
inizialmente, non sembrano trovare risposta. Questo perché si viene
costantemente spostati da un luogo a un altro, da una situazione ad un’altra
senza aver ben chiaro il punto di partenza né tantomeno quello di arrivo. Q,
già di per sé un personaggio molto più che ambiguo, sembra intrecciarsi quasi
alla perfezione tra la sua vita e ciò che decide di scrivere e di raccontare.
Per questo motivo anche lo spettatore è spiazzato e non riesce a comprendere se
ciò che vede à la reale vita del personaggio o quella descritta all’interno del
romanzo che questi sta cercando di portare a termine. E il rapimento del
professor Carretero, ex politico coinvolto in uno scandalo, da una parte può
aiutare, ma dall’altra crea ancora più confusione. Q lo rapisce e lo tiene
segregato per alcuni giorni mentre sembra tentare di scrivere il proprio
romanzo. La percezione è, quindi, quella che il personaggio descritto nelle
proprie opere da Q non sia altro che una sorta di trasposizione su carta di ciò
che lui effettivamente compie nella realtà, quasi come spunto per nuove
avventure a favore del proprio personaggio.
Insomma
un intreccio indubbiamente interessante, ma che, per contro, porta lo
spettatore ad allontanarsi. La domanda da porsi, infatti, è: si entra davvero
in sintonia con il personaggio? Si riesce davvero a comprendere l’operato e/o
il motivo per il quale agisce in un certo modo? In realtà anche noi, così come
lo stesso Q, risponde alla donna che gli pone la domanda ci areniamo nel
“uccide perché può”, senza tentare di dare una spiegazione approfondita. Il
finale, che indubbiamente è una metafora, apre nuovi scenari e possibilità che
ognuno può divertirsi a tentare di svelare, illudendosi di avere in mano una
soluzione che, però, è solo effimera.
Un
Pedro Alonso molto bravo, soprattutto nel riuscire a districarsi all’interno
del proprio personaggio che assume diverse sfaccettature nel corso dell’intero
film, ma che non riesce ad emergere completamente.
E
una violenza, talvolta gratuita, solo per mostrare e dimostrare l’efferatezza e
la crudeltà alla quale possono far ricorso i personaggi descritti pur di
ottenere ciò che desiderano.
Veronica Ranocchi
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