venerdì, agosto 05, 2022

Aspettando Venezia79: AMORES PERROS

Amores Perros

di Alejandro G. Inarritu

con Gael Garcia Bernal, Alvaro Guerrero, Goya Toledo

Messico, 2000

genere: drammatico

durata: 153’

Primo lungometraggio di Alejandro G. Inarritu (e primo film della trilogia della morte), “Amores Perros” anticipa già l’impronta che la filmografia del regista messicano avrà poi successivamente.

Un tono e un carattere della narrazione facilmente riscontrabile in tutti i suoi film.

Tre capitoli che si intrecciano perfettamente e inconsapevolmente tra loro. Tre storie che, in apparenza, sembrano distanti, ma che in realtà hanno molti punti in comune.

Da una parte ci sono Octavio e Susana. Octavio vive in casa con la madre, il fratello Ramiro e la compagna di quest’ultimo. Con lei nasce una sorta di legame incentivato dai modi bruschi con i quali Ramiro tratta la compagna dalla quale ha un figlio. Octavio vorrebbe scappare con la donna, ma non ha denaro a sufficienza. Per questo decide di far combattere il proprio cane, fisicamente molto forte, in degli scontri clandestini che gli valgono, però, molto denaro.

Nel secondo capitolo i protagonisti sono Daniel e Valeria. Lei, una modella molto legata al proprio cagnolino. Lui, il suo compagno appena separatosi dalla moglie. I due vanno a vivere insieme, ma a seguito di un incidente stradale, la vita di Valeria cambierà radicalmente e, con essa, anche il rapporto tra lei e Daniel.

Nel terzo e ultimo capitolo al centro della scena c’è un sicario, El Chivo, un ex guerrigliero che vive insieme a dei cani in un quartiere malfamato della città. Gli viene chiesto di uccidere un uomo su ordine del fratellastro, ma come porterà a termine la missione?

I tre capitoli, così descritti, sono apparentemente scollegati tra loro. Ma in realtà si intersecano a causa di un incidente automobilistico mostrato nella sequenza iniziale e poi ripreso e mostrato sotto prospettive sempre diverse.

Ma l’incidente non è l’unico tratto comune alle tre storie. Quello che le collega è anche un altro elemento. Sicuramente quello della morte, che rimanda quindi alla trilogia di cui “Amores Perros” è, in qualche modo, la genesi. Ma a farla da padrona è anche e soprattutto la perdita. Ognuno dei protagonisti dei capitoli subisce una perdita, più o meno evidente, più o meno importante, più o meno radicale. Ma comunque una perdita che li cambierà profondamente. E non si tratta necessariamente di una perdita fisica. Inarritu vuole far riflettere lo spettatore sulla sensazione che ognuno di noi prova nel momento in cui si ritrova senza qualcosa o qualcuno. Un’analisi che si insinua nella mente dei personaggi e, con loro, nella mente dello spettatore. Attraverso tre storie così lontane, diverse ed estranee tra loro, si entra in relazione con il modo di pensare e di agire.

Altro elemento sul quale il regista messicano cerca di attirare l’attenzione è la doppia natura dell’uomo. Anche in questo caso ognuno dei personaggi coinvolti negli avvenimenti dei vari capitoli è come se si trasformasse nel momento in cui succede qualcosa nella vita che dà una svolta alla “classica” routine. Una doppia natura ben espressa dal titolo che il regista sceglie per il suo lungometraggio dove l’amore, in qualsiasi sua forma e accezione, è quel qualcosa che muove l’individuo, mentre “perros”, che in spagnolo significa cani, rimanda all’idea che la natura umana sia, in qualche modo, legata a quella dei cani. E, infatti, non è un caso che il cane sia una figura ricorrente e ben presente nei vari capitoli.

Un inizio importante per un regista che ha continuato e continua a raccontare la sua realtà dal suo punto di vista unico.


Veronica Ranocchi

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