Una
visione
globale. In una quotidianità virtuale e frammentata dai flussi
informativi il compito più difficile è quello di mettere insieme le
cose, di
farle convivere in un unico quadro. E’ quello che tenta di fare David
Cronenberg
adattando per il cinema l’omonimo libro di Don de Lillo, uno dei numi
tutelari
della letteratura americana contemporanea, capace di far gridare al
miracolo
anche quando decide di soffermarsi sulla cronaca dettagliata di una
partita di
baseball diluita per almeno una cinquantina di pagine, quelle di
apertura,
solitamente bisognose di una concentrazione supplementare anche in
presenza di
una prosa meno complessa di quella utilizzata dallo scrittore del Bronx.
Questo
per dire che non bisogna farsi illusioni sulla versione cinematografica
del
regista canadese che alla stregua della sua fonte non fa niente per
venire
incontro allo spettatore. “Cosmopolis” infatti dichiara fin da subito la
sua
intransigenza con sequenze che non lasciano spazio ad alcun ripensamento
collocandosi laddove devono essere, ovvero negli interni ovattati e
tecnologici
della limousine sulla quale si consuma la giornata di Eric Packer (un
monocorde Robert Pattison), genio della finanza intento a fronteggiare
le oscillazioni
del mercato e con un taglio di capelli che deve essere aggiustato anche a
costo
di sfidare la congestione stradale di New York paralizzata dalla visita
del
presidente degli Stati Uniti ed invasa da migliaia di manifestanti che
protestano contro le iniquità del sistema. Nei sedili di quella macchina
e
nell’arco di un intera giornata il film ci racconta di un mondo che cade
a
pezzi insieme ai moloch che l’hanno costruito. Nell’abitacolo diventato appartamento si
succedono gli interlocutori di Eric, dal medico che gli controlla la prostata
all’amante che si preoccupa di fargli acquistare un quadro di Rothko, alla
consulente in tuta da jogging che lo eccita stringendo in mezzo alle gambe una
bottiglia d’acqua – tensione sessuale gli dice Eric mentre il dottore gli sta
tiene un dito nel retto per effettuare la visita – e poi ancora hacker e
collaboratori fino all’incontro con l’individuo che sta cercando di ammazzarlo.
Se
la struttura della trama non lascia spazio ad alcuna concessione in termini di
spettacolo e fruizione la situazione non migliora quando si tratta di dare
seguito alla vicenda utilizzando la parola che nella versione cinematografica
risulta preminente quasi come nelle pagine del libro. Ed è proprio lì, nei
dialoghi e nelle sentenze che il film mette in bocca ai suoi personaggi che si
giocano le fortune di un opera astratta e speculativa, costruita sulla visione
di un mondo dominato da numeri e dati ricavati dallo schermo di un computer o
shakerati in maniera semiseria dalle conversazioni che hanno luogo nel
corso dell’interminabile giornata. Cronenberg immagina la sua opera come una
sorta di grande fratello televisivo facendo diventare i sedili della macchina il
confessionale nel quale è possibile enunciare la propria verità. Una camera
caritatis
dove l’abilità affabulatoria del protagonista e dei suoi sodali si
sforza senza
successo di interpretare i segni di un esistenza sfuggente ed in
continua
trasformazione, mentre un’umanità senza anima – sguardi catatonici e
voci
sussurrate ricordano “Crash” – diventa il terminale di un atto di morte
che ha
il diagramma impazzito delle proiezioni economiche come quelle che Eric
cerca
di interpretare per valutare le conseguenze di una scommessa che
potrebbe ridurlo al lastrico. Se le intenzioni restituiscono il regista
alle
atmosfere stranianti e grottesche ed allo stile cerebrale che gli è
riconosciuto allo stesso tempo “Cosmopolis” non riesce a replicare in
termini
visuali l’abilità che sarebbe necessaria a tracimare nelle immagini la
verbosità di cui il film si fa portavoce, con il conseguente scollamento
tra
quello che vediamo e quello che ascoltiamo. Omaggiando il cinema
contemporaneo
che predilige protagonisti senza passato ed emotivamente criptici
“Cosmopolis”
ci offre una tipologia umana che nel rappresentare il malessere
esistenziale
dell’uomo moderno rischia nella sua rarefazione di diventare una forma
stereotipata e priva di interesse. Ancorato alla contemporaneità per i
riferimenti alla crisi del sistema capitalistico e per i rimandi a
possibili scenari
di disubbidienza violenta il film perde progressivamente il suo fascino
trasmettendo all'opera l’apatia del suo protagonista. Alla fine si
arriva
stanchi e con la voglia di prendere una boccata d’aria. Come se in
quella limousine ci fossimo stati noi.
13 commenti:
ciao Nick, molti complimenti, centratissima recensione che mi sento di condividere appieno.
specialmente quando sottolini che il film si fa portavoce della verbosità ed allo stesso tempo a livello visuale resta statico e poco appetibile. molta noia sul finale. Forse il romanzo è più nteressante!
,,nel film parole e dialoghi assicurano la continuita di una vicenda dove invece i personaggi appaiono e spariscono senza tante spiegazioni..mi dispiace di non aver apprezzato ma questo Cronenberg non lo riconosco più..
nickoftime
Scusa Nick... ma che ci metti il carico da 90? ma già uno si fa due palle discrete con il film e la sua verbosità... ti ci metti anche tu con una recensione lunghissimaaaaa? :-D
..e pensare che mi sembrava di non aaver esagerato!!!..:))
nickoftime
..e pensare che mi sembrava di non aaver esagerato!!!..:))
nickoftime
Ho visto solo oggi Cosmopolis e personalmente credo che questo film tra qualche tempo potrebbe prestarsi ad una lettura più prettamente cronenberghiana.Mi spiego meglio, anzi vi chiedo, che lettura dare alla visita alla prostata che diventa interminabile e quindi da visita si trasforma in massaggio e di conseguenza in atto sessuale? E ancora, il corpo (di cui Cronenberg è stato cantore)ha una relazione con il denaro, come farebbe pensare il dialogo finale del protagonista con Paul Giamatti?
Scusa Fabrizio credevo di averti già risposto..ti devo dire che premesso che tutto ci può stare ed il valore della soggettività è pari a quello dell'autore dell'opera (nel momento in cui l'opera diventa pubblica non è più esclusività dell'autore ma diventa proprietà collettiva) io non ho "sentito" queste rimandi e tutto quanto si dice in rete a proposito di continuità tra Cosmopolis e cinema di Cronemberg a me appare forzato...Cronemberg c'è è ovvio ma è ridotto ad un ectoplasma...
nickoftime
Film verboso e difficile, spero proprio di non doverlo vedere ancora una volta. Peccato. http://incentralperk.blogspot.it/2012/06/cosmopolis.html
Uno straordinario capolavoro, Coscmopolis è riuscito ad andare oltre le mie aspettative, così come la visione di Cronenberg che prende forma nella sontuosa fotografia e nella visionaria regia riesce a superare la verbosità necessariamente figlia del romanzo di De Lillo.
Il dialogo finale fra Pattinson (funzionale e utilissimo alla causa di David) e Giamatti è strepitoso, straniante, toccante, verissimo. Il film è una delle prove più ardite e complesse cui abbia mai assistito, ma va letto e riletto a livelli superiori, concentrandosi sulla posa dei personaggi e impastando il flusso verboso nelle psichedeliche immagini offerte. La stessa limousine diventa un mondo incredibilmente avventuroso e dinamico grazie al talento di Cronenberg, non mi sono annoiato un attimo. Film sontuoso.
..fa sempre piacere ospitare pareri come quello che hai lasciato..arricchiscono il panorama delle nostre sensazioni
nickoftime
La stima è grandemente corrisposta mr nick, le vostre recensioni sono sempre molto interessanti, ne apprezzo soprattutto la capacità di unire completezza di visione/contenuti ad una forma piacevolmente stringata.
Onore al grande Cinema che apre le nostre menti e ci fa confrontare in una modalità difficilmente rintracciabile altrove, in quella pallida e scolorita dimensione che è la routine di tutti i giorni. Un saluto ragazzi, continuate così.
Finalmente Defezionario!Allora esiste qualcuno che come me pensa che Cosmopolis va letto in maniera diversa.Alcuni passaggi importanti, come la visita medica alla prostata che diventa massaggio e quindi azione erotica e che rimanda alla bioporta di eXistenZ (1999); la relazione tra uomo e macchina che ha segnato la filmografia del maestro canadese che si sublima con la stessa auto, prima quasi camera iperbarica che con il passare del tempo si "infetta" degli umori vaginali dell'amante, poi viene sporcata dalle vernici spray dei manifestanti sino a quando lo stesso protagonista non ci piscia dentro con chiara metafora sull'autodistruzione, creando, pur privandolo del requisito dell'evidenza, l'assioma macchina-corpo-denaro-tempo e infine l’andamento della moneta rapportato al corpo (la mia prostata è asimmetrica), sono senza dubbio tutti messaggi cronenberghiani da decifrare.
Tutto è corpo? Se così fosse allora abbiamo visto un altro film e Cosmopolis non sarebbe più il dopo Dangerous Method (2011) ma andrebbe collocato tra Crash ed eXistenZ seppur con la dovuta cautela.
"Crash" ma anche "The Naked Lunch"sono film inavvicinabili..su Cosmopolis ho già detto..anche a distanza il mio giudizio non cambia..
nickoftime
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