Ruben Brandt, Collector
di Milorad Krstic
Ungheria, 2018
genere, animazione
durata, 96’
Molto particolare e diverso dal solito, soprattutto dal classico film di animazione, “Ruben Brandt, Collector” si presenta fin da subito con degli strani disegni, quasi disturbanti per certi versi.
La storia è quella di Ruben Brandt, uno psicoterapista che deve “combattere” contro dei veri e propri incubi, come ci viene mostrata fin dalla prima sequenza. Inizialmente, infatti, si ha la sensazione di essere catapultati in qualcosa di completamente assurdo e impensabile. Solo in un secondo momento capiamo come stanno veramente le cose.
L’unico modo che Ruben ha a disposizione per impedire a questi brutti sogni di avere il sopravvento è quello di rubare 25 tra i dipinti più famosi al mondo. E lo fa insieme alla sua banda che si reca nelle grandi città con i musei che possiedono tali opere.
Il problema nasce nel momento in cui diventano i criminali più ricercati al mondo e il detective privato Mike Kowalski si mette sulle loro tracce per stanarli e aggiudicarsi la taglia sulle loro teste.
Al di là dei continui riferimenti, inevitabili, all’arte, ci sono da segnalare anche le musiche, molto intense che accompagnano ogni momento del film.
E’ indubbiamente un film che rende omaggio alla pittura e all’arte con le proprie personali rappresentazioni e visioni dei vari quadri, ma, al tempo stesso, è come se commentasse e provasse ad entrare dentro l’opera e, per quanto possibile, dentro l’artista che l’ha realizzata.
Mentre il regista cerca di dare la propria valutazione alle opere cercando di non distrarre troppo lo spettatore, grazie alla sua rappresentazione dei personaggi ai limiti dell’assurdo, si prende, in qualche modo, gioco della psicanalisi e di tutto ciò che ne deriva. Attraverso il protagonista e le sue scelte, sembra quasi che voglia sminuire e ironizzare una materia e una scienza che, invece, dovrebbe avere la stessa valenza delle arti.
Veronica Ranocchi
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