Per una stagione
cinematografica che in Italia si è aperta all'insegna delle polemiche e
delle discussioni provocate da un cinema tutto sommato innocuo seppur
ben confezionato - parliamo di Paolo Virzì e del suo "Capitale umano"-
c'è ne un'altra che fatica a concludersi per le munifiche appendici
rappresentate dalle tappe di avvicinamento alla notte degli Oscar che di
fatto premierà buona parte dei film usciti nel 2013. Tra premi grandi e
piccoli il Golden Globe merita un occhio di riguardo rappresentando con il suo palmares l'indicatore più veritiero dei probabili vincitori del massimo premio.
Piu
ecumenico dell'Oscar, da cui lo differenzia una maggiore attenzione al
lato artistico, dovuta al fatto di non essere espressione indiretta
dell'industria hollywodiana ma il risultato delle votazioni della stampa
estera, il Golden Globe ha dalla sua parte un format che divide il cinema in due macrogeneri, prevedendo per ogni categoria (miglior attore, miglior film e così via)
un doppio vincitore, riferito contemporaneamente alla commedia ed al
dramma. Un modo per rivalutare registi ed attori del cinema più leggero,
statisticamente snobbati e costretti a ruoli di contorno, ed invece
qui, almeno per un giorno, elevati al medesimo rango dei colleghi più
"seri", quelli che quasi sempre finiscono per alzare la famosa statuetta.
Non stupisce quindi vedere Leonardo Di Caprio (The Wolf of Wall Street)
giunto al suo quinto film con Martin Scorsese, da lui definito cineasta tra i più grandi di sempre, premiato accanto a Matthew MacConaughey vincitore drammatico per il ruolo di un malato di aids (Dallas Buyers Club), ed assolutamente favorito per il rush finale da un interpretazione costruita a partire dall'evidenza fisica, così come Amy Adams,
miglior attrice di commedia per "American Hustle", a far da spalla alla
predestinata di turno, la bravissima Cate Blanchett di "Blue Jasmine".
Passando poi al premio più importante, quello di miglior film dell'annata l'ex equo incorona "Twelve Years a Slave" il grande deluso della serata, battuto sia nella categoria di miglior regia andato all'Alfonso Cuaron di "Gravity"
capace di fare breccia con una storia di pura suggestione, affidata
quasi interamente ad un unico personaggio (quello interpretato da Sandra
Bullock), che in quella di best actor con Chiwetel Ejiofor, destinato a rientrare prepotentemente in gioco per la politcal correctness dei giurati dell'Academy, ed appunto "American Hustle" di David O'Russel.
L'italia gioisce per il premio come miglior film straniero andato a "La grande bellezza", vincitore di una cinquina molto agguerrita, che però presentava tra le sue punte di diamante un capolavoro come "La vita di Adele" penalizzato dalla scabrosità del tema, ed un altro, "Il passato" realizzato da un regista, Asghar Farhadi, ancora fresco di celebrazioni. Al di là dei pareri discordanti sulla vittoria di un film che aveva diviso fin dal giorno della sua presentazione al festival di Cannes, c'è da dire che se quello di Sorrentino non è il suo film migliore, certamente possiede la mitologia giusta, con quel mix di decadenza e piacionismo, per far digerire agli americani la particolarità dei contenuti. Ricordando che da queste parti i premi funzionano spesso come leggittimazione di un pregistigio costruito altrove. Possiamo essere dunque felici, ed incominciare ad incrociare le dita per una mitica doppietta. Il resto lo lasciamo a chi ne ha voglia.
5 commenti:
però che brutta figura Servillo in diretta tv rai...
Servilio e' stato immenso all'interno del suo personaggio e d'altronde la storia ci insegna che la grandezza degli artisti nasce quasi sempre dalle loro contraddizioni personali. Una cosa però è' certa/ in giro si sente gente anche tra gli addetti si lavori che accusa il cinema italiano di immobilismo e che quando doveva dimostrare la pochezza tirava in ballo la sua presunta incomunicabilità, testimoniata dalla mancanza di premi. Ora che il cinema italiano quei premi li ha vinti in lungo ed un largo quei parametri non sono più validi. Ed ancora mi chiedo ma i vari detrattori del nostro cinema lo hanno visto oppure si sono limitati a ripetere la vulgata generale. Sono andato a cercare lo nei festival e nelle sale sperdute oppure parlano riferendosi solo ai prodotti piu reclamizzati . Mi chiedo questo mentre assisto alla ns voglia di farci del male.
nickoftime
E comunque se si sente l'intervista integrale la reazione di Servillo nei confronti della (dis)informazione propinata dalla rai è comprensibile, anche se non da giustificare.
Per quanto riguarda il discorso dei detrattori molti che hanno lanciato giudizi maligni a priori sul film di Sorrentino ora già cominciano a nascondere la mano dietro la schiena, è un processo che molti capolavori senza tempo hanno subito prima di essere riconosciuti tali all'unanimità.
Sorrentino non si è mai distinto per simpatia. Ebbe modo di dichiarare che dei critici non sapeva cosa farsene, mentre nell'ambiente del cinema si parla spesso della sua scostanza. Cose che centrano poco con la qualità di un film ma che alla fine possono aver pesato su alcuni giudizi espressi a proposito de "La grande bellezza". A me piace pensare che Sorrentino assomiglia un pò ai suoi personaggi. Per cui eventuali uscite come quelle di cui ho parlato sopra mi suscitano persino simpatia.
nickoftime
Io mi riferivo ESCLUSIVAMENTE all'intervista. In Italia non siamo abituati a quella che nel giornalismo si chiama "seconda domanda". Servillo alla domanda posta poteva tranquillamente rispondere come credeva (dire che ora i critici dovevano ricredersi oppure che rispettava il lavoro altrui se fatto con serietà intellettuale ecc..). Fare finta di non sentire più la sua interlocutrice è stato penoso, mandarla aff...pensando che la conversazione fosse chiusa ancora di più.
Posta un commento