sabato, agosto 27, 2022

NOPE

Nope

di Jordan Peele

con Daniel Kaluuya, Keke Palmer, Steven Yeun

USA, 2022

genere: horror, fantascienza, thriller

durata: 130’

Forse sarebbe un errore definire “Nope” un horror a tutto tondo. Il lungometraggio realizzato da Jordan Peele è tante cose, non solo un horror. Regista legato al genere, ma comunque autore che cerca di raccontare anche altro oltre alla semplice storia. E non è scontato, anzi.

“Nope” inizia mostrando un avvenimento passato, precisamente del 1998. Siamo sul set di una sitcom (“Gordy’s Home”) e la scimmia protagonista, a seguito dell’esplosione improvvisa di un palloncino, ha una reazione violenta nei confronti degli attori presenti che attacca, ferendoli mortalmente. Il più piccolo, il giovanissimo Jupe, si nasconde sotto un tavolo e sta per riappacificarsi con l’animale quando le autorità fanno fuori la scimmia senza esitazioni.

Nel presente OJ e Em sono i due figli del proprietario di un ranch che addestra cavalli per produzioni cinematografiche, ma che rimane ferito mortalmente da una moneta caduta dal cielo che lo colpisce alla testa e all’occhio. I due cercano di fare il possibile per mantenere viva l’attività del padre, ma, a seguito di un incidente con un cavallo, vengono licenziati. Em sembra intenzionata ad andarsene per cercare fama e fortuna altrove, ma la notte prima il ranch viene colpito da un blackout e i cavalli iniziano a comportarsi in maniera anomala in reazione a una presenza sconosciuta.

Da quel momento tutto sembra cambiare per i due protagonisti che si intestardiscono nel voler, in tutti i modi, immortalare la “creatura aliena” a dimostrazione della sua esistenza.

Una sorta di fanta-horror è quello che Peele mette in piedi. Con maestria.

In due ore di film riesce a condensare generi, tematiche e riferimenti degni di uno dei più grandi cineasti.

Perché guardando il film da una prospettiva semplice e semplicistica si può apprezzare la scelta di aver fuso insieme, in modo convincente, horror, fantascienza e western, con tutti i pezzi del puzzle che combaciano tra loro. Ma con un’analisi più approfondita si scopre, in realtà, che c’è molto di più. Un universo di metacinema dove niente è lasciato al caso e tutto contribuisce a raccontare e diffondere la favola che è la settima arte. Da Em, imbonitrice quasi per caso, che racconta la presunta parentela di lei e del fratello con il fantino senza nome immortalato nella serie di fotografie “Sallie Gardner at a Gallop” di Eadweard Muybridge al direttore della fotografia che accetta di seguirli e di documentare la presenza con una macchina da presa manuale di sua invenzione. E sempre rimanendo sul suo personaggio, esso rappresenta, in qualche modo, anche un’umanità e una contemporaneità mai appagata, ma anzi che continua a cercare la perfezione o comunque la svolta in qualsiasi cosa. Il suo tentativo di immortalare la creatura aliena diventa metafora della realtà odierna, nella quale la ricerca nei confronti della versione più nuova, più bella e migliore è l’obiettivo principale.

Dal canto loro, anche OJ ed Em cercano di fare il possibile per dare un volto alla creatura e, per farlo, hanno bisogno di immortalarla, di fermare il suo aspetto e i suoi movimenti su qualcosa anche e soprattutto per far sì che sia qualcosa di credibile nei confronti degli altri. Il dover dimostrare sempre qualcosa e il dover far ricorso continuamente a prove concrete e tangibili è un aspetto caratteristico della realtà di oggi e che viene illustrato sapientemente da Peele nel suo lungometraggio.

Oltre a tutto questo non si può non citare la creazione del campo elettromagnetico da parte dei due fratelli che sembrano ricreare, indirettamente, la realizzazione di un vero e proprio film.

Accanto a un Daniel Kaluuya, ormai attore fondamentale per Peele, utilizzato quasi come una musa, che riesce sempre a rendere il mistero e la preoccupazione dei suoi personaggi coinvolti in situazioni al limite del reale, c’è sicuramente una Keke Palmer degna di nota che, non solo porta “burrasca” nella storia e nell’apparente quiete di OJ, ma dà anche un importante contributo nel portare avanti la ricerca.

Ai due protagonisti neri (elemento fondamentale nella filmografia del regista), Peele sceglie di accostare personaggi minori che, nonostante la minore apparizione e rilevanza ai fini della storia, riescono a dire la loro, come Brandon Perea e Steven Yeun. È davvero arrivata una sorta di svolta per l’horror con questo regista?


Veronica Ranocchi

2 commenti:

Tizyana ha detto...

Unire insieme nel film in modo convincente, horror, fantascienza e western è stata una scelta azzeccata.

nickoftime ha detto...

@Tizyana sono d'accordo! Inizialmente può sembrare "sbagliato" per chi si aspettava un horror e basta, ma in realtà, così facendo, convince ancora di più! -Veronica