lunedì, agosto 08, 2022

Aspettando Venezia79: IN BRUGES - LA COSCIENZA DELL'ASSASSINO

In Bruges – La coscienza dell’assassino

di Martin McDonagh

con Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes

UK, USA, Belgio, 2008

genere: commedia, drammatico, gangster

durata: 107’

Primo lungometraggio di Martin McDonagh dopo il successo ottenuto con il cortometraggio che gli è valso anche la vittoria ai premi Oscar, “In Bruges” introduce il cineasta e la sua visione del mondo. Una visione “ibrida” che non è mai né completamente bianca né completamente nera. Risulta, infatti, difficile etichettare i film del regista britannico. Drammi? Commedie? Sono molteplici i generi che vanno a comporre le sue opere, “In Bruges” compreso.

Il film ha al centro due sicari, interpretati da Colin Farrell e Brendan Gleeson. I due, a seguito di un colpo andato male, vengono spediti dal proprio capo Harry (Ralph Fiennes) nella cittadina di Bruges. Il temibile Harry, che conosciamo davvero soltanto a metà film, dal momento che all’inizio si conosce tramite “indizi” e sotterfugi (come la telefonata, per esempio), è innamorato della città belga nella quale, a detta sua, ci si può riposare e rilassare in tutta tranquillità. La pace del luogo risulta, quindi, in contrasto con la “coscienza” dei due sicari e di Harry stesso.

Ma il modo di narrare la storia permette al pubblico di entrare in sintonia con i personaggi a tal punto da vedere la realtà come la vedono loro e, quindi, in maniera quasi distorta.

L’errore compiuto da uno dei due sicari nel precedente compito è irrimediabile e tremendo. Nell’omicidio commissionato loro ha perso la vita, per sbaglio, anche un bambino. Per questo il personaggio interpretato da Colin Farrell deve inevitabilmente riflettere e cercare di trovare una sorta di catarsi a Bruges, in attesa di nuove disposizioni dal temibile capo. Qui, però, a colpire il giovane è uno stato di indifferenza nei confronti del mondo, della vita e delle altre persone. A nulla valgono i discorsi pseudo motivazionali del “collega” che cerca di fare il possibile per rimetterlo in carreggiata.

La svolta, però, avviene quando il capo telefona con il compito successivo. Da quel momento la vita dei due sicari cambia completamente e le dinamiche tra i due si evolvono in maniera tragicomica. Talmente tragicomica da far entrare in azione anche lo stesso Harry.

“In Bruges” è denso di situazioni e dialoghi che inevitabilmente suscitano risate nello spettatore che, nonostante questo, resta col fiato sospeso per tutta la durata del film, in attesa di un epilogo per nulla scontato.

Facendosi aiutare dalla svolta più strettamente legata al black humour (che non va mai sopra le righe, naturalmente considerando la situazione), McDonagh suscita nel pubblico riflessioni non troppo banali e scontate. Una su tutte l’importante della vita e della morte e la concezione delle stesse.

Oltre a questo c’è da considerare anche l’abile strategia con la quale il regista contrappone due modi di vedere e di pensare. Erroneamente si potrebbe pensare che l’autore metta in contrapposizione la visione del mondo di Harry con quella dei due killer, oppure addirittura quella dei due sicari stessi che, per ovvie ragioni, hanno idee e concezioni diverse. Erroneamente, appunto. Perché il modo di far riflettere è ancora più nascosto e camuffato. McDonagh si fa aiutare dal paesaggio, da ciò che lo circonda e anche dalle persone/comparse che sembrano essere solo e soltanto di passaggio, ma che in realtà sono lì per uno scopo. La famiglia “grassa e cicciona”, come lo stesso Farrell sottolinea rappresenta una visione ben precisa: quella dell’America vista dal resto del mondo, turista, menefreghista e che punta solo sull’apparenza, così come il nano e il canadese. A fare da contraltare a questa visione non c’è solo Bruges, in quanto luogo ameno, calmo e tranquillo, ma c’è tutto quello che, indirettamente e silenziosamente, la città mostra, come chiese, musei, strade. Due visioni contrapposte che, però, in qualche modo, tentato di coesistere tra loro. E lo fanno attraverso le figure dei due protagonisti.

Non solo Colin Farrell (vincitore anche di un Golden Globe come miglior attore) e Brendan Gleeson, entrambi pronti a tornare nel prossimo film in concorso nel 2022, ma anche un Ralph Fiennes in splendida forma, contribuiscono a “dare il via” a un regista che, con alcune mescolanze, ha ormai creato un genere tutto “suo”.


Veronica Ranocchi

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