lunedì, marzo 03, 2008

L'innocenza del peccato


Il prolifico regista, autore di una filmografia sconfinata e di livello si ripresenta ai nastri di partenza con un'altra storia di ordinaria follia in cui le conseguenze dell’ossessione amorosa e della lotta di classe sono i temi dominanti. Intenta a conquistarsi un posto al sole nel mondo giornalistico televisivo, Gabrielle, ragazza bella e disinvolta si imbatte dapprima con lo scrittore di successo Charles di cui diventa impudica ed insaziabile amante, e successivamente in Paul, fragile e viziato erede di una impero commerciale, abituato ad ottenere ciò che vuole e deciso a conquistarla. L’incrocio di caratteri tanto diversi ma in fondo accomunati da un comune senso di insoddisfazione, darà il via ad una serie di reazioni a catena, frutto di personalità sempre in bilico tra cedimento patologico e premeditatà meschinità, le cui drammatiche conseguenze ribalteranno le premesse psicologiche dei suoi protagonisti.
Il film conferma la predilezione del regista per l’analisi dei comportamenti e dei condizionamenti sociali rispetto all’intreccio della trama che alla maniera dell’amato Simenon nasconde sotto l’apparente semplicità degli eventi una tensione drammaturgia derivanti dall’ambivalenza della psiche umana. Un inferno di ipocrisie che Chabrol disvela con un processo rigoroso ed inesorabile, costruito su analogie e dissonanze (commenti musicali e dialoghi in apparente contraddizione con il corrispettivo filmico), e che si compone di una serie di dettagli visibili ma non invadenti, che assumono senso con il procedere della storia: si pensi al libro dello scrittore ripetutamente disprezzato all’inizio del film con un gesto che sembra quasi una presa di posizione nei confronti dei premi letterari oppure alla valenza degli ambienti, in questo caso le case dei 3 protagonisti, quella natale di lei, divisa con la madre, a rivelare un bisogno d’affetto mai sopito opposta a quello del suo amante, una villa asettica e piena di confort simbolo della doppiezza del suo amante che in pubblico si proclama uomo dai costumi monacali, per finire con quella vittoriana del miliardario, immobile e perfetto campanello di allarme di una famiglia che nasconde la sua spietata freddezza davanti al decoro delle maniere. Per non dimenticare il sapiente uso dei colori, con il rosso che doppia quello dei guanti del giudice inflessibile interpretata dalla Huppert ne “La commedia del potere” e che qui compare saturando le sequenze iniziali e negli abiti più spregiudicati della protagonista, feticcio che riceve e produce sangue, a quelli finti e definiti della televisione, surrogato della vita reale di cui riproduce gli stessi meccanismi di potere, a quelli in penombra dell’ambiguo club dove lo scrittore regala alla giovane un regalo di compleanno indimenticabile, a quelli neutri e prosaici della vita quotidiana. Un determinismo costruito sulle differenze economiche e di ceto che non può essere messo in discussione neanche dalla verità delle pulsioni che al di la del godimento momentaneo finiscono per condannare i trasgressori del sistema con una punizione pari alla grandezza del loro sogno. Il sorriso di Gabrielle, in abiti circensi ed appena resuscitata da una "morte per scherzo" (il trucco del prestigiatore che taglia in due la ragazza rimanda simbolicamente al titolo originale "Una ragazza tagliata in due") che fa il verso a quella vera,(accaduta poco prima sullo schermo), sembra il presagio, per quella risposta d'amore appena ricevuta dall'applauso generoso del pubblico pagante, di una fine ancora lungi dall'essere decisa.

2 commenti:

veri paccheri ha detto...

eh, il grande chabrol, che sviluppa i personaggi con grande arte e misura, che si concentra sugli effetti che gli eveni hanno sulle persone, che intesse dialoghi come fili preziosi, che fa ridere, riflettere, turbare.
finale d'effetto, molto simbolico e originale.
bellissima la tua recensione!

Anonimo ha detto...

Ciao Veri
mi fa piacere che ti siano piaciute le considerazioni sul film e nel contempo aspetto di leggere le tue sul film della Satrapì
un abbraccio
NICKOFTIME