mercoledì, novembre 25, 2009

Tetro - Segreti di Famiglia

Tetro - Segreti di Famiglia
di F. F. Coppola


L'acerbo e ingenuo diciottenne Bennie (un implume ed espressivo Alden Ehrenreich, molto somigliante a leonardo di caprio dei tempi di mr. grape), si reca a Buenos Aires per cercare il fratello maggiore Angel (Vincent Gallo), scomparso come nel nulla da molti anni, in fuga dalla famiglia e che ha giurato di non vedere piu' nessuno dei suoi parenti, in particolare il padre Carlo (Klaus Maria Brandauer), dalla personalità impetuosa ed ingombrante.
La loro è una famiglia di emigranti italoargentini che, a causa del lavoro del padre, acclamato direttore d'orchestra, si è trasferita a New York da molto tempo. Quando Bennie ritrova il fratello ne scopre il talento poetico e drammaturgico. Angel è ora Tetro, poeta dannato, consumato sui propri ricordi, arroccato in una rabbia primordiale che da tempo gli strizza le viscere. Tetro, un Vincent Gallo strepitoso, si nasconde da un passato che non riesce a metabolizzare scontrandosi, per assurdo, con un presente in cui non riece ad espimere completamente se stesso.
Bennie scopre che il fratello è molto diverso da come si aspettava ma decide ugualmente di vivere con lui e con la sua fidanzata Miranda (Maribel Verdú), una paziente e amorevole presenza che saprà aiutare a sciogliere i molti nodi che bloccano i due fratelli. L'arrivo di Bennie scatenerà una serie di eventi che condurranno all'insolito epilogo.
Girato quasi completamente in un bianco e nero scintillante (del magistrale romeno Mihai Malamaire jr) che scolpisce le figure in scena come un michelangelo modellerebbe il marmo, e che rende omaggio a gran parte del cinema americano anni '40 e del neorealismo italiano, Tetro, infelicemente tradotto in Italia con uno sciapo Segreti di famiglia, mette in scena l'ennesimo dramma famigliare con toni grevi e soventi eccessi di stile, circondato da uno sguardo di autocompiacimento estatico che, purtroppo, conduce Coppola al piano dell'esagerazione vacua.
Coppola solca ancora una volta il tema del conflitto tra figli e padri, della famiglia culla di successi ed incomprensioni, rivisitando senza troppe idee la tragedia famiglaire nella sua più classica delle visioni.
Se all'inizio si strizza l'occhio a Rusty il selvaggio, ben presto il film si abbandona a derive malinconiche.
Lo script offre una narrazione fluida nel complesso ma mancante di quell'originalità che avrebbe potuto dare al prodotto finale: la passione e il coinvolgimento, di cui si avverte la mancanza, non trasudano dai personaggi, dal dramma posto in essere. Tutto si consuma coi ritmi sterili ed ossessivi del rancoroso Tetro e con l'ansia della ricerca della verità del giovane Bennie, sospesi su espedienti narrativi già visti.
Coppola raggiunge la perfezione stilistica e tecnica, perdendo però colpi nello sviluppo dei personaggi e del dramma, che sulle ultime note cade ingloriosamente nel melò. Gli intrecci tra passato e presente reggono, seppure in modo posticcio, una storia il cui pretesto pare essere quello di riproporre, in uno stile felliniano, l'esposizione del ricordo e del sogno.
L'ottimo contributo degli attori, tutti molto adatti per le parti assegnate e dalla partecipazione che va oltre il definibile nel trattamento, non sembra bastarci per credere completamente in questo prodotto targato American Zoetrope e che restituisce Coppola al cinema indipendente.
Gli eisodi legati ai ricordi e ai sogni sono incastonati nella trama con sequenze a colori, dai toni caldi ed avvolgenti. La parziale elaborazione del coflitto e de lutto lasciano l'amaro senso di incompiuto in bocca. Ed il finale arriva troppo presto, pur dopo due ore di film, a risolvere in modo affrettato le faccende di famiglia.
Il cameo di Carmen Maura sembra più un omaggio al cinema che altro, come fosse una Liz Taylor oppure una Stefania Sandrelli in terra Agrgentina. Purtroppo non si discosta da questo: Alone, la produttrice/critica teatrale che interpreta, non viene sviluppata, galleggia come una zattera abbandonata nel flusso della storia.

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