giovedì, marzo 19, 2009

Film in sala da venerdi' 20 marzo

Aria
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2007
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Valerio D'annunzio

Diverso da chi?
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Umberto Carteni

Fuga dal Call Center
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Federico Rizzo

La verità è che non gli piaci abbastanza
( He's Just Not That Into You )
GENERE: Commedia, Sentimentale
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Ken Kwapis

L'ultimo crodino
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Umberto Spinazzola

Ponyo sulla scogliera
( Gake no ue no Ponyo )
GENERE: Animazione
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Giappone
REGIA: Hayao Miyazaki

The International
( The International )
GENERE: Thriller
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Germania, USA
REGIA: Tom Tykwer

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ponyo sulla scogliera: Con la sua fanciullesca versione del classico di Hans Christian Andersen, La sirenetta, Hayao Miyazaki dimostra ancora una volta tutta la sua creatività. Ponyo, la principessa dei pesci rossi, è una creatura degli abissi che somiglia un po’ a un pesciolino, un po’ a un bambino avvolto in un pigiama troppo largo. Dopo aver conosciuto Sosuke, un vero bambino di cinque anni, Ponyo decide di voler diventare un essere umano in carne e ossa e passa tutto il resto del film a tentare di trasformarsi. Per raggiungere il suo obiettivo e non essere trasformata in schiuma (il prezzo da pagare per il suo fallimento), Ponyo dovrà rinunciare a tutti i suoi poteri magici e conquistare l’amore di Sosuke. In alcuni momenti il film rasenta il caos, ma è difficile criticare una storia raccontata dal punto di vista di un bambino, sulle preoccupazioni che può avere un bambino e dichiaratamente rivolta a un pubblico di bambini. E comunque anche gli adulti potranno apprezzare la struttura molto libera della storia. Incantevole e poco sofisticata, Ponyo sulla scogliera è un film su un bambino raffigurato in modo autentico, non come gli adulti si aspettano che sia. Vista la magia dei suoi ultimi film, possiamo solo sperare che Miyazaki decida di rinviare il più possibile il suo ritiro dal mondo del cinema.

Anonimo ha detto...

The international: Quando ha cominciato a girare The international, il regista Tom Tykwer non poteva immaginare che la sua pellicola sarebbe arrivata nelle sale con un tempismo incredibile. Spesso ci vuole così tanto tempo per fare un film che quasi mai risulta "di attualità". Ma se in un thriller uscito in questo periodo "il cattivo" è una grande banca, con sedi e tentacoli in tutto il mondo, siamo chiaramente di fronte a un’eccezione. Certo, i crimini della banca in questione (tra cui fornire armi a dittature africane) sono molto più efferati che distribuire ipoteche e mutui traballanti. Ma resta il fatto che il ruolo del cattivo calza a pennello a una grande istituzione finanziaria. Il regista si dev’essere divertito molto ad ambientare questa storia "multinazionale", in cui un ristretto circolo di cattivissimi mitteleuropei decide della vita e della morte dei suoi clienti, in alcune delle strutture architettoniche più agghiaccianti d’Europa. Contro questa monolitica istituzione senza volto si erge un uomo solo, il detective Louis Salinger (Clive Owen), che strada facendo si porta dietro un procuratore newyorchese (Naomi Watts), catapultata nel film senza motivi particolarmente validi. Sicuramente alcune scene d’azione sono esagerate (una sparatoria nel Gugghenheim? Finalmente qualcosa di emozionante nel mondo dell’arte!) e i dialoghi sembrano scritti con le massime che si trovano dentro i biscotti cinesi della fortuna. Ma questo cinico e soddisfacente attacco al mondo dell’alta finanza piacerà senza dubbio agli amanti dei thriller che giocano con le nostre paranoie.

Anonimo ha detto...

Due partite:
Il confronto tra due generazioni di donne della borghesia romana, al centro del film e della commedia teatrale di Cristina Comencini, è tristemente superficiale e finisce per sembrare poco più che una caricatura. L’idea di partenza non è male: in trent’anni il cambiamento del ruolo della donna nella società è stato così rapido e profondo da creare contrasti divertenti. Ma purtroppo la sceneggiatura non è all’altezza, soprattutto per quanto riguarda la generazione più anziana. Il tutto si risolve nel prevedibile racconto di inganni, infedeltà e profonda noia, che negli anni sessanta l’etica "borghese" imponeva alle donne educate e intelligenti. Se si considera il fatto che all’epoca il femminismo era già una realtà, ci si poteva aspettare qualcosa di più. L’unico riferimento al periodo storico di tutto il film è quando viene citata la principessa Grace di Monaco. La cosa migliore del film è probabilmente il contrasto cromatico tra le due generazioni: alle brillanti tinte pastello scelte per i vestiti, il trucco e gli accessori delle madri si contrappongono le figlie vestite di nero e senza trucco. Queste ultime sono decisamente più credibili e convincenti, anche grazie a dialoghi in cui emergono le loro scelte e le loro conquiste.