sabato, aprile 04, 2015

WILD

Wild
di  Jean-Marc Vallé
con Reese Witherspoon, Laura Dern
Usa, 2014
genere, drammatico, autobiografico
durata, 115' 


Forte del successo di Dallas Buyers Club, premiato con ben tre statuette d’oro, Jean-Marc Vallé porta sullo schermo Wild, suo ottavo lungometraggio.
Adattato dal novellista e sceneggiatore inglese Nick Horby (Fever Pitch, An Education) a partire da Wild: from Lost to Found on the Pacific Cost Trail, scritto autobiografico di Cheryl Strayed nel film interpretata da Reese Witherspoon, il film narra la parabola di caduta, e redenzione –?– della giovane che nel 1995 percorse da sola le 2650 miglia del sentiero montuoso che conduce dal Messico al Canada.

Con sette pazzi ma splendidi anni di matrimonio alle spalle, il lutto della madre -suo baricentro, migliore amica e compagna di studi-, una gravidanza non programmata, sola come un cane e reduce da una vita promiscua come eroinomane, Cheryl decide di intraprendere un percorso fisico e spirituale per i luoghi più sperduti e meno frequentati della sua terra

In accordo col topos- o forse clichè-, che accompagna la cultura occidentale da Chaucher a Kerouac, passando per Proust, secondo cui il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi, ancor prima di giungere a destinazione la protagonista riesce ad avere una visione gestaltica sulla sua realtà e a liberarsi dai fantasmi che la perseguitano. Se Cheryl riesce a raggiungere la sua meta, lo stesso non si può affermare con certezza per Vallée, che, attraverso metafore e allogorie imbarazzanti (una su tutte: come Cheryl deve disfarsi di certi fardelli ereditati dalla sua vita passata, così le persone che incontrerà sulla via l’aiuteranno a gestire meglio l’enorme bagaglio), imbastisce una narrazione sì evocativa e suggestiva, ma carente di continuità e logica.
In questo senso l’utilizzo del flash-back, oltre che avvicinare pericolosamente "Wild" a "Into the Wild" –per il percorso di liberazione del protagonista– e Nynphomaniac –per l’abuso del sesso quale mezzo di evasione–, crea un vero e proprio iato concettuale tra il prima e il dopo, rendendo poco chiari i motivi che hanno condotto la giovane a compiere certe scelte.


La pellicola è cosparsa da una qual certa aura femminista, inindagata e del tutto gratuita. Dicotomica è anche la presentazione della figura maschile: se prima di iniziare il percorso gli uomini erano per Cheryl legati solamente ad una vita insana all’insegno di sesso droga –e poco rock and roll ma molta poesia-, ora più volte la salvano donandole acqua e cibo nel momento del bisogno.
Più che di un viaggio di scoperta si tratta per Cheryl di un percorso di purificazione: in negativo, di liberazione dall’eroina e da un’esistenza selvaggia, in positivo di accettazione e –letteralmente- com-prensione dei moniti della madre, come you can put yourself in the way of beauty, che risuonano lungo tutto il percorso e la pellicola sotto forma di un’invadente flusso di coscienza.
Erica Belluzzi

Nessun commento: