sabato, dicembre 31, 2022

THE FABELMANS

The Fabelmans

di Steven Spielberg

con Michelle Williams, Gabriel LaBelle, Seth Rogen

USA, 2022

genere: drammatico

durata: 151’

Anche Steven Spielberg prova a dare vita alla sua idea di cinema. E lo fa con lo stile che lo contraddistingue da sempre e che lo ha collocato, con il tempo, nell’olimpo dei grandi. “The Fabelmans” è, come spiega lo stesso regista all’inizio, un atto d’amore alla famiglia, ma soprattutto alla settima arte, quella che ha conferito a Spielberg la notorietà e quella che, più di ogni altra cosa al mondo, gli ha permesso di esprimersi.

Sammy Fabelmans è un giovanissimo alter ego del regista che viene portato al cinema dai genitori per la prima volta e assiste a un film western il cui culmine è rappresentato dallo scontro frontale tra un’auto e una diligenza. Sammy è travolto da ciò che ha visto e, dopo aver ricevuto in regalo dei vagoni ferroviari giocattolo, mette in scena, a casa, un incidente simile per capirne le dinamiche e pensando di poterlo riprendere e “stravolgere” quando e quanto vuole. In questo lo aiuta la madre che, nonostante i timori del padre, sembra voler incoraggiare quello che non è “solo un hobby” per il figlio. Sammy cresce e inizia a frequentare la scuola dove deve fare i conti con i bulli della zona che lo prendono di mira in quanto ebreo. In parallelo vorrebbe continuare il suo interesse per il cinema, ma in parte impaurito dagli “avvertimenti” di uno strampalato zio Boris, in parte distrutto dalla disgregazione del rapporto tra i suoi genitori, comincia ad allontanarsi da ciò da cui è attratto più di ogni altra cosa al mondo. Ma uno come Sammy può davvero stare lontano dalla cinepresa e dal cinema?

Il film più personale di Spielberg, come lui stesso l’ha definito, ma anche quello più personale per qualsiasi cinefilo o appassionato di questa arte. Più volte nel film, le riprese e le cosiddette “immagini in movimento” prendono il posto delle parole e vengono utilizzate per esprimere concetti, per confrontarsi, per dialogare.

Quello che fa Spielberg con questo film non è solo elogiare il cinema in quanto arte che ormai ha fatto sua nel corso degli anni, ma è un omaggio a tutto il cinema, ai grandi autori di questa arte e anche un elogio alla ricerca di un sogno (che può prescindere dal cinema stesso) verso il quale bisogna sempre protendere, senza mai arrendersi. Sammy è la prova lampante di cosa significhi non lasciarsi mai scoraggiare, ma continuare per la propria strada alla ricerca del proprio sogno. Che sia il cinema, che sia l’amore, che sia qualsiasi altra cosa, l’insegnamento della famiglia Fabelmans è proprio questo: mai gettare la spugna, ma supportarsi sempre a vicenda.

In un film che usa il cinema per parlare di cinema, sono tanti i richiami e i riferimenti che il regista inserisce, anche involontariamente, quasi sfidando il lettore, come la scena dell’incidente del treno che il giovanissimo Sammy vede al cinema e che strizza l’occhio alla nascita della splendida invenzione dei fratelli Lumière.

Ma “The Fabelmans” è anche una grandissima Michelle Williams, nel ruolo della madre del protagonista. Una donna che inizialmente si mostra forte e capace di sorreggere l’intera famiglia, tenendo le redini e potendo controllare ogni singolo tassello. Questo finché Sammy, proprio grazie a quelle riprese che lei stessa aveva incentivato, non si accorge di qualcosa che, pur essendo abbastanza alla luce del sole, nessuno aveva mai notato. E anche qui viene sottolineato il potere del cinema e delle sue riprese, in grado di scovare e scavare dentro (e non solo) ognuno di noi. Da quel momento tutto cambia e la forza di Mitzi, la madre, viene meno per far spazio a una “rassegnazione”, a un’accettazione della realtà e al disvelamento di quello che credeva un segreto ben celato in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa. Nel rendere questo cambiamento del personaggio la Williams è perfetta. Degno di menzione il momento in cui, accovacciata nell’armadio del figlio vede scorrere davanti a sé quelle immagini che prima ha vissuto in prima persona, inconsapevole che un occhio “esterno” la stava riprendendo. Lo spettatore conosce già il contenuto di quelle immagini e si concentra, quindi, solo ed esclusivamente sullo sguardo di una donna che comprende, poco alla volta, la sua “sconfitta”. Accanto a lei anche un giovanissimo Gabriel LaBelle che, nonostante la giovane età, si destreggia molto bene tra attori più navigati.

E, infine, come non poter citare il divertente e geniale cameo di David Lynch nel ruolo di quello che, a detta del film, è, per l’epoca in cui “The Fabelmans” è ambientato, il miglior regista in assoluto, John Ford? Una scena che vale da sola tutto il film, da vedere e rivedere, magari con l’orizzonte spostato, in alto o in basso.

Una dichiarazione d’amore al cinema che è già storia.


Veronica Ranocchi

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