La classe è uno di quei film che sembrano preesistere alla loro messa in scena. Voglio dire che ogni singolo elemento di quella rappresentazione sembra appartenergli indipendentemente dalla volontà del suo autore; è come se tutte le parti in gioco trovassero proprio in quel momento il modo migliore per esprimersi e diventassero come per incanto una cosa sola. Un armonia di immagini e di suoni, di umanità e situazioni che è impossibile riprodurre ma solo filmare, essendone testimoni.
Poi c’è l’inquadratura finale, quella in cui vediamo l’aula deserta, quasi un fermo immagine se non fosse per le voci che ci raggiungono attraverso il cortile della scuola: è in quei fotogrammi che il cinema torna a farsi presente; è in quel momento di stasi apparente (le urla dei ragazzi “fuori dalle mura” ci ricordano il contrario) che smettiamo di essere semplici spettatori ma diventiamo parte della visione, riempiendo lo schermo con il flusso ancora caldo dei nostri pensieri. Sembra quasi un passaggio di consegne tra i protagonisti della storia e quelli della sala, in un clima di stupore sospeso che ricorda l’idea di cinema proposta da Woody Allen ne “Rosa purpurea del Cairo”. L’aula continua a restare lì, i banchi ancora caldi di energia e le nostre sensazioni a suturare quell’assenza. Arte che si fa vita.
Se volete farvi un altro regalo ecco due titoli che fanno al caso vostro:
“Risorse Umane” il film d’esordio di Cantet. Un viaggio al termine della notte nel mondo del lavoro e nella vita , filmato con lo sguardo di chi non fa sconti all’esistenza.
"Essere o avere" (2002) di Nicolas Philibert, un film che anticipa in tutti i sensi i temi affrontati da "Entres le mures".
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