"Ho visto Gomorra ed è stata una brutta esperienza, è un film troppo duro, anche se molto ben recitato".
È secco il giudizio di Francis Ford Coppola, riportato dal quotidiano di informazione cinematografica on line Cinecittà News.
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"Il Divo, che non ho visto, e Gomorra sono un po' poco per parlare di rinascita – prosegue Coppola - Specie se confrontati con i film di Rosi, Rossellini, Monicelli, Antonioni, Dino Risi e Nanni Loy. Il vostro problema sono i maschi italiani, padri che non mollano l'osso, che vogliono tutte le donne e tutta la fama per se stessi e ai figli lasciano le briciole. Per i giovani non ci sono abbastanza opportunità, anche nel cinema"
Francis Ford Coppola in questi giorni è a Torino, al 27° TFF, ospite di Gianni Amelio, per una due giorni cinematografica intensa, durante la quale ha presentato, in anteprima al pubblico italiano, la sua ultima fatica, Segreti di famiglia, già visto a Cannes 2009.
Cosa ne pensate dell'opinione di F. F. Coppola sul cinema attuale italiano?
Leggi tutto l'articolo de L'Unita' da cui ho tratto il post:
Coppola: "Gomorra è stata una brutta esperienza", di Gabriella Gallozzi, l'Unità, 19 novembre 2009.
1 commento:
L'intervento di Coppola mi permette di fare il punto su alcuni clichè che ciclicamente si ripetono quando si parla di cinematografia italiana.
Innanzitutto la sudditanza rispetto ai giudizi che provengono da chi questa cinematografia la conosce poco: Tarantino e pure Coppola sono nomi illustri e grandi registi ma parlano alla luce di una visione limitata rispetto alla totalità della produzione nostrana: in Italia il talento registico non si ferma ai solo Garrone e Sorrentino, ma continua con nomi a cui magari manca solo la consacrazione del grande premio internazionale oppure la ribalta che possa amplificare le appurate qualità.
In questo senso mi riallaccio al secondo punto della questione e cioè quello di aver scambiato una fortunata coincidenza per il segno di un avvenuto cambiamento: Aver vinto due premi nello stesso concorso festivaliero è stato il frutto di una scelta lungimirante dei selezionatori che sono riusciti ad accaparrarsi i titoli, e dell’abilità dei produttori capaci di realizzare e proporre Opere, in cui il discorso artistico rimaneva agganciato a quello della contemporaneità: il degrado morale di una Nazione (Gomorra) e la decadenza di un sistema politico (Il Divo) erano di per sé, ancor prima di essere filmati, un prodotto vincente, perché approfondivano problematiche universali ed in corso d’opera. Ma i riconoscimenti, a maggior ragione quando provengono da istituzioni blasonate, sono quasi sempre il frutto del momento contingente, di una risposta che in alcune occasioni è più politica o geopolitica che artistica (ed infatti la Huppert, riferendosi ai parametri utilizzati da Sean Penn, dichiarò che le sue scelte sarebbero state all’insegna della sensibilità artistica e non politica). E se proprio non ci si accontentasse, ed a tutti costi si volesse far coincidere il successo festivaliero con le celebrazioni salvifiche, allora il Rinascimento sarebbe da retrodatare, perché film come 'L’imbalsamatore' e 'Le conseguenze dell’amore' non avrebbero nulla da invidiare alle pellicole in questione e dimostrerebbero, con la loro mancata segnalazione, i limiti di certe affermazioni.
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