Il film del canadese e' solo un esempio di una tendenza sempre piu' generalizzata, da parte di chi fa opinione, di esaltare quei film di registi, fino a poco tempo prima messi all'indice per il contenuto delle loro opere, ritenute pericolosamente malate e sobillatrici dell'ordine costituito ed ora esaltate per la riproposizione degli stessi temi, opportuamente ripuliti degli aspetti meno digeribili.
Accanto al regista canadese figurano una schiera di ex-negletti che appena ritrovano la cosiddetta "linearita' di struttura". "..si sente la mano del cosceneggiatore Lawrence Block, formato al rigore dei gialli.." afferma Mereghetti quando dichiara di apprezzare la coerenza narrativa di Blueberry Nights di Wang Kar Wai, di per se' un pregio quando fa riferimento ad un cinema di tipo classico, sul modello riassunto in maniera splendida da tutta la filmografia di Clint Eastwood, un altro regista di cui bisognerebbe parlare a proposito di subitanei ripensamenti - dove la cronologia delle azioni e' la chiave necessaria per la loro interpretazione, ma banalizzante all'ennesima potenza quando ingabbia un cinema che vorrebbe esprimere l'ineffabile. Oppure dall'esaltazione tout cort dello sperimentalismo alla moda e molto voyeristico di Paranoid Park, l'ultima acclamatissima opera di Gus Van Sant (intere redazioni di giornali specilizzati lo indicano come miglior film del 2007!) - icona (i Cahiers du Cinema lo schiaffano nella loro empirea copertina in segno di riconosciuta venerabilita'!) prescelta per rimpiazzare il Von Trier, beniamino caduto in disgrazia - al salvataggio in calcio d'angolo di uno dei grandi della "Nuova Hollywood", il Francis Coppola di A youth without a youth, il cui polpettone filosofico-religioso-esistenziale viene graziato dai corrispondenti della Festa romana e, quand'anche criticato, si tratta pur sempre di buffetti affettuosi.
Di questo passo non si devono preoccupare "David Inland Empire Lynch" o "Emanuele
Nuovomondo Crialese" (unico tra i giovani registi italiani capace di ragionare con la propria testa), apertamente sbuccellati alla penultima mostra veneziana, per alcune sequenze ritenute pretenziose o volutamente criptiche (il mare di latte da dove emergono e poi nuotano gli emigranti siciliani e praticamente tutto il film del regista.