mercoledì, gennaio 02, 2019

IL GIOCO DELLE COPPIE


Il gioco delle coppie
di Olivier Assayas
con Juliette Binoche, Guillaume Canet, Christa Theret, Vincent Macaigne
Francia, 2018
genere, commedia
durata, 108'


Caratteristica del cinema di Olivier Assayas è quella di attingere a forme e contenuti ogni volta diversi senza perdere il cotè intellettuale che gli permette di fare la differenza anche in un film come “Il gioco delle coppie” (pessima traduzione dell’originale “No Fiction”), commedia borghese simile alle tante che sulla scia del modello alleniano mettono in scena - con partecipativa e divertita distanza - usi e costumi di una fetta privilegiata delle società metropolitane. Nel caso specifico, il collettivo umano preso in esame rappresenta un perfetto campione del mondo che ruota intorno ai meccanismi della produzione artistica, esaminata nella dialettica esistente tra ispirazione creativa e regole di mercato, all’uopo incarnate da Alain (l’attivissimo Guillaume Canet, presente anche in “7 uomini a mollo”), editore di successo alle prese con la necessità di adeguarsi ai cambiamenti imposti dall’uso del digitale rispetto alla versione cartacea e Leonard, scrittore consapevole di non riuscire a liberarsi dall’elemento autobiografico, presente sotto mentite spoglie in ognuno dei suoi romanzi e percepito - più dagli altri che da lui - come una sorta di violazione delle vite altrui.



In questo senso l’inizio de “Il gioco delle coppie” potrebbe spaventare lo spettatore poco avvezzo al cosiddetto cinema parlato  poiché nei primi minuti la sensazione è quella di un film dove nulla accade se non la spostamento da un salotto all’altro in cui i protagonisti insieme ai loro ospiti si scambiano idee e considerazioni sull’argomento in questione. In realtà, pur restando sempre all’’interno del tema principale, Assayas lavora sul senso delle frasi, creando una legame tra il contesto nel quale vengono pronunciate e i rimandi al fuori campo a cui finiscono per alludere. In questa maniera il confronto rapporto tra realtà e finzione, tra novità e conservazione diventano sempre più il commento al privato di Alain e Leonard, innamorati delle rispettive compagne ma non per questo dissuasi dal tradirle intrattenendo relazioni con altre donne.


Cosmopolita d’elezione ma francese nello sostanza, Assayas riesce a essere attuale pur abdicando al culto delle immagini, qui surclassate dalle caratteristiche affabulatorie del testo scritto e dalla capacità degli attori di renderlo appassionante. Nel farlo il regista di “Irma Vep" e “Personal Shopper” sembra quasi voler prendere una vacanza da se stesso, cogliendo  l’occasione per abbassare i toni della discussione. Le contraddizioni dei suoi personaggi risultato amabili e mai davvero drammatiche, mentre trovate come quella di mettere Juliette Binoche (Selena, la moglie di Alain) nella condizione di menzionare se stessa facendo finta di riferirsi ad altra persona conferma l’impressione di un autore intenzionato a non prendersi sul serio. Questo, senza togliere nulla alla qualità di un lavoro che avrebbe meritato di rientrare nel palmares del festival veneziano.
Carlo Cerofolini

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