Eravamo bambini
di Marco Martani
con Alessio Lapice,
Lucrezia Guidone, Giancarlo Commare
Italia, 2023
genere: drammatico,
thriller
durata: 101’
Facendo leva sul riuscito scritto di Massimiliano Bruno, su un cast corale molto ben assortito e calibrato e su un montaggio che aiuta e dà un tocco ancora più “spaventoso” al tutto, il film di Marco Martani Eravamo bambini racconta una storia dove a prendere vita è il classico modo di dire “la vendetta è un piatto che va servito freddo”. Il film, presentato nell’ambito della Festa del Cinema di Roma ad Alice nella città, nella categoria Panorama Italia, è prodotto da Minerva Pictures, Wildside, Vision Distribution e distribuito da Europictures.
Tutto inizia la notte in
cui un giovane trentenne viene arrestato dai carabinieri per essere stato
trovato con un coltello con il quale intendeva minacciarli. L’interrogatorio è
semplice: il giovane non intende pronunciare neanche una parola. Poi improvvisamente,
facendo riferimento ai fuochi d’artificio, comincia lentamente a raccontare
qualcosa che appartiene al passato. Un passato che riaffiora anche sullo
schermo con un intreccio perfetto costruito e montato con particolare
attenzione in modo da non rivelare niente prima del tempo.
Ed ecco che, tramite
flashback e dialoghi dai quali trapelano tematiche e dinamiche che dal passato
si ripercuotono nel presente, cominciamo a rimettere insieme i pezzi di un
puzzle non di semplice “digestione”.
Inizialmente sbalzati da
un personaggio all’altro e da una storia all’altra senza capire in che modo
esse possano essere collegate, tutto appare chiaro quando i tasselli si
avvicinano e ricompongono un insieme che da troppo tempo era rimasto
inconcluso.
Eravamo bambini o, in
qualche modo, lo siamo ancora?
In parte Martani sembra
farci riflettere anche su questo e sulle conseguenze che un avvenimento possa
portare nella vita delle persone, anche a distanza di tempo. Ne sono una
dimostrazione Gianluca, celerino che non riesce a mantenere troppo autocontrollo
soprattutto in situazioni in cui dovrebbe portare equilibrio; Walter, nascosto
dietro la maschera del “cantante” Inferno, inglobato dai propri tatuaggi che
gli coprono anche il volto e che dimostra di avere sentimenti solo quando è con
la figlia; Margherita, l’unica ragazza del gruppo disposta a trovare uno svago
dai propri pensieri passando da un uomo all’altro; Andrea, il fratellino di
Margherita, con una forte dipendenza dalla droga che spesso lo mette nei guai;
Cacasotto, che già dall’emblematico nome, è colui che più di tutti è rimasto
ancorato al passato e ai ricordi di un passato fin troppo lontano solo per
paura e, infine, Peppino, quello apparentemente più distante e lontano, ma che,
come tutti gli altri, ha sofferto e soffre senza nemmeno rendersene conto.
A fare da cornice a
questi 5 protagonisti, dei quali sappiamo qualcosa solo grazie ai brevissimi
“capitoli” iniziali che li riguardano e alla ricostruzione di un passato che
continua ad appartenere loro e a essere tatuato sulla loro pelle, ci sono i
genitori. Quegli stessi genitori che sono base e conseguenza della vita e delle
scelte di ognuno dei protagonisti, nel bene e nel male. Perché, seppur in
maniera più nascosta, un altro tema importante del film di Martani è anche la
famiglia e, con lei, le conseguenze che un buono o cattivo rapporto può
portare. Continue sfaccettature dello stesso aspetto sono quelle che appaiono
nel film, dalle famiglie con genitori e figli dei flashback alla famiglia
formata soltanto da Margherita e Andrea, a quella formata da Walter e sua
figlia, arrivando a quella che i cinque (sei) protagonisti hanno fatto nascere
grazie alla loro amicizia.
Un film cupo che lascia
decidere allo spettatore se quella piccola stradina in mezzo al niente porti
dritta all’oscurità o a una speranza che potrebbe sapere di redenzione.
Veronica Ranocchi
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