The Wolf of Wall Street
di Martin Scorsese
con Leonardo Di Caprio, Jonah Hill, Matthew Mcconaughey, Margot Robbie, Kyle Chandler, Rob Reiner
Usa, 2023
genere, commedia, drammatico
durata, 179'
di Martin Scorsese
con Leonardo Di Caprio, Jonah Hill, Matthew Mcconaughey, Margot Robbie, Kyle Chandler, Rob Reiner
Usa, 2023
genere, commedia, drammatico
durata, 179'
Jordan Belford è stato un broker americano che divenne milionario a suon di truffe allo stato ed ai risparmiatori americani. Il film narra della sua rapida ascesa, precedentemente ripercorsa in un libro autobiografico.
Martin Scorsese, dopo il poco convincente “Hugo Cabret”, torna sugli schermi con una storia assurda e per tanto ostica da raccontare. Si capisce ben presto che gli ostacoli vengono superati facilmente dalla crew del glorioso regista americano. Fattori complici sono una sceneggiatura perfettamente collaudata e spesso imprevedibile, come restano imprevedibili i movimenti della macchina da presa che partecipano ad una regia sfarzosa ed autoritaria; e poi ci sono i grandi attori: Jonah Hill diviene spalla perfetta di un Di Caprio in stato di grazia e sopra le righe (questa volta si spera che la nomination non sia solo un’illusione). Il tutto è amalgamato e sostenuto da un incedere ritmico esaltante e da una colonna sonora stravagante che va da Umberto Tozzi alle stupende melodie create a suon di pugni sul petto, come a richiamare l’elemento primitivo e scimmiesco che domina la giungla abitata dagli uomini dell’alta finanza.
Attraverso la storia di uno dei più grandi truffatori d’America, Scorsese porta a galla il marcio del sistema economico americano come microcosmo del disfacimento occidentale che questo stesso sistema ha paradossalmente creato, ma tenendolo in parallelo col punto di vista dell’essere umano e dei suoi difetti. Il Jordan Belfort uomo è metafora del solito, degradato ed illusorio sogno americano, ed il nuovo capolavoro di Scorsese urla a squarciagola: “FUCK YOU U.S.A.”.
di Alberto Romagnoli
Diverse le chiavi di lettura per interpretare
l'ultimo
lavoro di Martin Scorsese. La prima, quella più prosaica, è quella di
un'opera realizzata per interposta persona, commissionatagli dal fido
DiCaprio, ansioso,
pare, di portare sullo schermo la storia di Jordan Belfort, il brooker
di Wall
Street assurto a massima fama per i favolosi guadagni ottenuti derubando
migliaia di risparmiatori americani. La seconda, non necessiariamente in
contrasto con la precedente, potrebbe risalire all'interesse del regista
intento a costruire un enciclopedia per immagini di alcuni dei momenti
più importanti della Storia nazionale. Impresa questa iniziata qualche
tempo fa con "Gangs of New
York" e poi proseguita nel ritratto di Howard Hughes e dell'america a
cavallo tra i '20 ed i '50 in "The Aviator". Ed ancora la possibiltà di
lavorare nuovamente con Leonardo di Caprio, icona del suo cinema più
recente, ed
ambasciatore presso il pubblico in fiore del suo infinito talento. Un
connubio che nel corso del tempo ha assottigliato le differenze del
sodalizio, a vantaggio del più giovane,
ormai vero e proprio motore ispiratore del
regista italo americano. In quest'ottica "The Wolf of Wall Street"
sembra portare a compimento una fusione a freddo che offre a Di Caprio
l'occasione per un one man show di straordinario minutaggio (180') che permette all'attore di sfoderare l'intero
repertorio, con un registro espressivo che rispecchiando quello del film
oscilla continuamente tra l'orrido ed il divertito, con scene di un certo
coraggio per gli standard hollywoodiani - ci riferiamo a quelle che prendono in
considerazione gli orifizi propri ed altrui- alternate ad intere sequenze che strizzano
l'occhio a Tarantino nelle interminabili discussioni a base di nonsense-
ed altre ancora, soprattutto quelle che vedono Jordan Belfort arringare
i
suoi accoliti, in cui le espressioni della faccia ed il movimento della
testa
rimandano direttamente al modi da padrino dell'inimitabile De Niro, dei
cui personaggi interpretati per Scorsese quello di Belfort, nella sua
mancanza di scrupoli, sembra lontano epigono.
di nickoftime
1 commento:
Mah... La cosa prometteva. Fin quando e' rimasto in campo McConaughey pareva di essere tornati a respirare l'aria sottile delle personalissime "commedie umane" a cui Scorsese ci aveva abituato (forse troppo bene). Poi la luce si spegne e ci si comincia a muovere a tentoni in una alternanza di pistolotti sovreccitati sulla magnificenza del denaro, abusi alcolici e chimici, chiacchiere oramai ridotte a riempitivi: insieme a cui anche la Schoonmaker stenta ad infondere un po' di ritmo e quel tanto di nerbo che le immagini di Prieto, per quanto esuberanti, non hanno. Tant'è.
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